Libere fenomenologie del 2023-02-18 - ...di Massimo Terni...

 

Ho conosciuto Massimo Terni in una di quelle ondate di intellettuali, cineasti e scrittori che nella prima decade di questo secolo scoprivano il Salento dei borghi, dell’entroterra, abbandonando le spiagge e il mare alle truppe massicce di volgari gitanti. Alloggiava a Depressa e si incontrava con altri suoi amici milanesi e romani tra Diso, Marittima, Ortelle e Spongano, in una sorta di ritrovo esotico-edonistico. Mi impressionò subito per quel suo andamento originale sia fisionomico che intellettuale, oscillante tra il cinico disincanto e l’interesse divertito. Ma era chiaramente un’impressione superficiale, né poteva essere diversamente, date le circostanze, quasi sempre culinarie dei nostri incontri. E ne scrivo oggi perché ora tutto mi è più chiaro. Dopo aver pubblicato molti libri accademici, inerenti la sua attività di docente di Storia delle dottrine politiche presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, Massimo Terni ha deciso ora di svelarsi attraverso il libro “Cathay Hotel” (Ed. Ponte Sisto - 2022). Qui Massimo Terni compie un’operazione complessa, ponendosi una serie di domande molto forti: chi erano davvero i miei genitori, chi sono io, perché ho vissuto con una perenne inquietudine, da dove parte il malessere esistenziale?

E qui comincia un racconto che diventa interessante e appassionante per la sua unicità, per le verità nascoste o ipocrite del Novecento, per diventare infine un qualcosa di più e di diverso rispetto ad una semplice autobiografia. Suo padre, Piero Terni, è un ebreo italiano che negli anni venti si trova nella Shangai corrotta e occidentalizzata, dove tutto è possibile e tutto ha molte sfaccettature. L’ebreo Terni è probabilmente una spia al servizio dei giapponesi, amico dei tedeschi della Gestapo e questo gli permette di vivere una vita agiata e spregiudicata. Conosce una giovanissima e bellissima cinese di nome Pao Ying, anche lei di famiglia benestante, se ne innamora. Si sposano nonostante le contrarietà storiche e culturali dimostrate dalle rispettive famiglie. Nasce Massimo e vivono i primi anni nella suite del Cathay Hotel. La madre e il bambino sono ignari della vera attività di spionaggio del padre, di cui, è bene dirlo, rimane una speculazione successiva della famiglia, perché non vi è prova o traccia di questa collaborazione. Scoppia la rivoluzione comunista: loro potrebbero scappare, come molti cinesi facoltosi, dietro il generale Chiang Kai-shek, all’isola di Taiwan, ma preferiscono trasferirsi a Londra, dove inizia un periodo di difficoltà economiche.  Massimo inizia ad andare a scuola e pur consapevole delle difficoltà relazionali dei genitori, pare abbia trovato una sua dimensione. Dopo il divorzio dei due genitori, la madre scappa a Milano, il bimbo rimane ancora un anno col padre, poi lei torna e lo riporta in Italia dove lei ha trovato un altro uomo, ricco e disponibile. Massimo che parlava nella prima infanzia solo mandarino, poi fino ai sette anni solo inglese, si ritrova in Italia, ad imparare una nuova lingua, una nuova cultura e nuove difficoltà, legate in parte al suo aspetto fisico “misto” e in parte alla gestione degli affetti familiari sempre un po’ troppo sopra le righe. Da lì una serie di cambiamenti, di “rivoluzioni”, di salite e discese, ricchezze e decadenze, soprattutto solitudini, incubi e domande irrisolte.

Il libro è in realtà due cose: una lunga seduta psicoanalitica, e un intreccio storico-culturale sulle vicende del Novecento. La seduta psicoanalitica si traduce già nelle prime pagine nella spasmodica ricerca di una propria identità che l’autore sente di dover riprodurre attraverso una conoscenza scarnificata, a volte lacerante, delle vicende umane dei suoi genitori. Non è leggero con nessuno dei due: il padre, un avventuriero bugiardo, capace di nascondere la verità fino alla morte (avvenuta in povertà a Londra); la madre, una possessiva e incostante donna cinese che faceva della bellezza il suo punto di forza, ben adattata al mondo occidentale ma mai realmente lontana da quel mondo arcaico da cui proveniva. In definitiva il libro serve innanzitutto a Massimo Terni per liberarsi dai fantasmi dei suoi due genitori (e poi dei patrigni), ci lavora molto intorno e all’interno del libro ci torna costantemente, forse anche con qualche ripetizione eccessiva. Ma il libro apre anche uno squarcio interessante, prima sulla Cina invasa dai giapponesi, e poi su quella della rivoluzione maoista. Uno sguardo intrecciato con la vita occidentale che a noi manca per una serie di motivi, primo tra tutti quell’ipertrofica sensazione di vivere dalla parte essenziale della Storia, di comprendere il tutto con la nostra visione da “uomo bianco”. Massimo Terni, forse involontariamente, raccontando fin nei dettagli alcuni passaggi fondamentali della sua esistenza e della sua anomala famiglia, apre nel lettore la vista di mondi diversi, paralleli e spesso contrastanti che quando si incontrano rischiano di produrre danni e tragedie se non banalmente conditi da due componenti importanti, amore e verità.  Un bel libro, scritto benissimo, che consiglio per imparare cos’è “la confusione interiore” e la “confusione globale”, per riempire qualche ora del nostro tempo, qualche casella dei nostri file, di una Storia che, se non approfondita, rischia di sfuggirci e di stroncarci ogni giorno di più.

Con Massimo Terni, come dicevo, abbiamo trascorso qualche bella serata salentina, durante le quali ci divertivamo a prendere in giro le nostre amiche organizzatrici di feste e raduni. Insieme a lui e Gigi Za avevamo coniato l’innocente epiteto “le streghe di Diso”, riferendoci a persone di grande spessore e intelligenza, ma che non volevamo si prendessero troppo sul serio. Alcune di loro purtroppo non ci sono più, anche le serate culinarie paiono finite. A noi, accettando l’imperfezione delle contraddizioni, rimane qualche storia da raccontare.      

 il Volantino  n. 5 – 18 febbraio 2023

alfredo de giuseppe

 

 

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