2015-12 "I Tramonti di Alfredo", recensione di Ercole Morciano - 39° Parallelo

Non è una recensione dell’ultimo libro di Alfredo De Giuseppe: Tramonti di tramonti, Piero Manni editore, S. Cesario di Lecce 2015, pp. 125, € 13.00. Recensire - secondo me - è compiere una serie di operazioni che attengono in primo luogo l’intelletto, perché necessitano di un’analisi fredda, quasi chirurgica, di un testo; e non è quello che ho fatto col libro di Alfredo. Ho scritto invece quello che veniva fuori dall’intimo, le sensazioni che senza alcun ordine affollavano il mio immaginario, fino a ingorgare la mia mente di visioni che la conoscenza dei luoghi - di quelli a me vicini - e la capacità evocativa dell’autore rendevano immediate.

Ho letto questo libro di Alfredo in modo strano. Da una iniziale lettura nella sequenza dei capitoli - ve ne sono ben 51, densi ma brevi - fissata dall’autore in ordine cronologico, sono passato a una lettura tematica, catturato soprattutto dall’interesse per la storia di Kejal, la ragazza curda al centro di una saga famigliare contemporanea. Questa storia d’amore e di morte, che attraversa potentemente tutto il libro, è raccontata in modo avvincente e raggiunge punte di delicato lirismo, non disgiunto da misurato erotismo, mentre sullo sfondo si svolge uno dei drammi contemporanei più cruenti della storia dell’umanità.

Il secondo percorso, che ho voluto seguire nel leggere il libro, l’ho fatto con gli occhi di Alfredo, nell’ascolto della sua sofferenza, dell’amarezza che in questo suo libro - a  differenza di altri - prevale sulla piacevole ironia: la fine sua capacità di farti guardare la realtà sorridendo nonostante tutto, di mitigarne la durezza con un pensiero leggero; capacità che non vorrei fosse andata perduta. Nel suo viaggio sulla riviera del Salento, e in particolare del Capo di Leuca, ho rivisto con lui tutti i luoghi che non rappresentano solo la nostra geografia materiale, ma una sorta di ambiente dell’anima di cui abbiamo pienamente goduto e ormai drammaticamente compromesso. Lui ha percorso quest’itinerario come gli antichi abitatori delle nostre terre, da mare a mare, dall’alba al tramonto; ma quanta tragicità nel suo acuto osservare, nel suo vivido raccontare!

I tramonti, metafora  come chiave interpretativa di tutto il libro, sono stati l’oggetto del mio terzo percorso di lettura. Dai tramonti visti in vari continenti, nei paesi dove la mancanza della libertà o l’ingiustizia opprimono l’uomo e la donna fino alla morte, ai tramonti di persone o di cose a noi più vicine che hanno riempito - nel bene o nel male - il nostro vissuto, fino a giungere al tramonto dei tramonti, l’ultimo, quello del sole, che conclude il metaforico viaggio.

In un tramonto apocalittico, con scenari solo adombrati, al cui centro Alfredo immagina se stesso, «mentre tutt’intorno cambia, si trasmuta […] diventa rimpianto di ciò che era stato, di ciò che è impossibile ritorni», egli esprime il desiderio che «un’infinitesimale particella» di lui assista all’ultimo crepuscolo, «all’ultimo fremito» del sole; un pensiero che gli «allevia il dolore della morte e della vita […] mentre il tutto cambia e ogni colore è diventato nero». «Il nostro schema è destinato a finire»  - scrive Alfredo poco prima - la luce ci sarà, anche se «bisognerà cercarla da un’altra parte»: un piccolo seme di speranza che mi guiderà quando passerò alla lettura più lenta e meditata anche di quest’ultimo libro di Alfredo, come ho fatto per quelli che lo hanno preceduto.

39° Parallelo - Dicembre 2015

Ercole Morciano

 

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