2013-08 "Fatti di sport e di politica" - 39° Parallelo

Tre fatti recenti di sport, né originali, né unici, mi fanno riflettere sull’effettiva utilità di questa attività del fisico che in teoria dovrebbe migliorare anche la mente. Ne cito solo tre nella loro diversità, passando da questioni mondiali a provinciali.

Lance Armstrong, il ciclista che più aveva vinto negli ultimi vent’anni, dopo molte insinuazioni, denunce e processi, ha infine confessato di aver sempre fatto uso di sostanze proibite: “così facevano tutti, così ho fatto io, altrimenti non era possibile vincere”. Un’imbarazzata federazione internazionale gli ha tolto le sette vittorie al Tour de France, ma è sembrata una mossa tardiva e forse inutile, perché intanto il ciclista o è morto (vedi Pantani) o diventato straricco e famoso come Armstrong, Contador, Basso e così via. Il ciclismo è uno sport massacrante, ha bisogno di aiuti farmacologici per essere più spettacolare, per essere venduto meglio alle TV, tant’è che qualche anno fa i medici delle varie federazioni raccomandavano gli atleti di avere l’ematocrito sotto la soglia di 50, come a dire “fatelo ma non superate i limiti che noi stessi abbiamo imposto”.

Il capitano della Lazio,  Stefano Mauri e altre decine di calciatori coinvolti in questi giorni nell’ennesimo caso di calcio-scommesse. Ragazzi dai venti ai trent’anni che amano giocare a calcio, vengono strapagati per farlo e poi scommettono sui loro stessi risultati, a volte sulle loro sconfitte. Ragazzi un po’ annoiati e coccolati che vivono con l’I-Phone in mano, chattano, twittano, facebookano, ma spesso giocano male, si allenano poco e calciano come Paperino. Sono figli del nostro tempo, della nostra noia tecnologica, del nostro vuoto esistenziale, e forse delle scuole calcio super-costose. Ed è così che la giustizia sportiva, un tempo inflessibile, diventa più morbida, capisce la situazione e si adegua.

Fabrizio Miccoli che è un gran bel calciatore, scorazzava con il suo Suv per le strade di Palermo con giovani rampolli, figli di mafiosi e latitanti, si davano appuntamento presso la statua di Giovanni Falcone, definendolo letteralmente (da intercettazione ambientale) “quel fango di Falcone”. Grande finto scandalo, si apre un’indagine, una lacrimuccia per dire che lui non è proprio un mafioso, per chiedere scusa senza capire neanche il perché, e mentre sembrava dovesse finire la sua carriera per una lunga squalifica, ecco che interviene il Lecce e lo riporta a casa, che lo promuove pure capitano del team.

Potremmo dire che si tratta di singoli episodi, o di poche mele marce, se non avessimo un doping diffuso a tutti i livelli, compreso quello amatoriale e giovanile, se non avessimo una corruzione diffusa nel mondo del calcio che coinvolge calciatori, procuratori, dirigenti e ultras, se non avessimo, ancora, un’ignoranza di fondo che confonde costantemente mafia e giustizia.

Ma una giustificazione ce l’hanno questi ragazzi del nostro tempo ed è la politica: cosa può pensare un giovane calciatore, ciclista o nuotatore, quando vede un Berlusconi condannato in Cassazione che mette in dubbio il potere dei giudici, che paga le olgettine perché testimonino il falso, che paga un deputato perché passi dalla sua parte? Quando vede centinaia di deputati ripetere come automi la stessa bugia del loro leader? Quando vede che oltre il 25% della popolazione  parla come Lui? Cosa pensa il nostro giovane dopato, ignorante e arrogante, quando l’altro 75% se ne sta buono buono, nella sua casa, accettando di buon grado qualsiasi sfregio al suo senso civile?

39° Parallelo - Agosto 2013

Alfredo De Giuseppe

 

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