047 - Un ministro che chiude i porti - 2018-06-16

In questo preciso momento storico, c’è un ministro dell’interno (tutto minuscolo) che chiude i porti ai migranti, che fa spallucce a chi lo accusa di razzismo, che si proclama il vero difensore degli italiani brava gente. Oltre a quello che viene detto in Parlamento, nei talk-show, nelle conferenze stampa, e soprattutto sui social network, c’è un’altra realtà, quella dei bar. Basta la sera sedersi in uno qualsiasi dei nostri bar, intendo italiani, per sentire i commenti più veri, quelli tradotti dal politichese televisivo al crudo dialetto.

Riporto, per comodità ritradotte in italiano, solo alcune frasi che ho sentito direttamente in un solo giorno e alle quali ho cercato di controbattere: “finalmente non saremo costretti ad accogliere tutti i profughi…del resto Renzi aveva firmato un accordo per cui tutti i naufraghi del Mediterraneo dovevano venire in Italia” mi dice un’insegnante elementare. “cara amica ma non ti sembra assurdo affermare che c’è un accordo per cui devono arrivare per forza in Italia? Dove l’hai letto? “No, è proprio così, l’ho letto su facebook… se vuoi ci giochiamo una cena”. Tento di spiegare cosa prevedono gli accordi di Dublino (ratificato in Italia nel 2003 dal governo Berlusconi/Bossi), di spiegare quali sono le modifiche che si dovrebbero apportare, anche alla nostra orribile Bossi-Fini …ma non c’è niente da fare...l’ha letto su facebook. Non mi rimane che preoccuparmi per i suoi alunni, per quello che riceveranno da insegnanti così superficiali.

Parola al disoccupato con la birra in mano, riferendosi agli arresti di personaggi (italiani e rumeni) che schiavizzavano alcuni lavoratori per la raccolta dei pomodori: se ne devono andare questi stranieri, bianchi e neri, specie gli africani che lavorano per pochi soldi e tolgono lavoro agli italiani. Rispondo subito: “si vero, però loro fanno i lavori che tu non faresti: il manovale, il badante, il giardiniere, il vaccaro…” – “sì, ma perché non mi offrono uno stipendio come si deve e vedi che andrei a lavorare di corsa”… Cerco di spiegare che se si pagasse per bene il lavoro dei campi, probabilmente il pomodoro ciliegino non costerebbe al pubblico 0.89 al kg, pagato quindi al produttore non più di 0.20… magari abbiamo bisogno di una politica che si occupi della regolamentazione del mercato, di come si possa agevolare la produzione agricola, di come si debba controllare la filiera del lavoro interinale e le eccessive intermediazioni commerciali. Risposta finale: “vabbè, ma a me interessa che se ne vanno ‘sti negri, poi vediamo che succede…” (la semplificazione del razzismo).

C’è anche chi non vuole stranieri, punto e basta, senza un perché, ma per una serie di paure indotte, viscerali, forse ancestrali. La domanda dell’artigiano è sempre la stessa: ma perché non troviamo il modo di bloccarli a casa loro? La risposata è semplice per quanto non accettata: chi scappa da povertà, guerre, dittature non teme nulla, cambia, si sposta, come del resto l’uomo ha sempre fatto (come l’italiano moderno ha fatto costantemente). “Allora è meglio aspettarli al largo, in acque internazionali, e affondarli tutti, così capiscono davvero che noi non li vogliamo” (la banale crudeltà del razzismo).

Il paese reale, quello dei bar, è addirittura peggio dei nuovi politici, quelli duri e puri. Quelli che non hanno capito che dare la stura alle peggiori pulsioni umane è un sistema crudele di vedere la vita, di mostrarla più disperante di quella che è già di per sé. Oggi gli uomini e le donne “normali”, gli occidentali-massa, dicono cose che anni fa non avrebbero avuto il coraggio di dire, forse continuando così, faranno fra poco cose che mai avrebbero pensato di fare.

Per capire il mondo, i migranti e gli italiani, anche con le loro responsabilità storiche verso alcuni paesi africani, consiglio di leggere “La frontiera” di Alessandro Leogrande, nostro grande conterraneo che nel 2017, troppo presto e troppo giovane, ci ha lasciato. Perché il problema non è capire quello che dicono le persone al bar, ma trovare due amici che si oppongono con conoscenza e coraggio al razzismo dilagante, all’esclusione del diverso. Ascoltare in un silenzio indifferente le baggianate di questi anni, fa male due volte. Una volta alla giustizia universale e la seconda a noi stessi, che rifiutiamo di conoscere, approfondire, aprirci al mondo che cambia e per fortuna non si ferma alla misera rozzezza. Per non rischiare, fra poco, di non poter più difendere l’umanità, ma solo il proprio clan, bisogna iniziare a incazzarsi di nuovo con i razzisti di professione, con gli ignoranti di ritorno, con i “normali” troppo normali.

La mia colonna - il Volantino, 16 giugno 2018

Alfredo De Giuseppe

 

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