2006-11 "Basta col celibato" - Il Gallo

Il Papa il 28 ottobre rivolgendosi ai vescovi irlandesi ha detto:” Gli atti di pedofilia sono ancora più tragici se ad abusare è un sacerdote”.

Leggo continuamente in cronaca nera notizie di preti pedofili, d’arresti, di scoperte insospettabili su tanti sacerdoti della Chiesa cattolica. Tempo fa il Vaticano, dopo cento (dicasi cento) accuse di stupro sui minori, ha messo in pensione padre Marcial Degollado, 86 anni, fondatore della potente associazione dei “Legionari di Cristo”. Non leggo mai in Italia qualcuno che analizzi questo pericolo, come invece hanno scritto i giornali americani dopo i continui scandali che hanno coinvolto alti prelati delle diocesi statunitensi (e che hanno portato a rimborsi miliardari alle vittime). Non ascolto nessun dibattito, interno o esterno alla Chiesa sul problema che è a monte di tale devianza, quella cosa chiamata celibato. Eppure appare evidente che ci troviamo di fronte ad una schiera di persone turbate sessualmente che sono in giro, libere di parlare con i nostri bambini, di accarezzarli. Non sarebbe il caso di firmare tutti insieme un’importante petizione per consentire almeno il matrimonio, con prole e con le normali preoccupazioni d’ogni capo-famiglia? Del resto non parliamo di persone che hanno bisogno di un aiuto? In genere sono entrati in seminario in un’età in cui pare impossibile decidere di dedicare un’intera vita alla castità. Lì dentro hanno spesso trovato compagni con i quali era bello “giocare” e qualche superiore un po’ troppo affettuoso. Erano per lo più ragazzi normali che avevano diritto ad avere la loro gioventù, pubertà, conoscere una ragazza, capire come fare, come innamorarsi, avere un amore limpido, sereno, e poi forse sbagliare e cercare di ricominciare. Ed invece no, li hanno sacrificati alla castità perpetua, per un valore non condivisibile a tutte le età ed in tutti momenti della vita, per una cosa che non sta scritta in nessun vangelo, che è un rifiuto del corpo che nessun profeta sano di mente poteva predicare. Queste persone hanno bisogno di un aiuto dalla società laica e civile, avrebbero bisogno di gridare il loro desiderio di un rapporto normale, anche se omosessuale. Ed invece sono a lì a macerarsi dietro un senso di colpa senza limiti che li porta ad avere delle personalità complesse, che per avere un rapporto sessuale devono superare montagne di confessioni incrociate. (Un tale complesso senso di colpa e un contorto senso dei rapporti sociali che non occasionalmente porta queste persone a gesti estremi). Sarebbe un errore far sposare i preti cattolici? In quale libro sacro è scritto? Non è stata forse una necessità economica della Chiesa medievale avere sacerdoti senza figli, per non disperdere l’enorme patrimonio di lasciti e denaro che ogni singola parrocchia possedeva? Va bene, non vogliamo recriminare le scelte del passato, ma non è arrivata l’ora di buttare alle ortiche quest’inutile retaggio? Non c’è uomo che possa vivere senza avere un impulso di tipo sessuale, lo dicono tutti gli scienziati, e se lo reprime sia fisicamente che psicologicamente (e anche a livello onanistico) può facilmente arrivare a comportamenti deviati. Ecco il motivo per il quale la collettività ha sempre accettato che il suo prete fosse anche un noto donnaiolo: meglio che diventare un maniaco costretto ad inventarsi viaggi a Roma con ragazzi della propria parrocchia con i quali approcciare carezze, baci ed effusioni intime di vario genere ed intensità (vedi qualche mese fa l’arresto di un parroco del Salento in trasferta nella capitale). Del resto questi uomini vedono nel ragazzo una soluzione semplice per i loro problemi, senza tanti impicci e senza svelarsi, a volte utilizzando sottili minacce psicologiche, a volte con furbeschi raggiri di parole e situazioni.

La posizione della Chiesa è ferma e senza discussioni, ma questo rischia di diventare un problema di tutta la società non della ristretta cerchia ecclesiastica: “se la popolazione adulta avesse la stessa percentuale di problematicità che presenta la categoria dei sacerdoti cattolici, la devianza sessuale sarebbe la regola, i bambini vittime di un’educazione completamente errata e a volte abominevole” (New York Times).

Mentre la stampa italiana tace, la Chiesa sopisce: nel momento in cui si scaglia contro le coppie di fatto, contro le famiglie miste e così via, non riesce a dirsi neanche pubblicamente indignata da fatti così disdicevoli commessi dai propri sacerdoti. Non vuole aprire un dibattito serio sul celibato e le ragioni devono essere profondamente nascoste perché sfuggono ai più.

Un sacerdote mediamente è una brava persona, ama aiutare gli altri, se lo liberiamo dal senso di colpa delle sue normali pulsioni sessuali, sarà certamente più utile a questa società. Forse svolgerà meglio il suo ruolo etico e forse avrà più coraggio nel denunciare le brutture che dalla sua posizione osserva ogni giorno. Anche per un non credente, è più facile accettare un predicatore normalizzato, piuttosto che un ipocrita messaggero di castità universale. Nelle parrocchie dovrebbe nascere un movimento spontaneo mosso da preoccupazione ma anche da pietà. Noi non lo sappiamo, ma forse tanti giovani sacerdoti sarebbero felici di vedersi aiutati in questa battaglia che consentirebbe loro di continuare a fare quello che hanno scelto, senza dover sacrificare una delle parti migliori dell’esistenza, procreare e amare un’altra persona.

Ma forse è un’impresa impossibile, circondati come siamo da giornali che hanno paura di offendere le alte schiere del papato, da politici che sono tutti cattolici e ferventi credenti e a volte super praticanti (specie in campagna elettorale), da mamme impaurite del potere ecclesiastico. E poi non dimentichiamo che se qualcuno riesce a mantenere fede al suo voto di castità c’è un premio che si vince fra i sacerdoti di tutte le età e culture: loro stessi lo fanno santo.

 

Il Gallo - Novembre 2006

Alfredo De Giuseppe

 

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