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Aggiungo qualche considerazione a margine dell’incontro tenutosi a Tiggiano sabato 13 settembre per la presentazione del libro “La stessa cosa del sangue”. La serata dal titolo “Resistenza ieri, oggi, domani” è stata ricca di spunti, coadiuvata da Alessandro Distante con i relatori Abele Longo, Anna Rita Merico e Pasquale Vitagliano. In verità più che di Resistenza si è parlato di diverse resistenze, alcune molto private, giacché il libro è una raccolta di racconti, diversi tra loro per stile e contenuti. Però al di là del libro, di cui sicuramente le intenzioni superano di gran lunga il risultato, il dibattito che ne è seguito è stato molto interessante e questo rimane pur sempre un merito. Di questi tempi qua.

Erano seduti quattro intellettuali ben formati, tutti oltre la sessantina, quella sera a Tiggiano (è ormai prassi che a questi incontri “resistiamo” solo dai 60 in su). C’era il poeta, il critico letterario, la scrittrice, il professore universitario e il direttore di un giornale di provincia. Mancava in verità uno storico, ma con i tempi che corrono ci è andata bene, magari ci toccava un revisionista globale, uno di quelli che mette sullo stesso piano la Resistenza dei partigiani e quella dei repubblichini di Salò.

Al di là quindi delle stimolanti relazioni dei convenuti e autori, è risuonata di sottofondo una sola domanda: “come mai la destra, quella razzista e fascista, vince in Italia e in gran parte del mondo?”  

Credo sia giunto il momento che si cominci a guardare questa vicenda “politica” con altri occhi, cercando altre soluzioni. Ad esempio raccontando ai ragazzi la storia d’Italia per quella che è stata, per come si è dipanata negli ultimi decenni, senza ricorrere alle solite formule trite e ritrite, quelle retoriche e quelle distopiche. Dobbiamo cominciare dalle verità che risultano inconfutabili, facendo degli esempi concreti.

L’Italia repubblicana nata dalle macerie della seconda guerra mondiale è stata, ed è ancora, una democrazia dimezzata, stretta tra gli impegni militari della NATO e i sostegni economici delle banche americane. Così come dobbiamo affermare che il Sud è rimasto alquanto indifferente alla caduta del fascismo. Qui la Monarchia prese una media vicina al 90% al Referendum Istituzionale del 1946. Per il popolo il Re era una figura rassicurante e Mussolini è stato sempre considerato un buon capo del governo, mal consigliato dai cattivoni che aveva intorno. La Liberazione avvenne in tutto il sud grazie alle forze alleate, che preferirono dialogare con i mafiosi (fascisti) piuttosto che con i pochi liberali e socialisti presenti in ogni borgata. La Resistenza venne fatta da un certo numero di giovani di alcune regioni del Nord, che a loro volta contarono sempre meno nella costruzione del nuovo Stato. La Costituzione, per quanto affascinante e ben scritta, fu visionata e bollata in anticipo da inglesi e americani, altrimenti non poteva passare.

L’Italia da allora ha tentato, di tanto in tanto, di affrancarsi dal dominio americano, ma senza quasi mai riuscirci. Infatti tutti ricordano il gesto di Craxi a Sigonella, che per quanto non fondamentale, ci diede almeno un sussulto di dignità. Per decenni si è discusso del Fattore K: Ronkey ne scriveva ogni santa settimana sul Corriere della Sera per ricordarci che in fondo non eravamo liberi di scegliere di avere un governo di sinistra. Ci affidavamo alla sapienza retorica dei nostri ministri degli esteri per dire una qualche parolina in più durante gli incontri internazionali, magari a favore dei palestinesi o dei curdi (per assurdo Moro, Colombo e Andreotti appaiono oggi come dei politici con la schiena dritta, nonostante fossero bloccati dentro lo schema Est-Ovest). Da allora abbiamo smesso di fare qualsiasi tipo di Resistenza: siamo nelle mani del turbo capitalismo, quello più sciocco, la degenerazione della democrazia, dove tutti possono dire migliaia di sciocchezze senza pagare pegno. 

Con tutte queste premesse, certamente non esaustive, perché ci meravigliamo che la destra stia vincendo, innamorata dell’uomo solo al comando, in grado di affermare falsità storiche gigantesche senza mai che venga contraddetto da nessuno? Forse a livello ancestrale il popolo italiano ama essere un anarcoide nella sottomissione?

Da popolo anestetizzato non sappiamo più riconoscere i popoli che tentano di fare Resistenza, vedi l’orripilante vicenda di Gaza e Cisgiordania, ma neanche quella ucraina o quella dei popoli Rohingya in Myanmar. Non ci sono notizie sulle Resistenze in India dei popoli indigeni Adivasi o delle comunità indigene nel Brasile amazzonico che sono in costante mobilitazione per la protezione dei loro diritti e delle loro terre.

Avremmo bisogno, ora, proprio ora, di un’altra informazione, di un’altra scuola, di formare una generazione più istruita e più consapevole. Perché noi dobbiamo ancora creare un mondo che possa definirsi umanizzato, nel termine più ampio possibile.

Invece noi, rubacchiando a destra e sinistra, perseguiamo altre forme di Resistenza. Una è quella di resistere sulle poltrone il più a lungo possibile, l’altra, più pervicace, è quella di resistere alla verità. 

Alfredo De Giuseppe