2023-06 "Di ventennio in ventennio" - 39° Parallelo

Dovremmo essere finalmente un po’ più chiari, senza tanti giri di parole. Il mondo sta andando verso un autoritarismo di destra. Sembra una tendenza ormai consolidata. I popoli si interessano poco delle vicende politiche, sono concentrati sulle problematiche economiche e quindi il sistema di governo li sorprende senza che abbiano neanche avuto modo di intervenire, protestare, scegliere. I popoli, che nella narrativa del Novecento, sembrava dovessero diventare sempre più consapevoli e partecipi, sono invece sempre più scollegati dalle questioni della democrazia. Senza fare il giro del mondo e parlare della crisi delle democrazie parlamentari, USA compreso (e forse più di altri), veniamo dunque al nostro orticello italiano. Un esempio di finta democrazia, cervellotica nelle sue deliberazioni, burocratizzata come tutti i sistemi poco trasparenti, vittima delle consorterie di ogni risma.

Senza tornare sempre indietro di 100 anni, partiamo dal 2005, anno horribilis per la democrazia italiana. Il Parlamento con i voti della sola destra approva la legge elettorale Calderoli, poi dallo stesso definita “Porcellum”. Una legge fortemente voluta e studiata dagli uomini più fidati di Berlusconi, che ormai certo della sconfitta elettorale alle elezioni dell’aprile 2006, fece l’impossibile per votare definitivamente quella legge. Uno studio certosino portava il Senato ad un’effettiva parità o una vittoria di misura, tale da impedire qualsiasi forma di governabilità. Era una legge che per la prima volta introduceva le liste bloccate e quindi non si poteva più scegliere il proprio candidato, ma quello selezionato dalle segreterie dei partiti e più spesso dagli amici più intimi del padrone del partito. Introduceva meccanismi folli su base regionale e altre amenità che la Corte Costituzionale dichiarò più volte irricevibile nei suoi punti essenziali. Ma intanto il danno era stato fatto e non si è più tornati indietro.

Quello sarebbe stato il momento per un vero sommovimento di popolo, che avrebbe dovuto richiamare a gran voce il proprio diritto di scegliere e di esprimersi. Invece ci fu una tenue battaglia alle Camere e niente più. Il popolo dormiva, era distratto, o era stato ben anestetizzato. Da allora si è di fatto interrotta la democrazia parlamentare così come era stata prevista dalla Costituzione del 1948. E da allora il popolo ha trovato come unico antidoto quello del non voto, il disinteresse per la propria storia, la delega a uomini sempre meno valenti, fino ad arrivare a teorizzare il governo autocratico e autoreferenziale.

Nel 2006 in effetti vinse Prodi con una larga coalizione, ma si bloccò quasi subito perché governava al Senato con una maggioranza di uno/due senatori. Ci volle qualche milione di euro ma dopo meno di due anni Silvio Berlusconi “comprò” il senatore Sergio De Gregorio (sentenza definitiva) per passare con Forza Italia, così che il governo, già sotto ricatto delle luminose figure del ministro Clemente Mastella e  del senatore Franco Turigliatto, cadde rovinosamente per non rialzarsi mai più.

Come prevedibile, nel 2008 trionfò il grande Silvio, che diede per tre anni il meglio di sé: i suoi avvocati diventarono fini legislatori, i suoi giornalisti validi contrappositori seriali, le sue veline televisive la nuova gioventù impegnata, le sue aziende il fulcro intorno a cui far girare leggi e prebende, le sue cene eleganti fecero il giro del mondo. Naturalmente tutto finì in scatafascio, per cui nel 2011 l’Europa dovette “consigliarci” Mario Monti per non vedere l’Italia in default globale. Quella scellerata scelta di eleggersi i propri amici, benché piacesse a tutte le segreterie, era evidente che stava selezionando una classe dirigente inadeguata, supina, volgare, servile fino alla prostituzione. Sinistra e vari si accodarono facilmente.

Nonostante questa evidenza, nonostante le sentenze della Corte Costituzionale, i referendum abrogativi e i pareri dei più alti costituzionalisti, la nostra classe politica continuò a far finta di rivedere la legge elettorale, senza toccare l’elemento fondamentale: poter votare il candidato che ogni elettore ritiene sia migliore, non quello indicato da un ristretto comitato di uomini, spesso vogliosi di denaro e potere, spesso in malafede, spesso collusi con mafie e dintorni.

Dopo il Porcellum di Calederoli (che ora ci riprova con “l’Autonomia Differenziata”), nel 2016 entrò in vigore una nuova legge elettorale soprannominata “Italicum” a definire l’unicità della stronzata che prevedeva due modalità di voto diverse tra Camera dei Deputati e Senato. Nel 2017 con l'entrata in vigore del cosiddetto Rosatellum, valido per entrambe le Camere, sia il Porcellum che l'Italicum vennero abrogate definitivamente.

Del Rosatellum parlai qui diffusamente già nel 2022, ancora sotto il governo  Draghi, quello dell’ “Unità Nazionale” (https://www.alfredodegiuseppe.it/index.php/archivio-2022/859-2022-08-01-legge-elettorale-e-democrazia-39-parallelo) dove scrivevo:  “Senza scendere in altri lunghi tecnicismi sul ruolo dei capi politici, soglie di sbarramento, collegi e calcoli su basi regionali, penso che questo riassunto sia sufficiente per capire quanto sia complessa la materia. In effetti questa legge è la risultanza di due tendenze convergenti di partiti e movimenti: scegliere in anticipo chi deve essere eletto, manipolare la realtà dei numeri attraverso tecniche non assimilabili dalla stragrande maggioranza degli elettori”.

Oggi invece siamo in piena era meloniana. E la narrazione comincia a diventare pericolosa oltre che comica, più la prima che la seconda. Innanzitutto tutti i media partono dal presupposto che fin qui abbia sempre governato la sinistra e questo, pur smentito dai fatti, non viene ribattuto da nessuno con la necessaria vigoria. Poi c’è la volontà precisa di modificare la Storia del Novecento e quindi di modificare la Costituzione che era il perno su cui fondare la vita democratica. Ora si parla di Presidenzialismo e Autonomia Differnziata. Per attuare quest’ulteriore passaggio verso l’autoritarismo, la Meloni, furbescamente, si è posizionata al centro dell’Atlantismo e nessuno la smuove. Quelli che fino a pochi mesi erano per lei i nemici da abbattere, i burocrati di Bruxelles, i sostenitori di Soros, gli sponsor occulti di Greta, oggi sono i suoi alleati migliori, sono per lei l’appiglio internazionale su cui fondare il nuovo partito della destra tradizionale. Dove soprattutto regna ancora il sogno di una società classista e razzista, imperialista e propagandista, ancora negazionista scientifica a fasi alterne. Adesso la battaglia si è spostata dai poteri forti ai deboli emarginati, ignobilmente persistenti sul “globo terraqueo”. La destra mondiale è unita su questo: ognuno a casa sua e noi ricchi vediamo come riusciamo a difenderci. Il guaio è che il messaggio passa in profondità e pur di raggiungerlo si passa sopra a diritti universali e speranza nel futuro. La non rappresentanza adeguata, il non voto, lo scioglimento di ogni ideologia, sono la rappresentazione spettrale di un governo dei forti e dei pochi, seppure mediocri e inadeguati.

Una vera battaglia per la democrazia sarebbe una legge elettorale europea uguale per tutti i 27 Paesi. C’è qualcuno in grado di prendersi sul groppone questa battaglia? O speriamo ancora in personaggi ambigui tipo Calenda e Renzi? O pensiamo che il ravvedimento democratico di Meloni e co. sia davvero sincero? Se è così, dopo il ventennio berlusconiano, prepariamoci al ventennio meloniano. L’Italia ne uscirà distrutta, come sempre.

Giugno 2023                                                                                                                   

Alfredo De Giuseppe

 

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