2023-04 "Donne al potere, regno della retorica" - 39° Parallelo

DI SEGUITO DUE ARTICOLI APPARSI SUL BIMESTRALE 39° PARALLELO SULLE DONNE AL POTERE, NELLA STORIA E NEL PRESENTE

In queste settimane regna la retorica del “finalmente due donne al potere”. Si parla naturalmente della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della nuova segretaria del PD, Elly Schlein. Tutti felici perché l’Italia, Paese notoriamente maschilista, sta finalmente invertendo rotta. Io mi associo e mi inchino. Però avrei due tre obiezioni, non fosse altro per rimarcare l’inutile e ipocrita sequela di complimenti che le due donne più potenti d’Italia stanno ricevendo.

Per uno abituato a considerare gli uomini e le donne con lo stesso grado di intendere e di volere e quindi con lo stessa autonomia decisionale, il fatto che una donna arrivi al massimo livello di potere non è di per sé un fatto straordinario. Bisognerebbe analizzare un po’ meglio su chi è quella donna, perché è arrivata al potere e che capacità abbia dimostrato. Esattamente come farei per un qualsiasi politico-uomo che arrivi a governare i complessi meccanismi del potere. Invece mi capita di ascoltare frasi mielose da tutte le parti in causa, tipo “se ci fossero le donne al potere, le guerre si fermerebbero subito” oppure “le donne hanno un approccio più morbido verso i problemi sociali”. Sarà vero? Ho dei seri dubbi in proposito: l’aggressività al potere non è una questione di sesso, ma di ambizioni, di frustrazioni, di imperfezioni sedimentate nel DNA. Esattamente come per l’uomo al comando.

Giorgia Meloni e Elly Schlein non potrebbero essere più diverse e lontane, due modelli antropologici agli antipodi, al di la del sesso. La prima è una persona formatosi dentro un partito classico del Novecento, il Movimento Sociale (riferimento alla Repubblica di Salò), all’interno di un sobborgo romano, fondato su una specie di guerriglia politica per la conquista del territorio. La seconda si è invece iscritta al PD un mesetto prima di diventarne segretaria. Fino ad allora una libera attivista nei movimenti ambientalisti e civili-legalitari-pacifisti della sua città di adozione, Bologna, dopo essere stata volontaria a Chicago per l’elezione di Obama.

Giorgia è nata e cresciuta a Roma, con la sola madre che fece diversi lavori in quanto il padre (di simpatie comuniste) abbandonò la famiglia e scappò alle Canarie. Giorgia ha studiato presso l'istituto professionale "Amerigo Vespucci" di Roma, conseguendo il diploma di maturità linguistica. Elly è multietnica: ha il padre politologo e accademico statunitense di origini ebraiche, sua madre è italiana, anche lei professoressa ordinaria di diritto pubblico. Nasce a Lugano, dove risiedono temporaneamente i genitori, quindi la neo segretaria PD è in effetti un’italiana con cittadinanza statunitense naturalizzata svizzera. Ha conseguito la maturità al liceo cantonale di Lugano e poi si è laureata a Bologna in giurisprudenza, discutendo una tesi di diritto costituzionale. La Meloni si dichiara “una donna, una madre, una cristiana”, mentre la Schlein è notoriamente bisessuale, convive attualmente con una donna, difende i diritti dei gay e parla poco della propria vita privata.

Cosa hanno in comune queste due donne? Quasi nulla, tranne il fatto di condividere titoli di giornali e pettegolezzi di vario tipo. Per fortuna sono due persone (senza particolari interessi personali da difendere) impegnate in politica con due visioni del mondo completamente diverse e ben identificabili: da una parte c’è l’idea, sempre più sfumata e cabarettistica, di un nazionalismo di facciata, che è un ottimo innesto nelle campagne elettorali ma poi si sgonfia alla prima riunione oltre confine; dall’altra c’è una visione più larga della società, di un’integrazione internazionalista che deve necessariamente sposarsi con il pacifismo e l’ampliamento dei diritti universali della persona. 

Ho visto donne feroci in politica, esattamente come gli uomini. Ho visto donne lontanissime dalla politica, esattamente come molti uomini. Quindi ho imparato a giudicare il politico da quello che dice, non certamente dal sesso, che oltretutto vive di suo un momento di incertezza (il sesso). C’è da una parte un politico che ha vinto le elezioni predicando i blocchi navali e un nazionalismo ormai superato dai fatti e l’altra che, da europarlamentare, attenta alle trasformazioni del pianeta, ha tentato di trovare una soluzione umanitaria all’enorme problema dell’emigrazione che solo i demagoghi si ostinano a voler risolvere come un’operazione militare o di controllo. Da una parte c’è un politico donna che della libertà delle donne ha un concetto molto restrittivo (tranne per sé naturalmente) e un’altra che sbandiera le scelte  individuali come valore universale, quando esse non confliggono con la libertà altrui. Da una parte c’è un politico donna che ha fatto il ministro sotto l’ala protettiva di Berlusconi, quando quei governi hanno creato le basi (etiche, culturali e relazionali) per il disastro economico e sociale che stiamo vivendo. Dall’altra c’è un politico donna che ha ben chiaro quanto sia stato negativo in questi anni per il suo partito l’abbraccio mortale dei governi di “unità nazionale”. Le discriminanti sono queste e su questo dobbiamo ragionare.

Poi, è evidente che nel mondo, specie in certe parti del mondo, il sesso femminile è ancora discriminato in ogni sua espressione, tranne in quello del concepimento. E anche in riferimento a quei contesti le ricette sono diverse: da una parte si predica il ben noto “sono fatti loro” e dall’altra si tenta di organizzare piccoli e costanti cambiamenti, anche attraverso le ONG e le organizzazioni di contrasto allo strapotere maschile che con fatica e grave rischio si muovono in quei Paesi.

La politica non si divide in uomini e donne, ma ancora una volta in tradizionalisti e reazionari populisti da una parte e mondialisti attenti alle trasformazioni ambientali e culturali dall’altra. Del resto l’homo sapiens si è sempre evoluto (fin qui) con questo eterno dualismo, tra chi ama lo status quo e chi comprende che lo status quo non esiste.

In definitiva, anche fuori dalla politica, vorrei continuare a dire, senza essere lapidato, che ad esempio Lucia Annunziata è antipatica almeno quanto Bruno Vespa, che Maria De Filippi è un po’ peggio di Amadeus. Donne e uomini pari sono, anche nei difetti, nelle imperfezioni, nelle corruzioni e nelle bellezze.

LE DONNE SOLE AL COMANDO

Un po’ di storia delle donne che hanno governato nel mondo: quando non sono sole al comando, le donne sono state spesso coinvolte nella gestione monarchica del marito a cominciare dalla bellissima Nefertiti, sposa del re riformatore religioso Akhenaton. Sempre nell’antico Egitto Nefertari, moglie di Ramses II, 1300 anni prima di Cristo, ebbe una fondamentale importanza nel trattare con un’altra grande regina ittita, Puduhepa, per far firmare il trattato di pace che mise fine agli scontri fra impero ittita e regno egiziano.

Sul suo “Valigia Blu”, scrive Galatea Vaglio: “le donne della casa dei Tolomei, greche di origine, un’infilata di regine che regnano spesso scontrandosi con padri, fratelli e cugini per gestire il potere in prima persona, prendendo come modello le donne della dinastia macedone da cui discendevano, in primis Olimpiade, la determinata e testarda madre di Alessandro Magno, l’unico essere umano di cui persino il conquistatore del mondo temeva l’ira, e che quando il figlio morì prematuramente gestì da sola i caos della successione, tanto che l’unica soluzione praticabile per gli ambiziosi diadochi alla fine fu farla fuori fisicamente. Non a caso l’ultima rampolla della dinastia tolemaica fu Cleopatra, che non fu soltanto un’amante di Giulio Cesare e di Antonio, ma un’accorta statista capace, anche prima di conoscere Cesare, di combattere per il trono, che aiutò il generale romano durante l’assedio di Alessandria con consigli militari, e poi fu per anni compagna di Antonio, nonché stratega della loro politica comune. Ottaviano sputò sangue per vincerli, e alla fine anche se le sue penne di regime descrissero Cleopatra come una sgualdrina, ciò che emerge è che la vera nemica pericolosissima di Roma era stata lei. Una donna”.

Se andiamo alle donne al potere durante l’epoca romana, l’elenco è lunghissimo. Dopo la Cornelia madre dei Gracchi, non si può dimenticare Livia, moglie di Ottaviano Augusto che fu la signora dell’impero, cofondatrice e orchestratrice di tutta la propaganda augustea. La dinastia Giulio Claudia è formata da un nugolo di donne forti: Giulia la figlia di Augusto, per quanto sia spesso dipinta come una sventata, fu in realtà l’unica a formare un circolo di opposizione così politicamente pericoloso che alla fine il padre li esiliò tutti; Livia Drusilla fu l’unica donna a contenere gli eccessi del fratello Caligola e a reggere l’impero come sua Augusta alla pari; Agrippina, la madre di Nerone, era considerata il miglior politico dell’impero persino da Tacito, che pure ne dice peste e corna.

Se andiamo verso il Medioevo, la Roma papale fu retta per un certo periodo dalle donne di una famiglia, Teodora e Marozia, che erano amanti di papi e di re d’Italia, mentre un’altra donna fu capo delle armate papali durante il periodo più duro della lotta delle investiture, e tanto potente da potersi permette di umiliare l’imperatore, che era pure suo cugino: parliamo della contessa Matilde di Canossa, padrona di quasi tutta l’Italia del nord.

Nel settecento brillarono Maria Teresa d’Austria e Caterina di Russia. Bastano questi due nomi per chiarire che anche nel settecento il potere femminile ha avuto grandi rappresentanti. Due regine colte, interessate all’innovazione, in grado di incidere con profonde riforme nei loro stati. Ma prima di Caterina, la Russia aveva conosciuto un’altra grande sovrana, Elisabetta, figlia di Pietro il Grande, che resse lo stato con pugno di ferro ma anche con una certa liberalità nei costumi, tanto è vero che le si attribuirono anche alcune figlie illegittime avute da uno dei suoi numerosi amanti.

Il Novecento non è stato tutto maschilista: in Inghilterra il trono dal dopoguerra fino al settembre 2022 è stato occupato da Elisabetta II, ma il primo ministro inglese forse più noto al mondo è una donna, Margaret Thatcher, che ha dato nome ad una era e ad una corrente politica, il thatcherismo, appunto. (insieme a Reagan hanno costruito l’attuale assetto mondiale, basato sui mercati finanziari, smantellando il welfare statale).  In India abbiamo visto l’ascesa al potere di Indira Ghandi, mentre nello stato di Israele premier è stata Golda Meir, che considerava i palestinesi sub-umani. Qualche anno più tardi il Pakistan ha eletto come primo ministro una donna, Benazir Bhutto. Una donna è stata al potere dall’inizio di questo secolo della nuova Germania riunificata e entrata a far parte dell’Unione Europea, Angela Merkel (moderata e intelligente). Nel frattempo negli USA una donna di colore diventa Segretaria di Stato negli USA e si occupa di gestire la crisi post 11 settembre: è Condoleeeza Rice. A succederle come segretaria di Stato sarà un’altra donna, già first lady, Hillary Clinton.

In questo momento in Europa, oltre a Giorgia Meloni in Italia, vi sono molte donne primo ministro: in Finlandia, in Danimarca, in Estonia, Lituania, Slovacchia, in Moldavia, in Georgia e in Kosovo. Infine la prima leader dei Verdi che governa un Paese è Katrín Jakobsdóttir (ricordate questo nome), primo ministro dell’Islanda già dal 2017.

39° Parallelo, aprile 2023                                                                                                                                                  

Alfredo De Giuseppe

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