2021-08-22 Contributo al libro "Biografie Ante Mortem - Epistolari di andata e ritorno" di Carlo Cerfeda - FB

  
 
Qui di seguito il mio contributo al libro di Carlo Cerfeda, dal titolo “BIOGRAFIE ANTE MORTEM” – Epistolari di andata e ritorno” uscito nel Giugno 2021. Si tratta di un lavoro collettivo, dove hanno collaborato suoi ex studenti e collaboratori dello storico mensile “Nuove Opinioni”. Le recensioni e le considerazioni socio/politiche le rimandiamo a dopo la presentazione che penso avverrà in autunno.
 

 L’ENTUSIASMO DI SUPERARE QUELLA FRAGILE LINEA MAGINOT

 
Il Gruppo Giovanile di Tutino nasceva su basi prettamente goliardiche. Eravamo, a metà degli anni ’70, un gruppo di ragazzi vicini alla maggiore età che volevano avere una sede per ascoltare musica, giocare a ping-pong e financo a nascondino. Nel 1976 votammo quasi tutti per la prima volta alle elezioni politiche che potevano segnare il sorpasso del PCI sulla DC (cosa che non avvenne per pochi voti). Cominciammo a interessarci di politica, soprattutto di quella locale: il dibattito fece emergere con forza un mondo di arretratezza culturale, di clientelismo atavico e di manipolazione delle coscienze, anche con la complicità della Chiesa. Insomma non potevamo essere democristiani, nonostante i nostri genitori lo fossero tutti convintamente, specialmente il mio che era anche consigliere comunale.
Dovevamo fare qualcosa. Chiedemmo lo storico castello di Tutino, chiuso da decenni, lo pulimmo della polvere accumulata e mettemmo su una mostra delle tradizioni popolari, condita da attrezzi di lavoro e belle foto bianco e nero (che purtroppo sono andate disperse). Cominciò così un percorso che divenne man mano sempre più politico, sempre più corrosivo con il potere politico, con la dominante cultura perbenista.
In quel periodo, nel febbraio 1977, iniziava le sue pubblicazioni il mensile “Nuove Opinioni”, che per la prima volta, in maniera chiara, rompeva l’egemonia culturale della DC. Nel frattempo il gruppo, divenuto per tutti GGT, sempre più numeroso, si riuniva tutte le sere: una cosa mai vista, donne che erano insieme a ragazzi fino a tarda sera (massimo le 22), sbaciucchiamenti pubblici, abbracci e carezze insieme a manifesti contro i potenti di turno, contro il piagnisteo meridionalista, contro l’assenza di spazi culturali e infine contro tutti i partiti, anche quelli di sinistra, troppo conformisti e troppo legati alle direttive provinciali e nazionali. Insomma un gruppo anarchico-goliardico con spinte verso il rinnovamento dei costumi.
In questo quadro, in molte riunioni del GGT si discusse se lo “spazio Nuove Opinioni” fosse più o meno consono a veicolare le nostre idee e le nostre iniziative. Molti dicevano che attraverso quel giornale rischiavamo di inquinarci, di omologarci alle idee di quei 4 socialisti salottieri che lo avevano fondato. Noi eravamo il nuovo, il futuro, il vero senso rivoluzionario della vita che non prevedeva né armi né droghe, perché dovevamo affiancarci a dei “vecchi” benestanti, quasi tutti fautori di una Tricase “migliorista”? Io e pochi altri eravamo invece per una linea più morbida, ma anche più chiara: noi scriviamo quello che vogliamo, se lo censurano li abbondoniamo e magari li sputtaniamo con un bel manifesto. Passò questa linea, ma ad una condizione: che gli articoli inviati al giornale fossero letti, discussi e approvati da tutto il gruppo. A me fu dato l’incarico di redigere la prima bozza.
Dopo due articoletti capii che era faticoso scrivere un pezzo, discuterlo con una trentina di ragazzi, riscriverlo (non c’era il PC) e poi farlo pubblicare per intero, con l’altisonante firma GGT. Pensai che fosse meglio metterci direttamente la faccia, scrivere quel che si voleva con la propria firma e poi eventualmente utilizzarlo come base per una discussione interna al movimento. E così facemmo, scrivemmo quindi articoli sia io che Roberto Blandolino, suo fratello Francesco, Fausto Durante, Fredy Roveda, Fernando Corciulo e altri ancora. Ognuno con il suo stile, con le proprie sfumature, divenimmo collaboratori di Nuove Opinioni.
Con tutte queste premesse non era però possibile un rapporto idilliaco con la Redazione e soprattutto con il suo responsabile principe, il Direttore Carlo Cerfeda. Io cominciai a frequentarla un po’ di più: mi ritrovavo spesso ad ascoltare lunghe riflessioni sulla famigerata “linea” del giornale, a che a volte oltre ad immaginarmela come una fragile linea Maginot, era più che altro una serie di regole etico-politiche più che strategiche-istituzionali. Noi tutti volevamo un giornale più barricadero, la redazione era per una svolta moderata della politica tricasina, attraverso i dovuti passaggi politici. Da qui l’ossessiva attenzione alle cose dei partiti, osservati dal di dentro da “Note, fatti e commenti” la rubrica del direttore o l’attento reportage dei Consigli comunali di Enzo Serafini. Noi, ragazzi inesperti, e tuttavia critici per statuto, lottavamo sapendo di perdere: ma avevamo coscienza che “Nuove Opinioni” avesse una sua importanza nello statico panorama paesano e che la Redazione fosse un Comitato impenetrabile. Naturalmente ci divertivamo anche. Trovavamo il modo di prendere in giro la serietà dei “professoroni”. Nei primi anni qualcuno si arrabbiava, poi col passare del tempo la cosa si stemperò, noi diventammo più ragionevoli e loro meno seri e così fu possibile pubblicare cose anche contro il direttore, magari in prima pagina.
Nel 2000 divenni infine direttore del mensile tricasino. Mi sentivo spesso con lo storico direttore di un tempo: Carlo per la verità era prodigo di consigli e di attenzioni, miscelati con la ben nota inflessione allo scetticismo cosmico. Essere direttore è diverso che essere il ragazzino che scrive quattro righe per rompere le scatole e solo allora capii quanto fosse stato difficile per Carlo e i suoi amici coordinare un giornale che guardasse lontano senza farsi isolare del tutto, senza farsi stritolare dalle continue polemiche. Un direttore, Carlo Cerfeda, che invecchiando ha saputo cogliere al meglio il sapore dell’ironia che insieme ad una sorta di cinismo politico, lo rende un personaggio unico, da conservare a lungo.
 
FB, 22 agosto 2021
Alfredo De Giuseppe

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