2024-02 "L'America da Toro Seduto a Trump" - 39° Parallelo

Per provare a capire perché la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d’America, rischia (scegliendo) di essere governata di nuovo da un personaggio al limite della decenza mentale e politica come Donald Trump, potrei partire da molte storie dei secoli scorsi. Potrei raccontare della caccia alle streghe del 1600 o dell’importazione massiccia di schiavi dall’Africa attraverso veri e propri rastrellamenti di uomini e donne, che avevano il solo torto di avere un colore diverso della pelle. Potrei partire da un qualsiasi racconto di persone ingiustamente condannate, di vittime del fanatismo e del suprematismo bianco e potrei così tentare di spiegare più plasticamente i motivi della nascita di una Nazione apparentemente libera, ricca e appagata e invece totalmente inespressa, violenta nelle sue contraddizioni, eccessiva in ogni sua manifestazione. Parlerò invece di un capo indiano e cercherò di interpretare le sue parole e le sue motivazioni. Non sarà esaustivo per capire fino in fondo l’ignorante populismo americano e neanche quello mondiale che come un’epidemia (questa sì letale) sta colpendo l’intero pianeta ma farà intuire il DNA, giovane genoma psico/sociologico del Paese più importante degli ultimi 150 anni, il posto dove si è sviluppata la meccanica e la tecnologia, dove si è sperimentato l’attuale modo di vivere dell’homo sapiens. È lì, nel Nuovo Mondo, che è nata l’industria del cinema, la prima catena di montaggio, la prima bomba atomica, il primo uomo sulla Luna, il primo computer alla portata di tutti, il primo telefono connesso con tutto il resto immaginabile. E ancora il marketing aggressivo, l’Intelligenza Artificiale, i robot, i software più sofisticati. Se gli USA vacillano, se sono sulla strada di un’Argentina peronista, se sono sull’orlo di una crisi socio-politica irreversibile, c’è dunque da preoccuparsi, perché ad oggi sono considerati la guida dell’Occidente “illuminato”, la potenza invincibile dell’ultimo secolo.

La Costituzione americana porta la data del 1788, dopo che gli inglesi erano stati sconfitti con l’aiuto dei francesi che a loro volta pochi anni dopo avrebbero eliminato il Re e adottato la prima costituzione che si rifaceva direttamente alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. La Carta che, sopra ogni altra scrittura, sancisce la parità tra gli uomini.

Nel frattempo, però, il popolo che era diventato americano aveva quasi sterminato il popolo dei nativi, quelli che Cristoforo Colombo chiamò “Indiani” pensando di essere sbarcato in una qualche isola delle Indie. Questi popoli, per lo più di origine mongola, che si erano stanziati almeno ventimila anni prima attraversando lo stretto di Bering, avevano una loro filosofia di vita, cercavano l’armonia con la natura e di capirne i suoi processi più elementari. Mentre i “nuovi” americani erano arrivati dall’Europa per sete di conquista, immaginando un continente pieno di oro, anche come deportati in quanto giudicati malfattori dai Paesi europei. L’America, intesa come nuovo continente, è divenuta poi valvola di sfogo di alcune nazioni in crisi e infine come ricettore di cervelli in fuga da poteri assolutisti. Insomma un coacervo di culture, di usi e costumi che si ritrovarono d’accordo in maggioranza su una sola cosa: noi siamo la razza bianca dominante, i neri sono schiavi, utili al nostro sviluppo, gli indiani sono primitivi, da estirpare da questa terra rigogliosa.

E qui prendo come paradigma delle vicende più recenti che ancora oggi si stanno susseguendo in varie parti del mondo, Toro Seduto, il capo Sioux più famoso tra i capi indiani. Era un uomo carismatico e faceva parte di quella minoranza di  nativi americani che si accorse, forse con ritardo, che i bianchi erano avidi e violenti, possedevano armi e denaro, mezzi di trasporto e vari fanatismi religiosi, un bagaglio insomma così potente da rendere quasi certa l’estinzione della sua cultura e forse di tutta la sua gente. La storia si ripete: coloni bianchi si insediavano nelle terre che erano considerate di esclusiva proprietà dei Sioux e l’esercito statunitense andava in loro soccorso se i nativi cercavano di scacciare gli invasori.

Chi è il cattivo? Toro Seduto da capo acclamato e rispettato, cercò di opporsi, prima con trattati sempre elusi, rinviati, infine traditi e poi con le armi attraverso una guerra vera e propria. Vi furono in realtà molte battaglie, in tempi e modi diversi, quasi una guerriglia continua. Toro Seduto continuò ad attaccare i coloni bianchi cercando di riconquistare le terre Hunkpapa; nel 1871 attaccò anche la linea ferroviaria del Pacifico Settentrionale, che fallì proprio perché non riusciva a completare l’opera. La resistenza Sioux fu molto dura e gestita con destrezza dal loro capo, che sapeva infondere entusiasmo e nuove energie ai suoi guerrieri. Si giunse così alla famosa battaglia di Little Bighorn dove i soldati dell’ambizioso Colonnello Custer furono accerchiati e uccisi quasi tutti, compreso il loro comandante (a tal proposito ci sarebbe da rivedere “Il piccolo grande uomo” interpretato da Dustin Hoffman, diretto da Arthur Penn, uno dei registi che tentò negli anni ’70 di smitizzare il “genere hollywoodiano” dell’America terra promessa, libera e democratica, terra del sogno e della ricchezza). In ogni caso dopo quella battaglia ci fu un seguito non da poco: alla morte di Custer i Sioux fecero capire al governo statunitense di avere comunque rispettato il Trattato di Fort Laramie, stipulato nel 1868. Il governo statunitense dichiarò di non sentirsi più vincolato da quel Trattato e nel 1877 decise di intraprendere nuove irruzioni nelle terre Sioux, costringendo molti nativi americani ad arrendersi. Toro Seduto, accusato di aver scatenato il massacro, rifiutò di arrendersi, si trasferì nel Canada, dove rimase in esilio per molti anni ai piedi della Wood Mountain, rifiutando il perdono presidenziale perché niente aveva da farsi perdonare per la difesa della propria libertà. Solo nel 1881 Toro Seduto ritornò nelle sue terre e fu subito arrestato. Poi gli fu concessa una specie di libertà condizionata che lo portò per 4 mesi addirittura in giro per le contee con il famoso circo Barnum (insieme a Buffalo Bill) che a lui naturalmente non poteva soddisfare, anche se cercava inutilmente di spiegare in lunghi monologhi le possibili ragioni di una convivenza tra le due culture. Infine ritornò  nella Riserva Indiana di Standing Rock nel Dakota del Sud. Benché anziano e ammalato faceva ancora paura e la polizia decise di arrestarlo in via precauzionale per impedire altre sommosse. Alcuni amici, giovani nativi che avevano per Toro Seduto grande ammirazione, tentarono di farlo fuggire: il capo della Polizia locale lo uccise con un colpo di pistola al petto. Era il 1890. Qualche mese prima, parlando dei “nuovi” americani, aveva pronunciato queste parole:  "La brama di possedere terre e oggetti è grande in loro. Questa gente ha molte regole che i ricchi possono infrangere, ma i poveri no. Hanno una religione che viene seguita dai poveri, ma non dai ricchi. Prendono persino soldi dai poveri per supportare i ricchi e coloro che governano! Pensano che la nostra madre terra sia solo loro, e provano a scacciare i loro vicini... se l'America fosse stata grande il doppio, per loro non sarebbe stato comunque abbastanza."

Donald Trump è uno di quei “nuovi uomini” indicati così nitidamente da Toro Seduto. Il tipico self-made man che ha aggiunto a tutto l’armamentario del buon americano la sfrontatezza delle proprie idee, la rivendicazione del proprio essere razzista, la volontà di non guardare oltre il confine degli Stati Uniti d’America, l’isolazionismo come unica filosofia politica. Ha costruito, il Trump imprenditore, un impero che neanche il fisco riesce a quantificare e a percepire, tanto che la valutazione della sua ricchezza varia da tre miliardi di dollari a zero, a secondo di come vengono analizzati alcuni dati delle sue attività, specialmente il valore della sua immagine personale (il marchio Trump) valutata in bilancio come un bene materiale. Rappresenta il nuovo modello di ricco, che non necessariamente coincide con produttività, ma sempre più spesso con venditore della propria visibilità mediatica (vedi in Italia, un Briatore o una Ferragni, seppur differenti tra loro). Lui è l’America della televisione commerciale, dei quiz e dei finti talk-show, delle donne come oggetto da esporre in pubblico, delle pistole e dei fucili come simbolo di sicurezza e di giustizia, del consumo esagerato di cibo spazzatura, dell’obesità vissuta come normalità, della Polizia ad ogni angolo, della pena di morte come vendetta, e infine dello sfruttamento incontrollato del sottosuolo, della terra e dell’acqua. In politica ha fatto e detto di tutto, ha disconosciuto le problematiche ambientali, e ha quasi destrutturato il sistema delle Istituzioni democratiche: quando ha perso le elezioni, ha spinto suoi supporter ad occupare il Parlamento di Washington. Ha tuonato contro la Cina e contro l’Europa per poi allearsi sotterraneamente con Putin, ha alzato muri e affermato con durezza la supremazia della “razza bianca”. 

Trump sarà mitomane di suo, ma ha colto il fiume sotterraneo del popolo americano, di un DNA mai cancellato, dove il suprematismo bianco è la visione da cui partire, magari a colpi di pistolettate e di duelli all’ultimo sangue. Oggi questa visione si sta impadronendo del mondo intero. Addirittura il Censis ha definito “sonnambuli” i cittadini italiani di fronte alle crisi, ai problemi e alle tragedie. Se estendiamo la definizione a tutti i cittadini del pianeta, c’è da rabbrividire. Nel frattempo Trump stravince le primarie repubblicane e il bullismo politico, ormai sdoganato nel linguaggio, negli atteggiamenti e nell’arroganza, la fa da padrone (vedi ad esempio il Sindaco di Terni, tal Stefano Bandecchi, ormai divenuto famoso a forza di volgarità, intimidazioni e ostentazione di ricchezza).

C’è una speranza di poter democraticamente controllare questo fenomeno? La Corte suprema del Colorado aveva dichiarato Trump “ineleggibile” per il suo coinvolgimento nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021. La Corte suprema degli Stati Uniti si esprimerà nei prossimi giorni sulla legittimità del meccanismo con cui era stata emessa la sentenza: cioè sulla Sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, una clausola risalente alla Guerra civile americana secondo cui chiunque sia stato coinvolto in insurrezioni o rivolte contro lo Stato dopo aver prestato giuramento sulla Costituzione non può più ricoprire incarichi pubblici. Non sappiamo come andrà a finire, ma avvertiamo l’urgenza di una presa di posizione. Dobbiamo lottare ancora perché non vinca un Trump, perché i Salvini, gli Orban, i Netanyahu, i Putin, i Bandecchi e i Meloni di tutto il mondo tornino ad essere inconsistenti, per non distruggere definitivamente quel poco di “illuminismo” che è rimasto in noi.

39° Parallelo – febbraio 2024                                                                                   

alfredo de giuseppe

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