2007-12 "Ho conosciuto Alfredo per caso", di Pina Musarò - 39° Parallelo

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Ho conosciuto Alfredo per caso, facendo compere nel suo supermercato. Ma la vera conoscenza, quella interiore, quella dello scritto Alfredo De Giuseppe, l’ho realizzata con la lettura del suo ultimo lavoro “Tutino come un autunno”. Gli sono grata per questo dono, per l’opportunità di entrare nel suo mondo. Lo scrittore, degno del nome, non bleffa, non dice cose diverse da quelle che sente. Non può farlo perché le sue parole suonerebbero false e fredde. Al contrario, quando coinvolgono il lettore, allora significa che il messaggio ha un qualche valore e che il tempo di quella lettura non è tempo sprecato.

Gli scritti di De Giuseppe spalancano agli occhi del lettore scenari di grande interesse sul tempo presente e sulla società del passato. Colgono con grande sensibilità i problemi socio-economici della nostra società.

Raccontano di Tricase e del suo rapporto con il territorio. Da questa sensibilità Alfredo ha ricevuto la spinta verso i problemi della politica. Politica con la P maiuscola, intesa come sistema per la risoluzione dei problemi sociali e non come strumento di potere e mezzo per mortificare le legittime aspettative dei cittadini. Per De Giuseppe “la politica dovrebbe essere servizio e passione”, si dovrebbe agire per amore verso gli altri e non unicamente per sé stessi. Ed è così che la sua continua lotta per la difesa degli ideali lo porta ad essere uno dei cofondatori del neo-movimento PES (Politica di Etica e Sviluppo) (vedere il blog www.pesmovimento.org).

Scrivere di Tutino (come per noi tiggianesi scrivere di Tiggiano) per un uomo/scrittore di Tutino è il massimo della gratificazione. Significa accendere un faro su quel microcosmo nel quale lo scrittore ha vissuto, ha giocato a pallone per strada, ha fatto le prime amicizie, ha conosciuto quel territorio e quelle stradine di campagna come se fossero l’unico mondo esistente oltre il quale esiste il nulla. Il bambino vede così il suo mondo. Ha un rapporto primordiale con lo stesso e se lo porta dentro per tutta la vita. Quando poi, amministrazioni dissennate e prive di scrupoli, permettono di fare scempio del centro storico, dei muri a secco, delle case a corte, delle vecchie e belle pajare che hanno dato tante volte ristoro alla fatica dei nostri avi, ci si accorge che manca qualcosa. Alfredo De Giuseppe si è accorto di tutto questo ed ha elevato un grido di protesta alla cementificazione selvaggia, alla massificazione delle costruzioni, alla perdita di quei valori universali che la cultura contadina riusciva ad esprimere appieno e meglio della società consumistica di oggi. Ed ha potuto farlo, perché nonostante l’età, il tipo di lavoro, le responsabilità varie, in lui non si è mai spenta la voce di quel fanciullino, di cui la poetica di Pascoli ci rammenta l’esistenza; e che, spesso ignorato, continua a vivere in ciascuno di noi.

In Alfredo quella voce esprime la nostalgia di un tempo andato, che non esiste più perché non esistono più quei luoghi né quelle persone. Ma basta dare ascolto a quella voce interiore per riportare in vita luoghi e persone. L’ultimo lavoro di Alfredo è dedicato alle sue grandi donne, la sua mamma prematuramente scomparsa e sua nonna.

Ma come si fa a non amare la scrittura di Alfredo, il suo modo diretto di vedere le cose, lo stile asciutto ed incisivo? Un’anziana signora di Tutino che al proprio figlio che si congratulava perché la vedeva intenta nella lettura dell’ultimo libro, ha esclamato “…te piace lu leggi!” Ed è proprio vero!

E soprattutto, come si fa a non apprezzare i valori, la sensibilità che trapelano da quello stile? Quali sono? Quei valori consistono nella grande umanità di Alfredo e nella sua tendenza a non discriminare le persone. A considerarle tutte con grandissimo rispetto, a prescindere da ogni altra connotazione. Nella mentalità corrente di questa società, quel valore è merce rara. Alfredo, ad majora! Al prossimo libro!

39° Parallelo - Dicembre 2007

Pina Musarò

 

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