2008-02 ''''Tutino come un autunno''. Una retrospettiva sul rione più suggestivo di Tricase'', di Bianca Paris - 39° Parallelo

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Sarà un paradosso, ma il fatto è che più la società si proietta verso il futuro, più si scopre affascinata dal passato.

Il nuovo in arrivo al galoppo alletta, ma puntualmente sempre al galoppo delude, eccome.

Ed è in quel momento che il vecchio ci appare più bello di come era. Vorremmo tenercelo stretto il vecchio abbellito, ma per carità senza perdere nemmeno una briciola del nuovo e del nuovissimo. La curiosità ci punge. Chi fra tutti non vorrebbe dare una sbirciatina a come sarà questa nostra madre Terra e la vita e la società fra due, tre quattro secoli?

Progetto troppo ambizioso, irrealizzabile. È già tanto se riusciamo a spiare cosa c’è dietro la prima svolta e lo scenario certo non ci rallegra.

Troppo fluido e ballerino per la nostra fame di certezze.

Ma dove trovare quel pane? Forse nella stabilità di ciò che è stato. E dalli a scavare nel passato remoto e in quello recente, privato e collettivo. E dalli a sfornare servizi editoriali ricerche diari racconti romanzi sceneggiati sul passato di tutto: pietre piante animali uomini società culture sentimenti usi costumi tradizioni. Il successo è assicurato, come certo non lo è quello dei lavori volti al futuro. E cosa può accadere a quel successo quando l’analisi punta su un territorio familiare, su un passato prossimo e per sopraggiunta è fatta da un personaggio noto nel circondario? Accade che l’interesse va a mille e il prodotto editoriale a ruba.

Esemplare la riuscita recente fatica letteraria di Alfredo De Giuseppe con il suo “Tutino come un autunno”. Alfredo, per i pochi locali che non lo conoscessero, di mestiere fa l’imprenditore ed è una miniera di idee progetti acume a scrutare l’andamento sotterraneo della società, ciò che ancora non si vede ma che presto o meno presto verrà alla luce, a valutare l’opportunità di fare questo o quello, ora o più tardi. Insomma di tutto e di più con l’esclusione di una sola cosa: dormire sugli allori delle tappe raggiunte.

Lo richiede la ragion d’essere dell’impresa certo, ma lo impone il temperamento dell’uomo che, maturo per anagrafe e discernimento, è rimasto adolescente per entusiasmo voglia di dare il meglio di sé non solo alla famiglia propria ma anche a quella allargata che è il paese, il Comune. Un uomo dalla scorza indurita dalla logica ferrea dell’impresa ma anche un uomo dalla polpa tenera di una rara sensibilità per gli affetti i ricordi l’attaccamento al suolo natio alle radici, per la capacità di entusiasmarsi che molta gente, troppa, perde con il tramonto dell’adolescenza. È in questo doppio profilo dell’autore la ragione della voglia matta di promuovere beni materiali, ma anche beni, balsamo contro l’aridume di questo nostro oggi che, comodo caldo sazio, come mai fino a ieri, sembra aver perso la capacità di vivere le cose della vita, le rare cose gioiose, come le molte tristi, con l’antica visceralità.

Ed eccolo lì il nostro Alfredo intento a scattare flash su abitazioni circostanze abitudini vissute da uomoni di tutte le età. Esseri che appaiono intagliati nella pena di vivere. Pena antica, subita rassegnata e solo qua e là alleggerita da battute arguzie umorismo. Indimenticabile. Alfredo scrive con la sua aria scanzonata ed ironica.

Eppure a chi legge, il messaggio che giunge è quello di un autore che ride piange soffre in simultanea con i suoi personaggi. Questo capacità immerge il lettore nel cuore di Tutino, ma non è com’è oggi. Com’era 50 anni fa. E il lettore coglie finanche le sfumature dell’odore di quei vichi delle piazzole delle case a corte, accorda il suo tempo con quello lentissimo dell’antico borgo. Si gode le lunghe pause di giornate dai bisogni elementari e impegni ridotti all’osso.

Una suggestione che solo i fatti “raccontati” dall’arte, scrittura pittura musica danza, sanno esprimere.

Non già la cronaca che, secca e precisa, della realtà distrugge la vita.

La realtà, quella ver, non è mai definibile con rigore geometrico. Essa resta sempre a mezz’aria, sospesa tra la luce e l’ombra, tra la concretezza e il sogno. Ed è solo il “racconto” a donarle il chiaroscuro necessario a farla viva e credibile.

Nello specifico questo riesce a tutta la scrittura di Alfredo. Ma riesce soprattutto a questa sua recente fatica. Perché essa ha una marcia in più.

Il valore aggiunto è nel corredo delle commoventi foto d’epoca color seppia.

Foto di uomini che sussurrano parlano urlano il loro essere stati, il loro vissuto. E tu non sai dire se è la pagina scritta densa di ricordi emozioni fisicità odori sapori atmosfera a spiegare meglio il senso di quella foto, o se sono loro, le foto, a far palpitare le parole.

39° Parallelo - Febbraio 2008

Bianca Paris

 

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