Libere fenomenologie del 2022-04-23 - S. Berlusconi

Chiarisco in anticipo, all’inizio di questa nuova rubrica, con l’aiuto della Treccani, il termine fenomenologia: “nella storia della filosofia il termine è presente, con diverse accezioni, in Lambert, in Kant e in Hegel, ma il significato che ha prevalso su tutti gli altri fino ai giorni nostri è quello che assunse nella filosofia di lingua tedesca del tardo Ottocento e del primo Novecento, allorché venne a designare un modo del tutto nuovo di rapportarsi al «fenomeno». In particolare, in Husserl, padre fondatore della scuola fenomenologica, «fenomeno» non designa semplicemente il modo di apparire delle cose al soggetto, ma anche le cose stesse in quanto si danno nei fenomeni; e perciò per Husserl la fenomenologia, in quanto «ritorno» ai fenomeni, è, secondo la notissima formula, «ritorno alle cose stesse».

Riassumere un “fenomeno” partendo dall’attualità sarà la sfida di questa pagina. Nell’elenco delle moderne e libere fenomenologie non potevo non partire da Silvio Berlusconi, il padre di molti recenti fenomeni. Ho conosciuto personalmente negli anni ottanta il buon Silvio, io da semplice e periferico gestore di un supermercato Standa e lui da Presidente della storica catena di Distribuzione Organizzata, che aveva appena acquisito da Montedison. Era l’ennesimo regalo della politica craxiana, all’interno di una Milano da bere, di una famelica corsa alla ricchezza eversiva.  Lui, in quell’ambito, in quelle convention teatrali, dimostrava in ogni passaggio l’inconsistenza cognitiva della materia e la furbesca pensata di usare i marchi più noti per la pubblicità sulle sue televisioni. Ecco la prima conclusione: più furbo che intelligente, più politicante che idealista, più zelig che olivettiano. In definitiva la Standa fu smembrata, con un sostanziale fallimento del progetto di rilancio e ammodernamento: gli esperti del settore considerarono il suo ingresso nel campo della Distribuzione una iattura storica. Appena decise di entrare in politica, ricevetti una telefonata da un suo stretto collaboratore che aveva appuntato il mio nome come possibile candidato della nascente Forza Italia, in quanto “sarà un partito azienda e teniamo conto delle segnalazioni sul territorio, collegato ai nostri affiliati commerciali”. La presi per l’ennesima barzelletta e rifiutai immediatamente qualsiasi contatto, buttandomi nello stesso periodo nella costruzione di quella che poi sarebbe stata la lista a Tricase di “Città per l’Uomo”. In quel momento rifiutai perché convinto di altre cose, perché tentavo di avere una mia interiore coerenza, certo non immaginavo che quell’uomo un po’ rocambolesco, figlio della peggiore partitocrazia, della dilagante corruzione, avrebbe poi rappresentato “il nuovo”. (Certamente però la mia pensione sarebbe stata migliore di quella di un commerciante).  

Da allora l’ho sempre seguito con una certa curiosità e non c’è stata una sola volta che abbia apprezzato il suo senso dell’impegno politico e civile. Son diventato una specie di studioso del berlusconismo, leggendo libri, dossier, articoli e quindi salto volontariamente tutte le malefatte di questi ultimi decenni, dalle leggi ad personam (tipiche di uno Stato autoritario), dalle tenui condanne per evasioni fiscali, fino ai processi vissuti come tragedia nazionale, l’iscrizione alla P2, le sue interconnessioni con la mafia, i suoi maggiori collaboratori indagati o in prigione, i suoi governi populisti e cangianti su ogni provvedimento in funzione di sondaggi, la sua vita privata, le sue feste “eleganti”, le sue gaffe internazionali. Tralascio tutto questo per concentrarmi sulla vera fenomenologia che riguarda il Silvio Nazionale. Come fa un uomo così bizzarro e compromesso a diventare per ben quattro volte Presidente del Consiglio, e appena due mesi fa addirittura candidato delle destre quale Presidente della Repubblica? Qual è il fenomeno per il quale sulla sua persona si abbatte una ricorrente ma inesorabile rimozione dei suoi comportamenti?

La risposta è duplice. Da un lato c’è un popolo, quello italiano, incline alla barzelletta, capace di dimenticare in fretta, senza studiare o perdonare, semplicemente cade nell’oblio perché più confacente al proprio tornaconto. Dall’altro c’è il suo strapotere sulla stampa e sulle televisioni. Quando, a metà degli anni ottanta gli fu consegnata in sostanza la possibilità di creare l’unica alternativa alla RAI (ricordate il famoso duopolio?), Berlusconi, da furbo qual è, intuì di avere in mano uno strumento di pressione sulla politica e di convincimento delle masse davvero micidiale. Da allora è un susseguirsi in Tv di pseudo giornalisti che guidano telegiornali, trasmissioni d’intrattenimento e talk-show vari che hanno un unico obiettivo: sopire e rallentare le polemiche intorno al proprio padrone pagatore, rigirare la frittata ad ogni piè sospinto, rimettere magicamente il Berlusca al centro dell’attenzione ricreandogli di volta in volta una verginità immacolata, sempre prossima alla santità (con l’aggiunta del martirio, qualche volta).

In queste ultime settimane ha monopolizzato l’attenzione circense con una pagliacciata chiamata non-matrimonio, una cerimonia svoltasi con i suoi più stretti amici/collaboratori/politici, in cui ha simulato un matrimonio con Marta Fascina (classe 1990), che nel 2018 dal nulla era stata eletta  magicamente alla Camera dei Deputati. Escluso qualche battuta sulla differenza d’età (lui è del 1936), i media italiani si sono limitati a celebrare l’evento come la solita goliardata dell’ex cavaliere. Nello stesso periodo Putin invadeva l’Ucraina, il mondo si paralizzava sulla possibilità di una guerra mondiale, l’Europa rispondeva con sanzioni, l’America voleva la guerra di trincea. E lui, l’amico più sincero dell’emisfero occidentale dell’autocrate russo, per oltre 45 giorni che dice? Nulla, non trova le parole per parlare della guerra, per prendere le distanze dal suo amico Putin, con il quale ha diviso il lettone e probabilmente una bella fetta di percentuali sul gas. Quello che infatti ci sarebbe da ricordare sono i seguenti fatti: quando Paolo Scaroni, (già arrestato per tangenti nel 1992), guarda caso, attuale presidente del Milan calcio, era a capo dell’ENI e Silvio capo del governo – era il 2009 - fu accettato un contratto capestro, a prezzi più alti, che prevedeva una dipendenza italiana dal gas russo di circa il 40% del fabbisogno totale (negli anni novanta era al 20%). Già allora gli analisti seri ebbero qualcosa da ridire, ma naturalmente tutto passò sotto la coltre del berlusconismo vincente, quello dell’allegra finanza, delle operazioni off-shore, della cupe nube mediatica che tutto ha capovolto in questi ultimi trent’anni.

il Volantino - 23 aprile 2022

Alfredo De Giuseppe

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