2010-02 "Il canile che non vorremmo" - 39° Parallelo

La recente attenzione sul canile di Tricase, con i riflettori di “Striscia la notizia” a documentare lo stato dei fatti, ci porta a fare alcune considerazioni. Innanzitutto i canili stessi: chi non vede le forme proprie dei lager è un cieco. Lo sono comunque, qualunque sia la gestione dello stesso, perché tenere fra i 400 e i 500 cani chiusi in piccole gabbie, vuol dire condannare alla peggiore delle sofferenze proprio gli animali. Anche se si dovesse dar da mangiare scatolette di lusso e dargli una giaciglio riscaldato, resta il vincolo della prigionia per una colpa non commessa. Qual è in definitiva la colpa di questi poveri cani? Non essere di razza pura, magari dell’ultima moda, dettata dall’ultima foto dell’ultimo potente della terra? Oppure più semplicemente di non avere un padrone, un umano che si prenda cura di lui? Questa è la colpa per cui è costretto a vivere recluso per il resto dei suoi giorni? Questo dovrebbe essere il punto di partenza di un animalista che si intenerisce per le sorti di un animale: abolire in modo definitivo tutte le strutture che abbiano il senso della sofferenza, specie quelle di lunga permanenza.

Chi invece si mette dalla parte della società umana così come la conosciamo oggi, intravede nel canile la soluzione al problema del randagismo, l’unica soluzione possibile, la soluzione finale. Non si pone altri problemi, l’homo italicus del duemila, e vede nel canile il posto dove un problema viene rimosso e diviene inesistente.

Ci sarebbero invece da fare altre cose, come in molti paesi civili avviene:

  1. sterilizzare i cani randagi è molto più economico che tenerli in cattività; creare una squadra speciale per tale operazione sarebbe relativamente semplice; nel breve giro di pochi anni non ci sarebbero più randagi;
  2. il canile potrebbe essere un posto dove con facilità andare a scegliersi un cane per adottarlo e invece la burocrazia ha reso complessa anche una pratica così semplice;
  3. punire in modo esemplare chi abbandona un animale;
  4. sopprimere, come si dovrebbe fare per un semplice gesto di pietà, i cani randagi che hanno malattie degenerative o di zoppia; è un gesto che a malincuore per secoli l’uomo ha fatto con tutti gli animali domestici, ad iniziare dal cavallo: l’accanimento terapeutico è già una forzatura inutile sull’uomo, immaginarsi su un cane. (Ora per legge i canili non possono sopprimere gli animali).

Dobbiamo partire dal presupposto che uomo, cane, cavallo, lucertola o vipera debbano vivere bene: è importante non forzare il normale processo vitale, né in senso negativo e neanche in senso “positivo”. Ma questa cultura va diffusa a tutti i livelli e invece noi siamo in un circolo vizioso per cui può succedere (succede ogni giorno) che un uomo possegga una cagna, questa faccia il suo mestiere e metta al mondo cinque cuccioli, l’uomo ne tiene uno per sé e abbandoni gli altri quattro per strada, due cagnolini muoiono, due sopravvivono, vengono adottati da altri cani che sono stati abbandonati, poi vagano per le città in cerca di cibo, a quel punto lo stesso solerte uomo-cittadino critica le autorità che non risolvono il problema del randagismo, quindi si indigna perché il canile è un lager e paga le tasse anche per mantenere il canile, i suoi cani, quelli che devono ascoltare le sue lamentazioni e infine anche gli assessori.

E qui dobbiamo fare un altro tipo di riflessioni. Si è cominciato a parlare del canile di Tricase quando è arrivata una tv a diffusione nazionale come Canale 5, a dimostrazione che oggi i problemi esistono solo ad intermittenza, quando li evidenzia la televisione. Del resto un giornale è letto distrattamente da pochi “intellettuali”, mentre Striscia la notizia è vista da tutta la famiglia seduta intorno a un tavolo, all’ora di cena, in religioso silenzio ad ascoltare le denunce di bassa lega (perché per fare ragionamenti sulle grandi vicende nazionali, ci vorrebbero approfondimenti che la tv non vuole e non può fare!). Così succede che Vanna Marchi diventi una super-criminale- perversa per aver venduto ciondoli dell’amore a tutti i fessi che l’ascoltavano, mentre Cesare Previti diventi una vittima del sistema giudiziario, nonostante abbia pervicacemente corrotto i giudici in favore del suo Capo.

E’ un altro discorso ma questa è l’informazione italiana, questa è la politica italiana. L’hanno capito anche i nostri assessori che pur di uscire una volta nella vita su Canale 5, all’ora di massimo ascolto, non hanno avuto vergogna di apparire tutti insieme nella stanza del sindaco, tutti schierati e felici come bambini, mentre il primo cittadino nei cinque secondi concessi dal programma, diceva, noi, tutto a posto, abbiamo pagato i conti del canile. In quella trasmissione, mi scuseranno i cani, l’immagine più inquietante è stato il quadretto al completo della Giunta Comunale di Tricase.

39° Parallelo – Febbraio 2010

Alfredo De Giuseppe

 

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