017 - Il Sud nella nostra testa - 2017-09-30

Sin da ragazzo mi son sempre chiesto perché mai il Sud è Sud. Da dove nasce quell’idea ormai metabolizzata, ineluttabile come un tramonto, che il Sud debba essere più povero del Nord, che il Sud debba sempre rincorrere innovazione e progresso, mentre nelle regioni più avanzate del Nord sembra che tutto accada in maniera più organica e strutturata, da sembrare quasi naturale?

Quando viaggio (ormai poco) cerco di capire, cerco di relativizzare i paragoni, cerco di intuire quali sono i possibili scenari e soprattutto i motivi di tante complicazioni, di tante sofferenze. La Storia degli ultimi due secoli non ci aiuta. La Geografia ci penalizza non poco, considerando che abbiamo vissuto il confine del mare come un ostacolo e non come un’opportunità. La Malavita ha attecchito facilmente su strati sociali deboli coinvolti in una corruttela generalizzata e diffusa. Insomma, sull’argomento non invento niente: sono stati scritti migliaia di saggi, articoli, inchieste. Ma devo notare che ancora oggi i nostri politici non riescono a fare quel salto di qualità di cui il Sud avrebbe un urgente bisogno. Capisco che non siamo a Tokyo, però se in quel paese già nel 1960, appena 15 anni dopo la bomba atomica, i treni viaggiavano a 200 Km/h, perché qui ancora devono correre a circa 50 Km/h?  Se a Oslo si è deciso che la città già dal 2020 non debba più vivere in condominio con le auto, come mai una piccola città come Lecce è ancora vittima di un traffico selvaggio? Come mai in Scozia, in Francia o in Portogallo, abbattere un muretto a secco equivale a deturpare (con relativa condanna) e al Sud invece significa pulire, svecchiare, rendere tutto più funzionale?

L’assenza di programmazione da qui ai prossimi venti-trenta anni è comunque la colpa più grave. In un paese come Tricase sono stati progettati quattro o cinque campi sportivi, di cui nessuno pienamente agibile. Due palazzetti dello sport, uno affianco all’altro di cui uno mai completato. Cimiteri (senza loculi) in abbondanza. Una zona industriale da far invidia a Düsseldorf, senza neanche un’industria. Palazzi e castelli di pregio abbandonati, periferie disegnate per risultare orrende, lottizzazioni inutili e strade ovunque, tanto da risultare complicato un sano rapporto con la natura circostante. Però il Sud è Sud a prescindere, ama le feste senza davvero condividerle, senza creare comunità coese e forti. Tricase ad esempio, oltre al centro ha 7 storiche frazioni, in parte slegate fra di loro: ci sono un paio di santi protettori a frazione (dovremmo stare abbastanza tranquilli), almeno 15 feste religiose, almeno 30 processioni all’anno e un considerevole numero di fuochi d’artificio. Ma non ci sono operazioni memorabili di crescita che coinvolgano l’intera comunità (fosse anche l’aiuto a disabili e ammalati).

E quindi il Sud è Sud anche perché il candidato premier del nuovo M5S va a baciare l’ampolla del sangue di San Gennaro (come del resto faceva già il ministro Gava), i terremoti sono opera del Male e i salvataggi frutto di volontà divina, mentre i credenti amano Papa Francesco senza seguirne neanche il più semplice dei suoi pensieri pragmatici (per esempio l’accoglienza). Il Sud è tutto nella nostra testa, nella nostra superficiale visione della natura, nella nostra scaramantica visione della vita, dove tutto può succedere fuorché quello che noi fortemente vogliamo… E purtroppo è vero: qui al massimo aspettiamo un miracolo. Sul santo abbiamo un’ampia scelta.

La mia colonna -il Volantino, 30 settembre 2017

Alfredo De Giuseppe

 

 

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