124 - Minneapolis ci fa amare l'Europa - 2020-06-06

A Minneapolis, nel Minnesota, Stati Uniti, un poliziotto nel maggio 2020 può torturare per strada un arrestato, comprimendogli per circa dieci minuti il collo con tutto il proprio peso, e poi far risultare dall’autopsia che sia morto per cause naturali e malattie pregresse. Se non ci fosse stata una telecamera sarebbe passata come una morte accidentale, dovuta all’uso di sostanze stupefacenti, oppure per una caduta sul marciapiede.

Nella Russia di Putin ci sono persone in carcere da anni per aver semplicemente tentato di creare un partito davvero alternativo alla sua idea di democrazia. I giudici danno quasi sempre ragione all’esecutivo, rendendo quindi impossibile qualsiasi forma di seria ribellione. Diversi omicidi di giornalisti sono stati derubricati come semplici fatti di cronaca nera, di omicidi passionali o come liti fra ubriachi.

In Egitto, dopo il caso Regeni, irrisolvibile perché coinvolto tutto l’apparato militare, la Polizia ha arrestato, nel gennaio di quest’anno, Patrick George Zaki, 27 anni, attivista egiziano per i diritti delle Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), studente a Bologna nel primo programma Erasmus Mundus dedicato agli studi di genere. Secondo Amnesty International è stato trattenuto illegalmente e torturato, inventando un precedente mandato di cattura che non esisteva. Ancora oggi è detenuto senza aver potuto difendersi davanti ad un tribunale. Conosciamo il caso per il solo fatto che Zaki studiava in Italia, ma probabilmente sono molti i giovani spariti in Egitto senza una reale imputazione formale.

Nelle Filippine, il presidente-sceriffo  Rodrigo Duterte, oltre che paragonarsi apertamente a Hitler, ha deciso che i componenti di alcuni squadroni della morte che uccidono senza alcun processo presunti spacciatori e delinquenti comuni non sono da condannare, perché “in questo modo si combatte efficacemente la criminalità”.

In Iran in soli sette anni sono state giustiziate 106 donne, giudicate colpevoli di crimini sessuali o per altre incriminazioni legate alla battaglia per le libertà civili. Lo rende noto in questi giorni la lega internazionale di cittadini e parlamentari “Nessuno Tocchi Caino”, che specifica che sono numeri resi pubblici per difetto, e cioè delle sole donne di cui si conosce nome e cognome.

Potrei continuare ma quel che interessa è il filo rosso che lega nei vari continenti tutte queste storie di soprusi e ingiustizie: un Paese senza una Giustizia realmente separata dal potere politico, pervicacemente indipendente, non è mai Giustizia.

Ed è da queste considerazioni che si dovrebbe partire per parlare di Giustizia in Italia. Fra tutti i crimini quelli che commettono i giudici mi son sempre sembrati i peggiori. Quando il Tribunale di Roma veniva definito “il porto delle nebbie”, perché insabbiava tutte le corruttele politiche, quando Previti corrompeva i giudici nell’ambito di alcuni processi che coinvolgevano Silvio Berlusconi, quando nel 2019 fu svelata (con decine di arresti) una rete che da Palermo arrivava a Roma, con storie allucinanti di giudici amministrativi con i soldi all’estero, buste gonfie di contanti, magistrati anche penali asserviti stabilmente ai corruttori, giri di prostituzione minorile e sentenze svendute in serie, «a pacchetti di dieci», con tangenti pagate anche per annullare il voto popolare; ogni qualvolta un giudice appare corrotto, venduto, colluso, ho la netta sensazione della decadenza della democrazia, del pericolo dei diritti umani.

Per questo le recenti vicende che coinvolgono il CSM, le intercettazioni dell’ex Presidente dell’AMN, Luca Palamara, quelle in cui si parla di Salvini e quelle soprattutto in cui si parla di loro stessi, dei loro interessi, delle loro cariche, dei regali, delle vacanze, sono quanto di più deleterio per la legittimazione delle procedure di giustizia. Noto che non c’è reazione popolare, che i cittadini non colgono la gravità della situazione, non intuiscono le interconnessioni di tali degenerazioni. Una, la più pericolosa, è quella che chiude davvero i cittadini in un ambito senza libertà: la dipendenza dal potere politico per intervenuto auto-sabotaggio della magistratura, inteso come corpo putrefatto di un’istituzione fondamentale. La barbarie che emerge quando la giustizia non è più autonoma è devastante nella vita di ogni essere umano. La sensazione di non avere un giudice scevro dalle manovre politiche, dalle dinamiche dei dispetti, dei ricatti e dei veti incrociati è per ogni cittadino la certezza che non ci può essere giustizia su questa terra. Se la Giustizia non è libera, se non funziona per scelte di casta, ci si condanna all’ingiustizia.

I neri d’America protestano per questo: per avere Giustizia e non essere trattati come cittadini di serie B anche nelle aule dei tribunali (dove conta di più la parcella dell’avvocato); è per questo ideale che dissidenti russi lottano ogni giorno, soprattutto via web, contro la dittatura mascherata di Putin; per sete di giustizia e libertà, il “ramo” femminile della Resistenza Iraniana (Ncr-Iran) combatte contro l’islamismo brutale dei giudici; per questi principi di uguaglianza, ragazzi come Zaki combattono contro l’omofobia, contro leggi secolari basate sul pregiudizio sessuale; ed è per conservare l’Europa dei diritti, della libertà e della pace che bisogna aspirare anche in Italia ad una giustizia più giusta, più veloce, meno asservita alle logiche del potere.

 La mia colonna - il Volantino, 6 giugno 2020

Alfredo De Giuseppe

Stampa