Libere Fenomenologie del 2023-10-07 ... delle mezze stagioni

Al contrario della vulgata più nota e più diffusa, io credo che le mezze stagioni esistano ancora. Dopo metà settembre e fino alla fine di ottobre, forse anche fino a metà novembre, si sente da sempre l’odore dell’autunno. Non ci sono più i 40 gradi di luglio, i 35 di agosto, l’aria è più umida, la sera c’è bisogno della giacca. I Balcani e le montagne albanesi della lingua di Karaburun non sono ancora imbiancate, la tramontana ancora non soffia. Noi salentini siamo in mezzo all’acqua salata del mare, quando arriva l’inverno lo sentiamo tutto intero: il vento del Nord sale su quelle montagne disadorne, prende il freddo delle nevi giovani, attraversa l’Adriatico rafforzandosi negli spifferi del Canale d’Otranto e immergendosi un attimo nei gorghi marini, ci giunge con un’aria glaciale che ha un’unicità insospettabile, ma giustificabile, per una penisola immaginata come caraibica. Già un po’ più a Nord, le Murge frenano il miscelarsi dei venti, il freddo secco raggiunge le colline e tutti ne prendono atto.

A ottobre invece il nostro micro clima è ancora da mezza stagione. Ricordo una poesia di Vincenzo Cardarelli che imparammo a memoria alle scuole medie (allora ancora si usava) che iniziava così: Un tempo, era d’estate, era a quel fuoco, a quegli ardori, che si destava la mia fantasia. Inclino adesso all’autunno dal colore che inebria, amo la stanca stagione che ha già vendemmiato…

Perché ottobre è un mese perfetto per ascoltare la nostra natura, per visitare luoghi e godere del mare. Non è estate, non è ancora inverno. Non c’è il frastuono turistico, ma non c’è ancora il silenzio dei mesi freddi, quelli che iniziano festeggiando santi e morti e finiscono verso fine marzo con una resurrezione. È un periodo di passaggio, dove, a saper cogliere, ci sono segnali di vita diversa, colorata a metà, come si conviene ad una stagione di mezzo, come chi sta per finire dopo aver a lungo goduto, decadente e malinconica forse.

Questo è il momento delle sagre: noi non abbiamo castagne, funghi porcini e carne chianina, ma solo un po’ di noci, quel che rimane dell’olio e qualche maiale. C’è a Martano la fiera della “Volia Cazzata”, la “Sagra del maiale” a Miggiano e “La fera te lu porcu meu” a Muro Leccese e anche la “Fera de Lu paniri te e site” a Palmariggi. Qualche anno fa, era il 2010, girai per tutte queste fiere per documentare con delle immagini la novità dei ballerini, che anche ad una certa età, iniziavano a danzare e a divertirsi, tra pizziche, mazurche, un bicchiere di vino e un capocollo. (https://www.alfredodegiuseppe.it/index.php/film/32-ballerini-alle-sagre-d-autunno).

Cosa è cambiato rispetto al tempo di Cardarelli, rispetto al Novecento? È cambiata la nostra percezione, unita alla nostra differente visione delle stagioni della nostra età. Fino a qualche decennio fa i sessantenni erano vecchi, ma vecchi veramente, i lavoratori curvi dall’artrosi incipiente e dal lavoro nei campi, i signorotti troppo convenzionali per andare al mare dopo il 15 settembre. Le scuole iniziavano il 1 ottobre e tutto lasciava presagire un avvicinamento alla stagione buia, buona solo per rintanarsi in casa, di fronte alla fiamma del focolare. Oggi invece le spiagge sono ancora piene di persone in forma, che hanno una certa accuratezza nella cura del corpo, altri fanno lunghe passeggiate sui tratturi di campagna, altri ballano e suonano, cenano con un panino al camioncino di strada insieme ai ragazzi. I sessantenni corrono ancora, i settantenni sembrano ringiovaniti, gli ottantenni conoscono tutte le pillole idonee al miglioramento della vita. Oggi però ci si dimentica in fretta di ogni nostra azione, condizionati dalla velocità dei mezzi tecnologici, per cui se tra una settimana farà freddo o pioverà per due ore, ci sarà sempre qualcuno che dimenticherà che la mezza stagione sta durando, con i suoi alti e bassi, da almeno un mese. La foto di quel momento, quell’istantanea allegra o triste, condivisa con migliaia di “amici” sarà l’unica certezza, l’unica verità commentabile. Anche per questo, le mezze stagioni sono sparite: sulle foto in circolazione, oggi tutti al mare, domani col cappotto.

Da una settimana in piena notte, mi sveglia il canto altissimo di un grillo che è entrato in casa e si è nascosto all’interno della libreria, dietro un libro imprecisato e quindi introvabile. Questo scritto è colpa sua, perché sono le ore 3,15 di una notte autunnale e sono davanti alla tastiera. Ho pensato che ha diritto anche lui di godersi un po’ di mezza stagione, magari si è rintanato a casa mia, per non cantare sugli ulivi essiccati, per non vedere il residuo nerastro degli incendi che hanno affumicato ettari di buona terra. Lui è consapevole che il suo ciclo vitale sta per finire, io posso fare poco, forse collegarmi a Internet per dedicargli una canzone, cercare nel frattempo Ottobre di Vincenzo Cardarelli che così si chiude: “Ecco perché ci piaci, vago sole superstite che non sai dirci addio, tornando ogni mattina, come un nuovo miracolo, tanto più bello quanto più t’inoltri e sei lì per spirare. E di queste incredibili giornate vai componendo la tua stagione ch’è tutta una dolcissima agonia”.

  il Volantino n 32 – 7 ottobre 2023

alfredo de giuseppe

 

 

 

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