35 - Voti senza frontiere del 2021-11-20

 

 

Blu come una Chimera

Il 27 gennaio del 2018 scrivevo sulle colonne de il Volantino un articolo riguardante l’ipotesi dell’introduzione a Tricase Porto dell’Oasi Blu. Odio citarmi e recuperare miei articoli ma a volte è indispensabile solo ai fini astratti dello scorrere del tempo, non certamente a rivendicare primogeniture e premonizioni. Qui di seguito il link di quell’articolo:

https://www.alfredodegiuseppe.it/index.php/la-mia-colonna/373-la-mia-colonna-del-27-gennaio-2018

Ora la questione a quasi 4 anni di distanza è ancora lì, ferma nei meandri del Palazzo del Potere, dove in linea teorica si dovrebbero prendere delle decisioni. Quindi è necessario un breve riassunto. Su impulso del CIHEAM Bari era nata l’ipotesi di un’area marina protetta che vedeva come epicentro gli otto km di costa tricasina. Un’area che iniziava a dare l’idea di che cosa voglia e possa diventare il Salento del futuro: un grande incubatore di idee sostenibili, dove la natura non sia solo asservita al business più becero. Inoltre si andava a limitare quell’area di pesca dilettantistica  e amatoriale (termini usati spesso solo per nascondere un vero e proprio esproprio), che andrebbe, secondo il mio personalissimo parere, completamente bloccata, così come la caccia. Di questo si discusse più e più volte all’interno dell‘Avamposto Mare, insieme a pescatori, professori di varie Università, diportisti, associazioni e cittadini attivi. Già a metà del 2018 sembrava che la cosa dovesse prendere consistenza, anche perché doveva essere un progetto pilota per altre eventuali Oasi Blu in Grecia, Albania e Montenegro. Senonché la giunta Chiuri  mise il progetto in un cassetto e da lì non uscì mai più. Nel 2020, durante la campagna elettorale nessuno osò parlarne, forse perché permane la convinzione che parlare di difesa del nostro mare significhi perdere voti. A settembre fu quindi eletto Antonio De Donno, che pur in un silenzio sospetto, ha tentato di riportare a galla l’ipotesi dell’Oasi Blu. Però all’improvviso nel marzo del 2021 si è formata una spontanea associazione denominata “Falco” di diportisti di Tricase Porto che all’inizio hanno minacciato di tutto, compreso lo sciopero fiscale, l’affondamento delle loro barche e la fine della pasta con le cozze,  se qualcuno avesse osato intraprendere questa strada così impervia. In seguito, incontrando gli esperti del  CIHEAM, questi stessi diportisti (il cui termine è molto vago, considerato che non significa neanche “sportivo”) decidevano che in definitiva quest’area da proteggere non era poi una cosa così disastrosa come era stata dipinta.  A questo punto il Sindaco De Donno fa portare la proposta in una Commissione Consiliare, quella dei Regolamenti presieduta dal consigliere di minoranza Giovanni Carità,  che dopo un anno non è riuscita a ricavarne nulla. Non che si discuta molto intorno alla faccenda ma semplicemente perché i componenti della commissione, soprattutto della stessa maggioranza, si rendono assenti quando si arriva a parlare della questione.

Ora le domande sono due, o i nostri consiglieri comunali non hanno letto le importanti interessenze (anche internazionali) che comporta l’Oasi Blu, oppure l’ambientalismo rimane una questione di facciata che viene abbondantemente superata da giochini politici di bassa, infima lega. Certo, il coraggio non manca, ma solo quello di candidarsi: per le decisioni c’è tempo. Forse c’è nei consiglieri un velato ostracismo verso tutto ciò che viene realizzato in questo nostro apatico centro urbano - fortunato per una serie di coincidenze geografiche, morfologiche e storiche - ma in questo caso non è in discussione l’affidamento di questo o quell’immobile ma l’inizio della salvaguardia del nostro mare, che rischia di diventare un mar morto, una bagnarola calda senza fauna e flora. I dati pubblicati dalla FAO nel 2020 lo dicono chiaramente, oltre il75% delle specie presenti nel Mediterraneo sono pescate a un ritmo maggiore rispetto alla riproduzione.

Sulla base della mappatura degli habitat realizzata dal partner ICR, il Regolamento dell’Oasi Blu di Tricase individua, nelle sue acque territoriali, alcune aree di particolare rilevanza e, per ognuna di esse, ne regolamenta i comportamenti da osservare nell’esercizio della pesca e delle altre attività antropiche sul mare. 

Il progetto BLUE LAND è finanziato da  Interreg – Italia, Albania e Montenegro,  attuato congiuntamente con CIHEAM Bari, il cui gestore finale dovrà essere il Comune di Tricase, che consentirebbe allo stesso di avere una Zona Speciale di Conservazione

L’Oasi Blu in analisi presso la Commissione regolamenti del Comune di Tricase prevede delle cose di buon senso e in definitiva facilmente realizzabili, cercando fra l’altro di salvare anche quella pesca amatoriale perché autorizza tutte le imbarcazioni a prelevare fino a 5 kg di pescato, salvaguardando in maniera più rigida solo una parte ben precisa di tratto di mare, una superficie di appena 112 ettari, con pregiato fondale a coralligeno.

In totale si prevede un’area rettangolare lunga  4 miglia e che si estende nel mare per circa 2 miglia, dove sarà impossibile pescare a strascico, ma che può diventare il fiore all’occhiello di un tratto di costa che finora, negli ultimi decenni, è stato spesso bocciato dagli Enti preposti (anche Legambiente) per la perdurante presenza di stafilococchi, coliformi e streptococchi fecali nel nostro mare. (Qualcuno forse dovrebbe preoccuparsi oltre che del depuratore anche degli scarichi a mare di acque reflue, di pozzi neri a dispersione e altre cose del genere, invece di perdere tempo in inutili commissioni bilaterali).

Nel frattempo, seppur partite in ritardo rispetto a Tricase, Porto Selvaggio di Nardò e Le secche di Ugento son diventate già delle operative Oasi Blu, senza balbettare e senza inutili polemiche. Mi sembra che quattro anni siano troppi anche per la solita, atavica indolenza della nostra popolazione.

Tutto questo per non prendercela un domani con qualcun altro, considerato che noi del nostro destino non vogliamo essere protagonisti, ma quasi sempre, dei semplici spettatori passivi.

 

 

 

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