117 - La normalità diversa - 2020-04-18

In queste settimane si respira una gran voglia di ritorno alla normalità. È tutto un fiorire di auspici, di retorici rimandi a incontri, baci e abbracci. Ma è proprio sul concetto di normalità che dovremmo fare qualche riflessione. Magari sono proprio alcune di quelle normalità il vero problema. Ad esempio alcuni mercati cinesi e thailandesi delle carni. Animali sgozzati all’aperto,  nella più feroce tradizione umana, dove non c’è traccia di buone pratiche sanitarie da nessun punto di vista. Oppure i miliardi di animali allevati intensivamente dentro celle detentive di infime dimensioni, dove consumano cibo pieno di ormoni e antibiotici? Forse sarebbe normale rivedere il consumo pro-capite della carne, in tutte le diete e in tutte le consuetudini culinarie. Si può considerare normale la devastazione del mare con una pesca  a strascico per qualsiasi pesce e di qualsiasi dimensione? Forse è arrivato il momento di istituire parchi marini di enormi dimensioni dove la natura possa davvero fare il suo corso senza la nostra ingerenza (neanche con i rumorosi motoscafi). È normale consumare l’acqua in bottiglie di plastica? Non dovremmo auspicare un ritorno ad un consumo più consapevole di tutto ciò che ci circonda, oppure Carosello, scritto negli anni ’60, è la nostra unica Bibbia?  Girare a vuoto con l’auto in paesini che potrebbero essere percorsi a piedi, quanti chili di normalità possiede? Ad esempio potremmo istituzionalizzare le domeniche senza auto e tentare di far respirare il pianeta e i suoi abitanti.

È normale avere un presidente come Jair Bolsonaro che dichiara l’Amazzonia non essere un patrimonio dell’umanità ma un giacimento da sfruttare solo per il suo Brasile? Oppure uno come Trump che dichiara assurde tutte le evidenze scientifiche sul riscaldamento globale. Noi europei abbiamo ritenuto normale il turco Erdoğan, un vero dittatore, che lascia morire di fame i suoi oppositori e li incarcera per un nonnulla. Così siamo arrivati al punto di ritenere l’ungherese Orbán uno che può dare delle dritte alla nuova Europa, dove dovrebbero governare dei folli nazionalisti come lui e altri quattro spacconi. La normalità della bulimia finanziaria che guadagna sui disastri delle aziende, invertendo tutte le logiche per le quali nacquero le Borse valori. Abbiamo accettato e vissuto la normalità di una scuola azzerata in tutte le sue peculiarità, le fake-news come unica forma di informazione, l’anonimato dei social come forma di emancipazione. E poi ancora le case, prime, seconde e terze, autostrade e ponti dove bastava un segnale stradale, lussi e superlussi, tanto per affermare un concetto di superiorità che poi non porta da nessuna parte.

La normalità è smantellare tutti i sistemi pubblici della sanità del mondo? Secondo il modello americano? La logica direbbe che la salute è un bene primario da preservare per tutti gli uomini del pianeta, senza alcuna distinzione di passaporto, censo o colore della pelle. Eppure tutte le politiche, invece di puntare all’efficienza del pubblico, si orientano da anni verso il business delle cliniche private.

Certo, tutti auspichiamo di tornare a vedere un concerto, una partita di calcio o una commedia a teatro. Ma la normalità alla quale ci eravamo abituati non ci sarà più: primo perché questo virus avrà cambiato per sempre alcune abitudini e alcune credenze. Probabilmente ci sarà poi una crisi economica di dimensioni gravissime. E infine perché dovremo iniziare a lottare per una normalità diversa, dove la ricchezza prodotta deve diventare più diffusa, dove la demografia deve diventare un problema di tutto il mondo, le armi meno importanti, in un mondo dove uomini e donne potranno muoversi, come le merci, con maggiore libertà. Dove la moderazione delle nostre pulsioni, una specie di nuovo illuminismo ambientalista, potrebbe essere la ricetta che cerchiamo, il vaccino universale che potrà salvarci. Se sapremo liberarci delle vecchie normalità.

 

La mia colonna - il Volantino, 18 aprile 2020

Alfredo De Giuseppe

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