Libere fenomenologie del 2022-09-17 - ...dei sondaggi dei perdenti...

    

I sondaggi sono una manna dal cielo per i vincenti e una disgrazia apocalittica per i perdenti, per i protagonisti dati per persi, o meglio per i dispersi nelle nubi della politica. Mentre sul treno dei vincenti c’è un’incredibile corsa a salire sul vagone migliore, in quello dei perdenti tutto si gioca su un piano inclinato, quasi sempre in difesa, o a tutela della propria incolumità. In ogni caso più sei giù, più ti tirano in basso. A dire la verità c’è un’eccezione, il PD, che nei sondaggi va sempre meglio rispetto ai risultati reali. Ci sarà un motivo, ma è un arcano, i suoi dirigenti non ce lo vogliono svelare. Ci provano, poverini, ad essere credibili e fantasiosi, ma proprio non riescono mai a cogliere il bersaglio. Immaginate che viviamo in una Regione il cui Presidente non si può fare la tessera del Partito Democratico perché non si dimette da magistrato. E quindi può dirsi “civico” o leader del civismo, che vuol dire tutto e niente, può essere amico di Pippi Mellone (Ultradestra) e di Stefano Minerva (Giovani Democratici), può avere una giunta multicolore e amicizie talmente trasversali da attraversare l’intero arco costituzionale. Talmente civico che il suo uomo di fiducia, capo di Gabinetto alla regione Puglia, non tesserato al PD, possa diventare il primo in classifica nella lista del PD. Uno, Stefanazzi, che è nato a Tricase e che finalmente qualcuno ha conosciuto quando è venuto per girarsi un video elettorale, dove la retorica delle radici funziona sempre. Uno, Emiliano, che dà un pessimo esempio della politica di sinistra ad ogni piè sospinto, tanto che mi viene il sospetto che sia capitato in quel campo per puro caso, così come in una lotteria, dove tutto è possibile. E purtroppo, come Emiliano, ce ne sono molti nel PD, da Trieste in giù, e nessuno riesce al suo interno a dire con chiarezza che questo modo di intendere la politica non porta da nessuna parte, perché segue il vento del momento, non ha idee portanti e men che meno utopie, non riesce a fare neanche l’ordinario, perché a quel punto gli interessi si sono talmente intrecciati da non capirci più nulla. (Ha provato a dirlo qualche settimana fa il consigliere regionale Amati). Un disastro, creato già nel 2007, che persone razionali avrebbero cercato di smantellare al più presto e invece sono ancora lì ad arrovellarsi su come procedere. Nei sondaggi (nella testa di quei famosi 300-500 cittadini) è vissuto come il partito affidabile della governabilità, nelle urne emerge invece come il Partito della continuità negativa, come il pachiderma che ha smarrito la strada. Del resto il PD è una specie di balena bianca del nuovo secolo, che tutto contiene, tutto abbozza e non lotta per nessun vero progetto futuribile.

È dato perdente anche il M5S di Giuseppe Conte. Qui c’è un dato incontrovertibile: il Movimento aveva il 33% nel 2018 ed è riuscito nell’impresa di disperdere in pochi anni ben oltre la metà dei propri elettori. Più che una manchevolezza sui programmi o sulle idee, qui siamo di fronte ad un vero e proprio suicidio organizzativo. Cosa che era ben chiara già il mese dopo quelle elezioni politiche stravinte ovunque: regolette da asilo infantile, ego incontenibile di troppi guru e strafalcioni istituzionali, passando senza vergogna dai gilet gialli a Mario Draghi, attraversando l’inferno di Bibbiano e le ONG trattate come nemico pubblico numero uno, in vivace collaborazione con Matteo Salvini. In periferia sono alleati del PD - vedi Puglia- con una visibilità pari allo zero virgola. Trovare un entusiasta del M5S è difficile, forse prenderà il voto di chi crede nella elegante e moderata figura del suo leader. Anche qui se raggiungerà il 15% ci sarà felicità perché i sondaggi lo davano al 12% (quasi non contasse il 33% delle scorse elezioni).

“AZIONE” della ritrovata coppia Calenda-Renzi è alla ricerca del solito centro gravitazionale, una fantasia che aleggia sull’Italia da tempo immemorabile senza mai avere un supporto certificato dagli elettori. Se il neo partito raggiungerà il risultato di quel che fu il movimento di Mario Monti nel 2013, circa il 10%, si brinderà a champagne per un anno, dicendo che c’è un vincitore del torneo.  

Un discorso a parte meriterebbe l’alleanza “VERDI-SI”. Un partito dei Verdi in Italia non è mai davvero esistito. Non so esattamente quale sia il motivo. Vendola aveva provato a fare il SEL (Sinistra Ecologia Libertà) e fu un disastro, per il semplice motivo che la parola Ecologia apparve ai più strumentale, senza cioè nessun vero programma alternativo al corso degli eventi. Ora, allo stesso modo, Sinistra Italiana e Verdi si uniscono per tentare di raggiungere il quorum, senza farci capire bene che direzione vogliono prendere, la vera visione della società dei prossimi decenni di transizione ecologica. A questo aggiungi che i due leader incontrastati Fratoianni e Bonelli riscaldano i cuori come un ghiacciolo a Natale. Intanto nei paesi europei più evoluti i verdi viaggiano tra il 10 e il 20 per cento, qui rischiano di non entrare in Parlamento. Forse in Italia è mancata una Greta Tumberg, forse questi partiti vengono intesi come lasciapassare per pochi indispensabili nomi, forse abbiamo un sistema così aggrovigliato e intruppato dentro gli affari che è impossibile per chiunque creare una vera sensibilità ambientale, certo è che anche i Verdi son dati perdenti. Mi chiedo: se non è questo il momento storico di vedere esplodere un partito davvero ambientalista che sappia fare programmazione, quando sarà? Forse quando andranno in pensione almeno Bonino, Della Vedova, Fratoianni, Bonelli & Co. e lasceranno spazio a forze più appassionate, più operative, anche più arrabbiate. Intanto se supereranno la soglia del 3% vedremo finalmente dei sorrisi. Perché il bello dei sondaggi dei perdenti è questo: basta un niente per sentirsi soddisfatti.

(nella prossima puntata la ricetta del momento)

il Volantino, 17 settembre 2022

Alfredo De Giuseppe

 

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