2016-03-02 "La nostra storia vista attraverso i tramonti", di Claudia Presicce - Quotidiano di Lecce

Il libro di Alfredo De Giuseppe

Siamo tutti storditi dalla magnificenza dei raggi del sole, dal respiro di un cielo quando, lontano dalle punture delle ciminiere, non squarciato da sibili burrascosi, resta immobile, lì per noi, a regalarci il senso del sublime, a ricordarci la nostra piccolezza, a farci ricordare i contatti con l’istintività che releghiamo ai margini di esistenze poco umane. Che cosa siamo di fronte al cielo? Quanto è più piccolo questo mondo se solo si guarda all’insù e ci si ferma a pensare? E’ una domanda rara per chi vive sotto un cielo di guerra, di distruzione continua e ricostruzione lenta, ma anche per chi cerca la pace, chi punta a costruire strade globalizzate da lastricati solidi che portino davvero gli uomini a camminare insieme, dando un senso ad un mondo che sembra averlo perso.

“Il vero tramonto del Salento è dalla parte dello Jonio. Devi superare Punta Ristola di Leuca per guardare in faccia l’Occidente, per iniziare la risalita d’Italia, vedere il sole rosso immergersi nelle acque che in definitiva corrono consapevolmente verso l’oceano, dopo Gibilterra”: è una storia legata al sole “Tramonti di tramonti” (Manni, 13 Euro) di Alfredo De Giuseppe. Ma anche no.

E’ legata all’idea del tramonto visto più in generale. Ad esempio al tramonto della nostra civiltà, dell’Occidente, guardato dagli spiragli oscuri della crisi, nelle chiacchiere da bar da chi pensa a quel minuscolo fazzoletto di cielo che ricopre solo la sua storia da difendere. Oppure c’è, in queste pagine così libere e fiere, il tramonto dell’ homo novus come direbbe il professor Tamoni che si è rintanato nel Salento dal lontano 1946. Età tra gli 80 e i 100 anni, il professore venuto dal nord sta in un pezzetto di terra vicino a Cerfignano sin dalla fine della seconda guerra mondiale, solo e senza famiglia, in cerca di una pace che altrove gli era stata negata. E’ sempre lì, discorre con chi lo va a trovare e dice che la civiltà occidentale è già tramontata, dopo aver dato il meglio di sé dopo il Seicento, dopo aver spinto l’uomo verso la felicità possibile: “basti pensare alle lezioni di Rousseau o all’incontenibile saggezza di Voltaire, all’Illuminismo come scuola di pensiero universale, fino ad arrivare alle Costituzioni dei paesi sconfitti della seconda guerra mondiale”.

Si capirà da queste poche descrizioni che questo libro è sospeso tra racconti e riflessioni sparse, non è diviso in capitoli, ma in narrazioni che sembrano ricongiungersi prima o poi, anche se lontanissime, in un tratto salentino o in una riflessione simile a longitudini lontanissime. C’è infatti il tramonto in Iran, in Pakistan, a Gaza, in Arizona, c’è Tricase, Lido Marinelli, Torre Vado e così via in un viaggiare che è solo fatto di storie.

Ognuna delle pagine di De Giuseppe apre e chiude piccoli mondi, mentre quello di Luca e Kejal scorre in una striscia continua lunga cinque anni, disegnati da una curda e un italiano. Lui l’aspetta ancora mentre guarda il cielo, lei è a Kobane ad occuparsi della rivoluzione del suo popolo, a difendersi dall’IS. Ma se le guerre finiscono lei tornerà.

Quotidiano di lecce - 2 Marzo 2016

Claudia Presicce

 

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