128 - Un NO al referendum - 2020-07-11

Il 20 e 21 settembre oltre al rinnovo di 1.050  amministrazioni Comunali, alle elezioni in 7 Regioni, si voterà anche per 1 referendum: si parla di riduzione del numero dei parlamentari. Ancora una volta si tenta di mettere mano all’assetto istituzionale con leggi singole, spesso improvvisate, e non con una revisione completa (e complessa) del progetto architettonico studiato dalla Costituzione sulla quale si fonda la democrazia italiana. E noi dovremmo dire un semplice si, senza neanche pensarci due volte. Oltretutto è un referendum confermativo e quindi non c’è bisogno di raggiungere un quorum affinché l’esito sia valido.

La legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi, è stata approvata in Parlamento nella seduta dell’8 ottobre 2019, con una maggioranza bulgara: votanti 567, favorevoli 553, contrari 14, astenuti 2.

Per fortuna un quinto dei senatori, come previsto dal dettato costituzionale, ha richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare. Si sarebbe votato il 29 marzo, poi l’emergenza Covid ha fatto slittare la consultazione al prossimo mese di settembre.

Proprio perché votata da tutti i partiti questa legge va attentamente analizzata, perché non si può decidere sull’onda di un populistico, propagandistico ma molto ipotetico risparmio economico una riforma costituzionale che rischia di compromettere definitivamente il rapporto fra territorio, elettori ed eletti. Una legge apparentemente semplificatrice che diventa un vulnus per la democrazia.

Con la nuova legge avremo un Parlamentare ogni 150.000 abitanti contro i circa 95.000 di oggi e un Senatore ogni 300.000 abitanti contro gli attuali 188.000. Già oggi è difficile riconoscere un proprio eletto, perché spesso si tratta di nomi calati dall’alto, senza nessuna relazione con i nostri comuni se non quella del partito/movimento nazionale che riesce a farsi votare per slogan strutturali e non certo su proposte idonee al corretto sviluppo geo/storico di un determinato territorio. Il tutto frutto di insensate leggi elettorali, create alla bisogna, da governi sempre più carogneschi (vale per tutti il famoso Porcellum voluto da Berlusconi e firmato da Calderoli della Lega). Non si è pensato di correggere quest’assurdità, ma addirittura di amplificarla!   Io oggi non so ad esempio quale onorevole rappresenti in Parlamento il Capo di Leuca. Mi informo al volo e verifico che al di sotto di Maglie-Casarano non c’è nessuno. Liberi e Uguali, tanto per fare un esempio, alle Politiche del 2018 ha eletto un solo deputato in Puglia: si tratta di Rossella Muroni che vive a Roma, opera nella sua città e mai nessuno di noi pugliesi l’ha vista o sentita, neanche a mezzo social.

Una riduzione dei parlamentari avrebbe dunque un senso solo nel caso di una revisione complessiva del funzionamento dello Stato, che debba prevedere una legge elettorale funzionante, ridefinire i ruoli delle Regioni (io propendo per la loro eliminazione), delle Province (che vanno rafforzate)  e dei Comuni (che vanno uniti almeno da un punto di vista organizzativo). Eliminare al più presto voci inutili ed enti mangiasoldi, rimettere in moto il buon senso prima delle furberie, copiare il meglio di ogni altra nazione europea. Cominciare a vedere l’Europa come il terreno fertile dove costruire la nuova scuola, la difesa comune (svincolata dalle aggressive politiche statunitensi) e il sostegno sociale. Tutto questo dovrebbe essere nell’agenda di ogni nuovo governo, di ogni singolo deputato e invece cosa andiamo a decidere? Solo la loro riduzione numerica, senza neanche l’ipotesi di una nuova legge elettorale che garantisca almeno una rappresentanza diffusa in modo paritario per tutta l’Italia.

Adesso abbiamo una sola vera scelta: votare NO. Come nel 2016 dicemmo NO alla farlocca riforma che voleva Renzi, bocciata come un ibrido che non riformava nulla ma peggiorava solo l’interpretazione di una Costituzione che per fortuna fu scritta da eminenti studiosi in un italiano dotto ma comprensibile.

Con la nuova legge, ad iniziare dalla prossima legislatura, ci sarebbe un risparmio di circa 60 milioni l’anno. Basterebbe togliere qualche piccolo privilegio o mille euro al mese dagli stipendi di tutti parlamentari per avere un risparmio ben superiore. Quindi non è una questione di soldi, è un problema di filosofia politica. Ma anche di posizioni pratiche: più necessarie sarebbero piccole riforme interne alle stesse Camere. Ad esempio: se un parlamentare per due anni non supera almeno il 50% delle presenze dovrebbe essere espulso automaticamente; se il parlamentare è particolarmente rissoso e viene espulso dall’Aula per almeno tre volte l’anno, lo stipendio gli venga bloccato per sei mesi. Regole di buon senso, regole valide in altri consessi, regole che davvero rendano più uguali i nostri onorevoli. (Chiamatele Daspo, espulsioni, ammonizioni, controlli, verifiche, lobbysmo, furberie varie).

Votare invece la loro semplice riduzione implica notevoli rischi, non ultimo quello demagogico delle riforme fatte in nome del popolo arrabbiato, che poi dovrà tenersi i tagli alla sanità e alla scuola, seguendo lo stesso schema del risparmio. A meno che l’intento finale non sia quello di risparmiare così tanto da arrivare alla necessaria riforma che preveda una decina di persone a decidere su tutto, magari con una più forte e decisionista che delibera ancora più degli altri nove. Per fare un gran casino penso che basterebbero: la Storia ce lo ha già raccontato.

Bisogna votare NO perché per riformare la Costituzione, dopo 75 anni, bisognerebbe convocare una nuova costituente, eleggere a tal fine persone esperte e perbene, cambiare alcune regole in relazione alla nostra appartenenza europea, adeguando l’intero assetto istituzionale alla velocità della nostra epoca. Certamente non potremo rifondare una nazione seguendo la Quarta Repubblica di Nicola Porro su Rete 4. No, proprio No.

La mia colonna - il volantino, alfredo

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