15 - Voti senza frontiere del 2021-05-29

Da Foggia a Tangentopoli 

Nel 1992 gli italiani, ormai stanchi di ruberie politiche, sfacciate e sempre più pesanti, salutano con applausi e ovazioni l’operato della Procura di Milano che inaugura una serie di indagini sul connubio affari-politica, universalmente conosciute come “Tangentopoli” o “Mani Pulite”(voto 8, nonostante tutto).

La fine di quel sistema, scardinato dai giudici, sembrò rinfrescare l’aria, sembrò che l’Italia avesse davvero deciso di cambiare volto. C’erano stati arresti eccellenti, suicidi dolorosi, dimissioni e fughe all’estero. Sembrava che tutto si potesse mettere sotto un’altra luce, nella speranza di un’Europa che proprio in quegli anni raggiungeva accordi stringenti su debito e moneta unica, fissando parametri e scadenze ben precise. Il 1993 fu un anno terribile, con migliaia di avvisi di garanzia, con lo smantellamento sostanziale dei vecchi partiti e le istituzioni allo sbando. E il popolo ancora applaudiva.

Nessuno di noi aveva fatto i conti con la potenza dei media, specialmente quando essi sono asserviti ad un unico referente, che sia in grado di  comprare i giornalisti più scaltri e pagar loro lo stipendio più alto del mercato. Fu così che appena le indagini sfiorarono Fininvest, Mediaset e la famiglia Berlusconi (oltre ai suoi amici giudici, i suoi avvocati e i suoi manager, a cui va un bel 2 complessivo), una certa stampa e alcuni programmi televisivi iniziarono una battaglia di delegittimazione del pool di Mani Pulite, primo bersaglio Antonio Di Pietro, il PM più famoso.

Potrei fare mille esempi, scorrendo i giornali dell’epoca, ma basta ricordare quest’episodio: il 13 marzo 1994, il Giornale – che dopo le dimissioni polemiche di Montanelli era passato in mano a Vittorio Feltri (3 al giornalista, 1 all’uomo) – associò il nome del giudice Curtò (arrestato dallo stesso Pool milanese qualche mese prima) e dell'imprenditore Salvatore Ligresti ai magistrati del pool, Davigo, Di Pietro e Francesco Di Maggio. Sarebbero stati tutti soci di una cooperativa edilizia. Feltri fu poi condannato per diffamazione, in quanto quella cooperativa non era mai esistita, ma la notizia tenne banco per mesi e mesi, finché il buon Silvio non decise di scendere in politica “per amore dell’Italia”. In questa passione così grande era contemplata anche lo sdoganamento dell’impresentabile Lega Nord di Bossi (voto 4), razzista e secessionista, e del MSI che aveva appena candidato Fini (voto 4) a sindaco di Roma. Guarda caso prima della dichiarazione d’amore per la Patria, la mafia prepara il terreno con attentati e stragi che predispongono l’Italia al cambiamento. Alle elezioni del 1994, naturalmente Berlusconi trionfò, con pochi slogan e molta superficialità, insieme a tutta la cordata antistorica e antistato, che tanto avrebbe poi condizionato l’Italia degli ultimi 30 anni.

Queste brevi considerazioni mi son venute in mente vedendo l’ennesimo sindaco della Lega finito nei guai, arrestato a Foggia insieme ad altri consiglieri comunali: Franco Landella (nato nel 1966, già democristiano, poi fra i primi entusiasti di F.I., sempre con un voto vicino al 3) - ritenuto responsabile anche del reato di tentata concussione nell'ambito del progetto di project financing di 53 milioni di euro della pubblica illuminazione - e i consiglieri comunali Antonio Capotosto e Dario Iacovanelo oltre all'imprenditore edile Paolo Tonti. Nei confronti della moglie del sindaco, Daniela Di Donna, che lavorava nel suo stesso gabinetto, è stata disposta la sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio.

È interessante sapere che Franco Landella è sindaco di Foggia dal 2014, sempre con Forza Italia fino all’agosto 2020, quando apre una dura polemica con il suo partito per la mancata candidatura di sua cognata Michaela Di Donna alle future elezioni regionali pugliesi di settembre. Per un così nobile principio, decide di lasciare Forza Italia per entrare nella Lega, annunciando il passaggio in consiglio comunale alla presenza del segretario Matteo Salvini (2, sempre e comunque) nelle cui mani, con un discorso epico, ha metaforicamente consegnato la città e l'amministrazione.

I foggiani che vogliono in maggioranza ordine e legalità, ma solo contro gli stranieri sfruttati nei campi, lo hanno sempre premiato con una marea di preferenze, creando i presupposti di una delle città più brutte d’Italia e più inquinate dal punto di vista mafioso. La stampa nazionale ha naturalmente minimizzato e derubricato il tutto al solito amministratore disonesto. Nessun organo di stampa ha inteso approfondire un tale sistema corruttivo che evidentemente coinvolge molti strati della società. Non so se essere più preoccupato per l’impermeabilità provata dalla popolazione a queste notizie o della stampa che manovra la notizia in modo che diventi una minuzia giornaliera. 

Dell’inchiesta ormai pare non interessare più niente a nessuno, tranne ai magistrati inquirenti che hanno scritto cose importanti nelle motivazioni delle misure cautelari: “Un diffuso malcostume politico-amministrativo dai risvolti penali di indubbio allarme e gravità di cui sono attori principali i massimi vertici politici dell’ente territoriale e gran parte dei componenti del Consiglio comunale di Foggia. Ancora il GIP Antonio Sicuranza (voto 9, anche per la chiarezza): “siamo di fronte a un sistema che appare essere collaudato di asservimento ai propri interessi personalistici dei soggetti politici o anche solo investiti di compiti amministrativi che ricoprono e per loro preciso dovere, dovrebbero essere dediti solamente alla cura della comunità da loro amministrata sulla base del mandato ricevuto”

Basterebbero queste parole per riassumere bene il contesto. Voglio solo ricordare che dal 1991 ad oggi, in Puglia, in un silenzio abbastanza omertoso, sono stati commissariati per infiltrazioni criminali 20 Comuni, di cui 7 nella sola Provincia di Lecce, e precisamente Surbo (due volte), Gallipoli, Scorrano, Parabita, Squinzano, Carmiano e Sogliano Cavour.
Aprire occhi, orecchie e naso per non diventare silenziose vittime dei sistemi criminali-politici.

il volantino, 29 maggio 2021

Alfredo De Giuseppe

 

 

 

 

 

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