2018-02 "Lu Puzzu abbandonato", di Ippazio Martella - 39° Parallelo

Il 19 Novembre u.s. (2017 ndr) nella sala del trono di Palazzo Gallone, attuale sede municipale, si è tenuto un incontro-dibattito sulla trascuratezza in cui versa una zona del centro storico tricasino denominata “Lu Puzzu”. All’iniziativa, promossa da Alfredo De Giuseppe, sono convenuti numerosi cittadini, che più di altri, sono sensibili alle sorti di Tricase e in particolare del suo centro storico. Erano presenti: amministratori, tecnici, professionisti e le intelligenze culturali tricasine. Mi risulta che incontri sul tema “Lu Puzzu” si sono susseguiti numerosi negli anni. Per questa ragione gli interventi degli oratori e quelli del pubblico sono stati appassionati e circostanziati, determinati a lasciarsi alle spalle un tempo infruttuoso, teorizzando sulla necessità di interventi necessari e possibili, ma purtroppo ancora lontani da una concreta fase progettuale e operativa. A questo punto diventa spontanea la domanda: come mai in tanti anni, nei quali si è molto dibattuto, si è fatto così poco rispetto alle tante idee circolate? Mistero! Personalmente ho percorso molte volte quei viottoli, ma da fruitore en passant, da visitatore distratto, senza interesse. Dopo quell’incontro ho fatto visita a quei luoghi da osservatore critico per meglio capire su quanto si è dibattuto.

Una delle prime cose che si scorgono entrando nella zona “Lu Puzzu” da via Catalano è un cartello arrugginito datato 1978, che annuncia un finanziamento di 450 milioni di lire per interventi non definiti che si sarebbero realizzati in quell’area. Per l’epoca, con un tale finanziamento si sarebbe potuto fare molto, invece, da informazioni assunte, presumo attendibili, dopo aver messo in sicurezza un’area, nei pressi di Via Catalano, interessata da una esplosione, avvenuta oltre 10 anni prima, di un deposito di polvere pirica, il grosso di quella somma è stata destinata ad altra opera. Evidentemente in quell’epoca, ricevuto il finanziamento, l’Amministrazione poteva decidere di farne uso diverso da quello per il quale era stato destinato.

Il perimetro di questa parte del centro storico è costituito da bellissime case gentilizie con affaccio all’esterno che racchiude nel proprio interno un agglomerato abitativo popolare d’epoca, altrettanto interessante. Di fronte ad una tale particolare bellezza, l’interesse dei tricasini sembra non sia mai mancato. Ma, da quel primo intervento di risanamento del “78, non si è fatto abbastanza per adeguare quell’area ai mutamenti della società. Dal “78 si sono succedute 10 Amministrazioni e 7 sindaci e in tutte le promesse elettorali sembra non sia mai mancato il solenne impegno di interventi di riqualificazione della zona “Lu Puzzu”.

Da informali informazioni assunte, mi risulta che il Comune non si sia mai munito di un piano particolareggiato, indispensabile per consentire interventi che potessero armonizzarsi con l’esistente. Invece, a partire dai pubblici servizi, quell’area è stata servita con interventi praticati in tutte le altre zone della città: i ripristini dei servizi sotto traccia è un rappezzo cementizio all’arlecchino; la toponomastica dove in metallo dove in ceramica; la numerazione è stata lasciata alla libera bizzarria; per i tombini dell’acqua e fogna sia nei materiali che nella posa non si è tenuto nessun criterio distintivo. Se a questi interventi si fosse data una uniformità, non sarebbe stato già un segnale ai privati di buona volontà?

Vi sono dei privati, molti dei quali non residenti a Tricase, che hanno ristrutturato le loro proprietà. Anche il GAL ha finanziato alcune ristrutturazioni col progetto “creazione strutture ricettive” destinate a case vacanze e affittacamere. Questi interventi potrebbero essere una delle vie percorribili ma non sono l’ideale. Praticare recuperi necessari per adeguare le vecchie abitazioni alle attuali esigenze abitative, conservando le caratteristiche tipiche di un centro storico così bello è possibile ma impegnativo e costoso: i privati disponibili a investire risorse senza avere la certezza dei vantaggi economici sarebbero pochissimi.

Nel Luglio del 2017, in Largo Mario Legari è stata inaugurata la “stazione di servizio rurale semi urbani di Tricase”. Lo spazio è stato riqualificato, sottratto ad un particolare abbandono, utilizzato a parcheggio. L’intervento, se pur necessario, è stato oggetto di accese critiche, evidentemente non mancano gli interessi affinché non si faccia nulla. Ma nello stesso tempo bisogna dire che non sono quelli gli interventi capaci di qualificare il centro storico, c’è bisogno di ben altro, interventi organici e ben strutturati. Eventuali nostalgici devono però rassegnarsi all’idea che quel centro possa tornare alle funzioni originarie o similari di un tempo. Qualsiasi tipo di intervento che si dovesse praticare apporterebbe un radicale cambiamento sia nel look che nelle funzioni. 

Le vie percorribili potrebbero essere semplici ma di certo molto impegnative: innanzitutto un opportuno studio e approvazione, da parte del Comune, di un piano particolareggiato; in successione completare la rete dei servizi pubblici; fogna, acqua e gas, raccolta delle acque bianche attraverso caditoie sottotraccia, l’interramento della linea elettrica, rifacimento delle superfici viarie completandole con basoli in pietra locale; uniformare toponomastica, numerazioni e tutto quanto si affaccia sulle vie; rimuovere le unità esterne dei condizionatori e tutto ciò che nulla ha che fare con l’arredo urbano tipico. Questo potrebbe essere un segnale di volontà pubblica di un intervento serio. Infine stimolare l’interesse dei privati attraverso riconoscimenti di contributi concreti. Realizzate queste opere essenziali e indispensabili. Non bisognerebbe fare altro. Non si deve pretendere un radicale cambiamento nell’immediato. Potrebbero, e dovrebbero essere, le future generazioni a dare una svolta, adeguando alle esigenze dei tempi la zona “Lu Puzzu”. Non vi sono altre strade. Si può fare anche la scelta di conservare il centro storico, non facendo nulla di straordinario, anche questo è un modo di conservazione che si può praticare, lasciare che tutto si conservi nel naturale decadimento. Gli amministratori che negli anni si sono succeduti hanno ritenuto che questa potesse essere una delle scelte, per conservare la zona “Lu Puzzu”. Vorrei tanto essere smentito, ma sono convinto che la zona “Lu Puzzu” rimarrà tale, per molti anni ancora, fino a quando non emergerà una volontà forte, concreta, che vada oltre le promesse, le parole e gli ideali.   

39° Paralleolo – Febbraio 2018

Ippazio Martella

 

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