2016-07 "Ad Otranto, nella nuvola" - FB

Qualche giorno fa ero a Otranto. Ero lì per lavoro, dovevo recarmi al Comune, la cui sede è proprio vicino alla Cattedrale. Già alle nove del mattino era caldo, il caldo afoso di luglio. Ero vestito come tutti i giorni, mentre intorno a me c’erano solo uomini in pantaloncini corti, donne in comode vestaglie pre-mare. Sono entrato nel Municipio, sono stato veloce, dopo pochi minuti ero di nuovo sotto il sole. Il parchimetro mi aveva fregato un euro, avevo ancora un po’ di tempo. Ho deciso di entrare nella chiesa, volevo rivedere dopo un po’ di anni il mosaico dell’albero. Ho letto dall’apposita bacheca che la Cattedrale è intitolata a Santa Maria Annunziata, mentre nella mia ignoranza religiosa pensavo si chiamasse “dei Martiri”. Lì ho visto decine di persone intente a fotografare e lì ho percepito quante cose non sono più attuali, quante cose sono ormai inutili. C’erano persone con piccole o grandi reflex che chiaramente non avrebbero realizzato nessun scatto memorabile, ma loro imperterriti continuavano a pigiare sul pulsante della loro digitale. Fotografare un mosaico è impresa complessa, fare una bella foto è ancora più difficile. Loro, uomini e donne oltre i sessanta avevano il lor cliché da rispettare, la macchina a tracolla, aria interessata, costumino da bagno ben visibile in controluce, i fiorellini sparsi dappertutto, sulla testa, sugli orecchini, sulle camicie e sulle biciclette. Mi chiedevo: ma non sanno queste persone che esistono delle belle foto professionali di ogni monumento, di ogni chiesa, di ogni pietra ormai? Cose desuete, ormai, come un Compact disc o un disco su vinile, oggetti da collezione, non più d’uso quotidiano, tutto propeso al virtuale, al cloud, alle nuvole che si addensano e si dileguano con velocità impressionante, come il rullo di un facebook. Quelle donne e quegli uomini, ai quali io probabilmente appartengo, si sentono vivi eppure sono fuori dal rullo dell’attualità. Le loro abitudini sono ormai in via d’estinzione. Probabilmente anche la modalità vacanza ha mostrato tutti i suoi limiti. Vedevo quelle persone affannate, senza sorriso, sempre più assenti eppure avvolte nel ruolo di vacanzieri forzati, di quelli che non si perdono un evento, una sagra o un concerto. Nel vuoto di un girovagare senza approfondimento.

Cosa sarà il futuro non lo so, non lo vorrei sapere, ci sarà da intuirlo giorno per giorno, nei prossimi decenni, così forieri di novità tecnologiche e antiche oppressioni, tanto da evidenziare costanti dicotomie collettive, distacchi cerebrali di una certa entità. Questo pensavo in quei brevi momenti osservando l’albero della cattedrale di Otranto, non sapevo perché, non avevo idea da quale ancestrale cellula derivasse tale pensiero nichilista. Ero lì, in una breve pausa di una normale giornata di lavoro, senza uno scopo preciso e senza nessuna idea da diffondere nel mondo.

Era il 14 luglio 2016, quella sera, a Nizza, un uomo franco-tunisino alla guida di un tir avrebbe ucciso 84 persone, ne avrebbe ferito altre centinaia, compreso tanti bambini. Capire è sempre più nella nuvola cangiante, sempre più pensiero volatile, sempre più doloroso.

Alfredo De Giuseppe

 

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