098 - I Fichi d'India di Agostino - 2019-10-26

 

C’è una storia minima, una storiella di paese che coinvolge l’arte, la burocrazia, l’ignoranza, la dabbenaggine. Andiamo con ordine. Agostino Branca è un artigiano di Tricase che è più di un’impresa privata: un artista globale che ha sempre esaltato il Salento condividendo la sua arte con il mondo. In mille modi diversi, soprattutto facendo diventare la sua bottega di ceramiche un porto aperto, un centro di ritrovo per curiosi di ogni dove, dove l’accoglienza è il primo comandamento. Una modalità di intendere la propria attività che ha portato moltissime persone a sentirsi completamente a loro agio mentre il maestro e le sue allieve continuavano a lavorare, a sorridere, a inventare. Agostino, spesso a discapito del mero successo commerciale, ha investito nei rapporti, nelle amicizie, nel rispetto di ragazzi e anziani, nell’amore per la purezza del gesto.

Ho conosciuto Agostino subito dopo l’apertura del suo laboratorio a Tricase, un giovane entusiasta, preparato e un po’ ingenuo. Una persona a modo, con la quale spesso ci siamo ritrovati a condividere ideali e amicizie. Quest’estate allo scoccare dei trent’anni di attività, ha pensato di donare alla città un parco di fichi d’india in ceramica. Ha chiesto il permesso ai proprietari delle case di via Tempio, dove è ubicata la sua bottega, per riempire le loro facciate di pale verdi, incollandole con cura, cercando di rispettare i muri esistenti. Dove non era possibile le ha posizionate su legno, senza intaccare intonaci pregiati. Ha insomma vivacizzato una strada, ha riempito di colore anche le altre attività, ha fatto un’installazione artistica lunga un centinaio di metri, forse più, che ha richiamato molta gente ed è piaciuta a tantissimi. Le sue pale verdi di fico d’india hanno incuriosito perfino i cinesi che l’hanno invitato a Pechino per presentare le sue opere. Nel salutarlo gli hanno offerto un laboratorio permanente che lui potrà utilizzare a suo piacimento, nei tempi che lui stesso deciderà. Tanti attestati di stima da molti paesi europei e dagli Stati Uniti dove il nostro ha avuto varie esperienze in scuole d’arte e associazioni benefiche.

Oltre al permesso chiesto e ottenuto per iscritto dai proprietari, Agostino aveva inviato il 26 maggio 2019 una PEC all’attenzione del Sindaco di Tricase in cui illustrava tutto il progetto, le sue finalità e le sue dinamiche artistiche/sociali con l’utilizzo temporaneo delle facciate delle case per esporre delle sue opere (“..il fico d’india simboleggia adattabilità e radicamento al territorio ed è la metafora dell’avvenuto inserimento nel tessuto sociale della nostra Bottega di ceramica”). E qui inizia il primo problema. Il Comune non risponde, forse non sa che fare, quale autorizzazione concedere, perso nei meandri di una burocrazia che tutto blocca e ogni cosa vanifica. Mentre si decide con estrema lentezza quale modulo riempire per scrivere un semplice “va bene” verso un’installazione artistica su una strada, Agostino il 3 agosto inaugura la sua mostra pubblica. A quel punto qualcuno (o più di uno) propone una denuncia alla Procura della Repubblica invitando anche la Soprintendenza alle Belle Arti a verificare lo stato dei fatti. Che su via Tempio insistano degli scempi decennali non se è accorto mai nessuno: la casa di Giuseppe Pisanelli, il cittadino più illustre di Tricase è abbandonata e quasi allo sfascio; la strada è piena di orrende saracinesche in ferro; il basolato è un pericoloso tracciato ad ostacoli; le stradine che la intersecano, tipo via Orlandi, incredibilmente nera d’asfalto scadente, sono il regno delle case sgarrupate; il vecchio tempietto ebraico (anche dei Templari) ristrutturato come una sala da ballo; cavi dell’elettricità e del telefono che invadono ogni sguardo; porte in alluminio vicino a bellissimi portoni in legno. E di fronte a tale incuria c’è qualcuno (o più di uno) che ha ben pensato di trovare il nemico perfetto: l’artista/artigiano Agostino Branca, le pale di ficarigna e la sua bottega di ceramica.

Davvero una brutta pagina di scadente umanità. Una dimostrazione dell’ignoranza che pervade il nostro tempo, della lentezza della burocrazia che blocca ogni impulso creativo, della politica che non trova il modo di velocizzare i processi delle sue decisioni, che non sa prendere una posizione netta e mantenerla anche di fronte ad un inutile ricorso. Una pagina dedicata agli invidiosi e accidiosi che pare abbiano partita vinta ogni giorno di più. Un’Italia a misura di stipendiati e pensionati che vivono nella speranza che nulla venga mutato, neanche il colore delle loro mutande. Un’Italia a dimensione di nullafacenti, pronti a montare proteste insulse, ad aggrapparsi al cavillo legale, mai a difendere un principio davvero universale. Un’Italia, antica patria d’arti e mestieri, alla deriva, senza possibilità di trasmettere scienza e genialità. Un’Italia piccola piccola, che sembrerebbe destinata alla dissoluzione. (Senza nominare sempre le solite città, fatevi un giro per le strade di Rotterdam, Bristol e Lisbona).

Per fortuna però c’è un’Italia che resiste. Tanti privati, tante associazioni si sono prontamente affiancati ad Agostino e l’hanno incoraggiato a continuare, a non smantellare tutto il lavoro delle bellissime pale di fichi d’India. Agostino, come tutti gli artisti e i creativi di questo Paese, si deve aggrappare a quel filo d’Italia, a quel ramo pervicace che cerca di mantenere alta la dimensione umana delle nostre azioni.

 

il Volantino, 26 ottobre 2019

Alfredo De Giuseppe

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