2007-12 Lettera da Antonello Giurgola

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Ciao Alfredo,

ho aperto il libro “Tutino come un autunno” con curiosità, non sapevo cosa mi aspettasse. In realtà non sapevo neanche Tutino fosse un luogo, pensavo si trattasse del diminutivo di “Toto”, scusa la mia ignoranza. A pagina 139 mi sono accorto di aver viaggiato, di aver fatto un viaggio a ritroso nei luoghi e nell'anima dell’autore. Ho conosciuto la “colonna”, la piazza della chiesa della Madonna delle Grazie, via delle Zicche, casa noscia, il Castello…, ma non solo, ho conosciuto tua nonna Antonietta che ha imparato lei, e poi insegnato a te, come soffrire in silenzio. Toto e il suo asinello Apostolo, il pittore “Puccetto”, il tuo amico Giovanni e tanti ancora… e ho conosciuto il “RICORDO” e l’affetto del ricordo trasformato in “memoria” e scusami se mi permetto, così pieno, così ricco che ti ha permesso di superare, per come si possono superare, prove difficili che ti sei trovato ad affrontare, con sincerità, con semplicità, con il sorriso che certe volte mi indisponeva perché non capivo da dove veniva, ma che ora capisco. Una volta, mentre camminavamo per Budapest, sussurrasti appena “Autostima zero” evidentemente rivolto a me, visto che eravamo solo noi due; pur se ne ero già consapevole rimasi turbato non dal fatto che avessi l’autostima sotto i piedi ma che fosse così evidente. Ci ho pensato tanto in questi anni, la risposta era lì, la intravedevo ma non riuscivo a metterla a fuoco. Poi ecco “Tutino come un autunno” e tutto è diventato più chiaro: hai amato ami le tue radici e ne sei stato riamato, perché, penso, il primo passo per amare se stessi è ricevere amore da qualcuno, perché l’amore si impara… e se non lo si conosce si finisce per credere che non esista, né per sé, né per gli altri. Allora grazie Alfredo per avermi spiegato cosa è veramente: una Tutino da amare, un Giovanni col quale ridere, un Toto col quale magari starmene in silenzio seduto sulla soglia di quelle tue stanze umide ad ascoltare i “pensieri” di Apostolo, a stupirmi delle stelle e sbuffare il fumo di una “Nazionale” senza filtro e poi magari “sussurrare” al ricordo un fragoroso “vaffanculo!”. Tutto ciò mi è mancato, ma non sapevo quanto fino a ieri… ora la mia “anaffettività” è a nudo e chissà se sono ancora in tempo per rimediare… non voglio tediarti ulteriormente, ho scritto qualcosa che nessuno ha letto mai, se non un paio di critici che per 1500 Euro mi avrebbero candidato al Nobel, e che mi farebbe piacere se avessi il tempo e la pazienza di leggere. “Delfini e mezzelune” è la mia Tutino, tanto diversa dalla tua e così piena di odio e rancore, ma che ancora esiste sulla sua inossidabile “leccese” indifferenza. L’altro, “L’angelo dei Lisbona” è una risposta ad una intervista che due giovani un certo Giovanni e un certo Alfredo De Giuseppe mi fecero sul sagrato di una chiesa di un piccolo straordinario paese dal nome sconosciuto “Tutino”. Ciao Alfredo.

Antonello Giurgola

 

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