1979-12 "Metti una sera d’inverno" - Nuove Opinioni

Tricase, nei mesi invernali, non offre certamente stimoli per la fantasia. O ci si accontenta (magari divertendosi) della ripetitività o si rischia una nevrosi peggiore di quella di una grande città. Incontri nuovi neanche a parlarne, i films buoni non esistono, la politica è per pochi. E allora si passa il tempo giocando a carte, polemizzando di calcio e raccontando dell’ultima ragazza conosciuta. Può capitare però, che un incontro casuale con tre ragazzi, amici da sempre, vecchi compagni di giochi possa all’improvviso risvegliare interessi e possa farti sentire che è tempo di raccontarla, questa maledetta storia. È semplicemente la storia di un paese, di una terra che continua nonostante tutto a vivere di emigrazioni, perché decidere a diciotto anni di “andare a fare il carabiniere” è decidere di emigrare.

È una lunga storia di sottocultura, di clientelismo ed è in ballo il solito, vecchio rapporto genitori-figli.

“Vedi – dice Roberto – io, Piero e Giuseppe lavoriamo alla Filanto di Patù da un paio di anni. Prendiamo trecentomila lire al mese e potrebbero essere tante si nostri genitori non pretendessero l’intera busta paga.

E inoltre dopo l’orario di lavoro in fabbrica (di per sé massacrante, con un servizio bus ridicolo) dobbiamo aiutare i nostri genitori a coltivare il tabacco o ad aggiustare questo o a fare quell’altro.

Insomma siamo liberi solo la sera verso il tardi, quando nei paesi nostri non c’è più niente da fare. Non possiamo praticare uno sport, abbiamo pochi divertimenti e sono quelli soliti – bar, cinema – che certamente non ci soddisfano più. Non ci restano che due vie: o fare esattamente quello che vogliono i nostri genitori o fare il carabiniere.

I nostri genitori accumulano soldi da vent’anni e ne hanno parecchi nascosti in qualche posto in attesa diventino casa”.

Di fronte a queste dichiarazioni è difficile rispondere, ergersi a giudice o semplicemente tentare di avere un’idea.

Accenno alla proposta di lavorare la terra, visto che hanno i soldi e che possiedono molte terre, poco sfruttate. Dico che potrebbero lavorarla insieme e usando nuove tecnologie e sitemi di lavoro diversi.

Ma la loro risposta è vaga, l’associazionismo produttivo è fuori dalla loro mente ed è inutile fare esempi di altre nazioni, di altre regioni.

È ormai sicuro. Fra qualche mese partiranno ad ingrossare la schiera dei giovani che rischiano la pelle senza sapere il perché.

Salvatore, un lor amico partito sei mesi fa, è andato ignorante ed è tornato, dopo un corso approssimativo assolutamente convinto della grande “funzione” storica del carabiniere e del suo ruolo quotidiano che varia dall’oggettivo costante pericolo alla piccola rivincita personale.

Non hanno masi saputo, questi ragazzi, e difficilmente sapranno, cosa sono Autonomia, Potere Operaio, B.R., la funzione dei servizi segreti nelle grandi stragi italiane, difficilmente sapranno distinguere uno spinello da una droga pesante. Sempre lontani dal comprendere repentinamente i cambiamenti delle masse giovanili (citazioni di Dalla e De Gregori al posto di Marx) saranno i più esposti, i parafulmini di tutti i mali di questa società.

Ma la pizza è finita, la serata anche, forse facciamo in tempo a farci una partita a biliardo, poi tutti a casa, domani si lavora, mestamente.

Domani ci sarà un nuovo attentato terroristico, un nuovo aumento, una nuova crisi petrolifera, un nuovo Khomeini.

…”Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione che tutti quanti stiamo già aspettando”… (Lucio Dalla da “L’anno che verrà”).

 

“Nuove Opinioni” – Dicembre 1979 

Alfredo De Giuseppe

       

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