2022-08 "Aspettando un altro 25 settembre" - 39° Parallelo

  

Ho vissuto con intensità i giorni 20 e 21 luglio 2022, i momenti salienti della crisi definitiva del governo Draghi, già sabotato sotterraneamente da più parti, subito dopo la rielezione di Mattarella. Un governo, definito dagli stessi attori di “Unità nazionale”, nato per gestire eventuali fondi della Comunità Europea e per fronteggiare al meglio pandemie, guerre, disastri ecologici, disoccupazione e lacerazioni sociali, è caduto sui richiami della foresta che ogni partecipante teneva dietro casa.

In questo frangente c’era chi si illudeva che Silvio Berlusconi fosse diventato in vecchiaia davvero un uomo saggio, il vero statista che la sua propaganda vagheggia da decenni e invece si è riscoperto con finta sorpresa che lui ama solo le elezioni (oltre ai finti matrimoni, le finte nipoti, le finte riforme, le finte plastiche facciali). Il giorno dopo la caduta del governo si è già lanciato in mirabolanti promesse elettorali, sperando sempre in una certa dose di mucculoni. Lui c’era già con Craxi e Forlani e ci ha sempre amato tutti. 

C’era il maldestro Matteo Salvini che non sapeva più se andare verso il governismo o verso il casinismo. Lui si circonda di rosari e di immagini di santi, ma alla fin fine, ama sbraitare e ruttare contro ogni debolezza che incontra sulla sua strada e questo con il governismo è difficile da conciliare.

C’era l’avvocato del popolo, quel Giuseppe Conte, un po’ zelig, un po’ asinello in mezzo ai suonatori di tromba, sputtanato a più riprese da Grillo prima, da Di Maio dopo, da Di Battista sempre, senza mai avere il coraggio di tornare nell’anonimato dal qual proviene (che per lui sarebbe un ottimo rimedio).

C’era Giorgia Meloni, che stando all’opposizione, senza mai avanzare una proposta concreta su nulla, si ritrova prima nei sondaggi, con il semplice mantra del “ritorno alle urne per il bene dell’Italia”. Ha al suo fianco una classe dirigente di alto livello ad iniziare da Daniela Santanché e Ignazio La Russa. Gli altri suoi amici, invece, quando arrivano al potere, sindaci, assessori e vari vengono con una certa continuità arrestati o inquisiti per corruzione (è un dato impressionante rispetto al numero di eletti).

Poi c’era Enrico Letta che non sa che fare, soprattutto perché non ha una sola idea che l’elettorato riesca a capire, ad amare, a cavalcare. Ambientalismo e diritti, Europa e legalità, il tutto condito in un mix freddo, servito senza passione, assillato com’è dal governismo acuto con l’aggravante di affarismi e dimenticanze.

E infine i tanti che cercano disperatamente un centro di gravità permanente, e pur di rimanere a galla sono disponibili a cambiare idea su tutto: questa squadra informe e multitasking pare senza speranza e senza televisioni.

In questa crisi surreale e grottesca, le maschere tornano, le idee di buon senso spariscono, le promesse abbondano, gli elettori scarseggiano (per il pane vedremo).

39° Parallelo, agosto 2022

Alfredo De Giuseppe 

Stampa