Libere fenomenologie del 2022-11-12 - ...delle invasioni barbariche...

   

 

PREMESSA: Pati Luceri non è solo un ricercatore storico attento e prolifico, ma anche un militante della giustizia internazionale. Si oppone con forza e spesso con digiuni della fame contro le ingiustizie del dittatore turco Erdogan. Io divido con lui una serie di informazioni e di mobilitazioni in favore del popolo curdo, che è perseguitato da tutti e protetto da nessuno, men che mai da quell’Europa che ipocritamente si volta dall’altra parte ogni volta che potrebbe intervenire. Luceri è un raro esempio di intellettuale ancora passionale, non è amorfo o neutrale davanti agli avvenimenti storici, non si è arricchito con pubblicazioni e apparizioni televisive, non condivide il racconto banalizzato che si fa del fascismo in Italia: lo scrive e lo dichiara sempre a chiare lettere. Conosce il curdo e il greco, ama la sua terra, la verità che ritiene stia per essere affossata per sempre.

L’ANTEFATTO: al centenario della marcia su Roma, si è insediato in Italia un governo di destra, tra l’applauso generale, compreso intellettuali ex progressisti, cerimonie a Predappio, camicie nere e saluti romani. La Polizia non interviene, perché il Ministero degli Interni è occupato a fare propaganda sui respingimenti di poveri cristi in mezzo al Mediterraneo, non può pensare a “qualche scalmanato fascista”. Il Prof Luceri telefona per dirmi: “Guarda che alla fine di ottobre non c’è solo la ricorrenza della Marcia su Roma, ma anche l’anniversario dell’inizio dell’invasione della Grecia che avvenne il 28 ottobre 1940 per farlo coincidere con quello del 1922, che rappresentava l’inizio dell’era fascista (che infatti, come avvenne per l’era cristiana, iniziò a contare gli anni nei documenti ufficiali indicandoli con numeri romani a cominciare da quel 1922).Non dimenticare anche tu!”

IL FATTO: il 28 ottobre 1940 (XVIII anno dell’era fascista), dopo aver invaso l’Albania nel 1939, dopo varie provocazioni verso la Grecia che voleva assolutamente rimanere neutrale rispetto alla Guerra che si stava scatenando in Europa, l’Italia Imperiale, su volere diretto di Mussolini e Ciano (e un timido dissenso di Badoglio e dei diplomatici presenti ad Atene), decise di invadere la Grecia, partendo dai confini con l’Albania. Qual’era il recondito interesse di un’invasione immotivata e comunque azzardata da un punto di vista militare? Dimostrare all’amico Adolf Hitler che l’Italia era un’entità, che la gloriosa Italietta poteva condurre una sua guerra autonoma, basata su conquiste proprie, non collegabili ai voleri del governo tedesco. Era il concetto di nazionalismo che vinceva sulla realtà, che si sfaldava però non appena la propaganda non era più sufficiente. Infatti sette mesi dopo, nell’aprile 1941, dovettero intervenire i tedeschi per vincere la resistenza greca: l’Italia formalmente vinse ma fu l’inizio della reale sottomissione psicologica e militare allo strapotere di Hitler. Fin qui i libri di Storia sono tutti concordi. Dov’è la sottovalutazione, dove si annidano le manomissioni e le dimenticanze di noi italiani rispetto a quella barbara invasione?

Secondo una ricostruzione ormai condivisa, ma non sufficientemente divulgata, fino alla primavera-estate del 1943, fino cioè al passaggio dalla parte degli anglo-americani, i nostri soldati si macchiarono di gravi crimini di guerra contro civili inermi. Ci sono molti libri, usciti però solo in questi ultimi anni, che raccontano con dovizia di particolari molti episodi vergognosi della nostra storia, ancora più meschini perché nascosti a noi e ai familiari delle vittime. Significativo il caso della strage di Domenikon, un paesino di 600 abitanti della Tessaglia, quello finora più noto: nei pressi del villaggio si era svolto uno scontro a fuoco con i partigiani greci. Erano morti otto greci e nove italiani del CXX Battaglione Camicie Nere, che erano in appoggio alla Divisione Pinerolo. A quel punto dai vertici del comando italiano fu deciso di bruciare interamente il villaggio e di rastrellare tutti gli uomini di età compresa tra 14 e 80 anni, uccidendone infine 150.

Sull’argomento consiglio un libro del 2021 di Vincenzo Sinapi dal titolo “DOMENIKON 1943, quando ad ammazzare sono gli Italiani” (Mursia Editore). Inoltre il regista Giovanni Donfrancesco ha girato un importante documentario “La guerra sporca di Mussolini che non è mai andato in onda sulla RAI, perché “disinteressata al progetto". Si può vedere su YouTube al link https://youtu.be/Da4Zyp4XAv0: sarebbe fortemente educativo proiettarlo nelle scuole italiane. Intanto Pati Luceri sta scrivendo un libro più approfondito con l’elenco completo dei villaggi dove si sono consumati omicidi, stupri, saccheggi e violenze di ogni genere, oltre al dettaglio nominativo dei 110 italiani ritenuti responsabili per i crimini commessi in Grecia. Naturalmente nessuno dei 110 fu processato, estradato o condannato, qualcuno fu promosso e qualcun altro era ancora nei servizi segreti al tempo delle stragi di Stato degli anni ‘60 e ‘70.

CONCLUSIONE: se avessimo celebrato quelle stragi come quelle di Marzabotto o delle Fosse Ardeatine, magari con un processo tipo Norimberga, probabilmente il sentimento di eccessiva tolleranza tenuto dagli italiani verso il fascismo anche dopo il ventennio, avrebbe potuto sortire una società civile più consapevole. Forse avrebbe generato un altro tipo di atteggiamento politico, e anche culturale, forse saremmo diventati un po’ più severi nel gestire gli impulsi dittatoriali, da sempre strada semplificata nella gestione del potere. Certamente i tedeschi non hanno avuto fin dal 1948 un partito in Parlamento che potesse inneggiare alle gesta del Fuhrer, come invece è successo da noi con Almirante e Rauti. Ed ecco perché, dopo cent’anni, siamo quasi punto e a capo. Oggi siamo all’anno I dell’era Meloni che, attenzione, non si chiama più fascismo: il nome vero lo daremo più in là.

il Volantino  n. 36 

alfredo de giuseppe

 

 

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