2017-04-01 Distante e Scarascia - articolo e risposta su 'il Volantino'

Ah, che bei tempi!

Voglio scrivere Di getto. La presentazione della raccolta di scritti di Alfredo De Giuseppe, svoltasi nella Sala del Trono domenica scorsa, ha offerto lo spunto per un vivace dibattito, degno di essere ripreso. Ho contestato e contesto una lettura sulla storia recente di Tricase guidata da una logica nostalgica, rivolta al passato, ma deconstestualizzata e, per ciò stesso, fuorviante. Trovo inaccettabile richiamare esperienze -pur valide socialmente, culturalmente e politicamente- e riproporle o meglio indicarle come unico valido esempio di partecipazione civile e popolare, se non si tiene conto del contesto storico, dell’epoca e dell’oggi. Prima i partiti si caratterizzavano come pesanti e strutturati (oltreché pensanti) ed i luoghi del dibattito erano, oltre a quelli istituzionali, esclusivamente quelli tradizionali delle assemblee pubbliche. Oggi tutto è cambiato: i partiti sono ben altra cosa ed i luoghi di discussione sono più virtuali che reali; le contrapposizioni ideologiche, brutte ma rassicuranti, sono venute meno da tempo. Ed allora: è mai possibile mettere a confronto due periodi e, per esempio, due periodici in un contesto radicalmente cambiato?

Gli strumenti di lotta di una volta possono essere riproposti e rimpianti oggi? E poi: il nemico da sconfiggere può oggi identificarsi in un Potere ben individuato che -secondo l’ipotesi accusatoria- gestiva e gestisce un sistema clientelare? Oggi i Partiti non esistono più nella forma pesante e pensante e non sono il luogo di decisione delle sorti di un paese, sempre più guidato da leader più o meno carismatici che anche a Tricase si spartiscono il territorio; il Potere, oggi, ha luoghi, spesso nascosti ed esterni, dove tessere le trame delle sorti collettive. Nella analisi nostalgica del ricordo dei bei tempi andati colgo un rischio ancora peggiore: il non riuscire a scorgere quei germi di speranza che non devono essere soffocati ma valorizzati. Non tutto va bene, siamo d’accordo; ma neppure tutto va male! Ed allora non si può non vedere in quanto accaduto in questi dieci anni qualcosa di importante, altrimenti si rischia di far morire la speranza che è quella che dobbiamo trasmettere ai giovani. Come si fa, ad esempio, a negare che Tricase ha una realtà associativa ricca e qualificata, se è vero che una Associazione ha combattuto e vinto una battaglia (condivisibile o meno) sulla 275 e che tutto ciò è accaduto malgrado le Istituzioni o contro di esse? Come si fa a negare che Marina Serra è stata valorizzata da un’iniziativa come Alba in Jazz, voluta dall’Amministrazione Comunale? Come si fa a non dire che si è diffuso l’interesse al bene comune se è vero -come è vero- che giungono in Redazione tante segnalazioni su discariche abusive, parcheggi fuori posto, inciviltà varie? E l’elenco potrebbe continuare. Mi chiedo: è mai possibile che quando si mettono in evidenza le positività si debba essere tacciati di superficialità o, peggio, di servilismo nei confronti del Potere? Il giornale che dirigo, pur con tutti i suoi limiti, vuole essere (e forse lo è) un giornale della città della quale vuole mettere in evidenza anche quello che c’è di buono e di valido; non ha come mission quella di scardinare un sistema di potere, ma di essere utile alla comunità. Al di là delle facili e comode semplificazioni, vi deve essere lo sforzo di rappresentare una realtà vera, ben consapevoli -come ascolteremo nei prossimi giorni- che dobbiamo sempre interrogarci su cosa sia la verità. Ed allora: nell’interesse di Tricase, abbandonati i luoghi comodi e le giustificazioni rassicuranti, costruiamo la storia coniugando idealità a pragmatismo; scegliamo la parte construens a quella destruens; veicoliamo le idee con i tanti mezzi a disposizione, facendo tesoro prezioso delle esperienze passate ma smettendola di mitizzarle; con coraggio analizziamo le questioni e offriamo le soluzioni, ma responsabilmente, senza puntare solo il dito contro gli altri così mettendo a tacere la coscienza. Dobbiamo avere, insomma, la forza di uscire dallo stato di minorità -che tanto ha penalizzato il Sud- e diventiamo -per dirla con il Filosofo- adulti, per non rischiare di ritrovarci, senza accorgercene, già vecchi.

il Volantino 25.03.2017

Alessandro Distante

la risposta di Caterina Scarascia

Ah... quanto è ingiusto!

Soggetto? L’articolo di Alessandro Distante sull’ultimo numero del Volantino, a proposito della raccolta di scritti di Alfredo De Giuseppe Anni di getto e del dibattito che ne è seguito la sera stessa della presentazione del volume, a cui ho partecipato. Con tutto il rispetto per le opinioni dell’articolista, mi pare che il pezzo dia una lettura ingiusta ed incompleta dell’intera questione. Anni di getto raccoglie articoli di De Giuseppe dal 2006 al 2016, che si contestualizzano, pertanto, in quel periodo e rispondono alla logica ricorrente con cui Alfredo vede le cose: un po’ polemica, abbondantemente pessimistica, ma realistica, a mio avviso, in molti passaggi, anche rispetto agli scenari storico-sociali. Si può non condividerla, certo, ma non etichettarla come esclusivamente nostalgica, destoricizzata, ancorata a esperienze riproposte, secondo Distante, come unico valido esempio di partecipazione civile e popolare. In questo trovo la lettura del Direttore ingiusta ed incompleta. Da quello che ho capito io, e può essere che abbia capito poco o nulla, il libro raccoglie esperienze di anni passati e come tali le pone all’attenzione del lettore... punto! Il dibattito che quella sera ne è seguito, più che nostalgico, mi è parso un tentativo di confrontare epoche diverse, anche rispetto a testate giornalistiche così differenti come il Volantino e Nuove Opinioni, per interrogarsi sul futuro della città. Anche in questo trovo la lettura di Alessandro Distante ingiusta ed incompleta. Intanto perché ritengo che tutti siamo consapevoli di vivere in periodi storici differenti, che ribaltano la concezione socio-antropologica di entità come i partiti, i movimenti, la comunicazione, la gestione del potere. Poi perché, anche se i contesti mutano, non si modificano le essenze fondamentali dei problemi, soprattutto quando discutiamo dello sviluppo di una città. Confrontarsi e discutere su dove una città vuole andare, verso quale idea di futuro si proietta, non mi pare che sia una visione nostalgica e destoricizzata. Cercare di farlo anche in una pubblica assemblea, oltre che su whatsapp e su facebook, non mi pare voglia dire riproporre antiche esperienze. Condivido che una lettura del nemico a tutti i costi e secondo specifiche categorie clientelari rischia di essere riduttiva, ma non per questo si possono sottovalutare dinamiche di gestione del potere subdole e, proprio perché tali, infiltrate fittamente a più livelli. E per potere intendo qui anche la gestione burocratica della cosa pubblica. Circa la speranza. Chi di speranza vive... Possiamo davvero dire che siccome Tricase ha una realtà associativa ricca e qualificata è sulla strada di uno sviluppo sociale e culturale all’insegna dei tempi? Spessissimo una associazione non sa assolutamente nulla dell’altra, nonostante gli sforzi della Consulta Comunale in tal senso. Possiamo scambiare un’esperienza interessante ed originale come Alba in Jazz con un indicatore di sviluppo turistico complessivo? O le segnalazioni che giungono al Volantino come segno di diffusione dell’interesse al bene comune? Io non credo. Credo invece che il lungo mandato dell’Amministrazione Coppola ha costruito un profilo della città, in alcuni elementi positivo, in altri negativo, da cui dobbiamo necessariamente ripartire, guidati da quelle stesse domande che quella sera posi durante il dibattito scaturito intorno al libro di Alfredo: dove vogliamo andare? Come vogliamo completare o modificare la vision di Tricase? Come intendiamo arricchire i livelli comunicativi, quindi del libero e democratico confronto, al di là dei social e della rete che, manipolata da pochi individidui, pretende oggi di governare l’Italia? Come intendiamo muoverci per costruire cittadinanza globale reale, effettiva, quella che si sporca le mani con tutti, anche con gli immigrati, e dice liberamente quello che pensa? Quella che non si lascia irretire dai populismi qualunquisti o dall’interesse personale? La speranza si costruisce con le azioni, caro Direttore, e le azioni devono essere certamente orientate al futuro, ma senza sganciarci dalla memoria del passato, fatto di tantissime cose, anche di esperienze positive riproponibili in forme e costrutti diversi. Dire che tutto va male non basta, ma neppure ostinarsi a pensare che Tricase possa decollare sulla base di segnali illuminati, sì, ma sparsi e, spesso, frammentati. A due mesi dalle Amministrative, dove è la visione della città su cui confrontarci e per la quale votare? Non chi sono e dove sono le persone che faranno i Sindaci, ma dove sono le loro idee.

il Volantino – 01.04.2017

Caterina Scarascia

 

Breve nota del direttore de “il Volantino”

Ringrazio Caterina Scarascia per aver ripreso il mio articolo; solo una precisazione: le mie riflessioni sono state originate non dal libro di De Giuseppe ma dal dibattito che ne è seguito. Quanto alla speranza, parlavo di coglierne i germi, per costruire, interrogandosi, il futuro della Città.

Alessandro Distante

 

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