2009-08 "Un viaggio da gran vagabondo" - Il Gallo

Da Acquarica del Capo alla fama, fra grandi successi e oblii

 

Quando nel 1976, una radio trasmetteva per la prima volta nel Salento in FM da una pajara sulla serra di Specchia, Franco Simone era già famoso. Lui fu uno dei primi artisti ad essere intervistato, mentre la sua “Tu e così sia” scalava le classifiche nazionali e veniva richiesta in continuazione da tutti i nuovi entusiasti e liberi ascoltatori. Noi giovani e sperimentali conduttori, con un mixerino da centomila lire, lo accogliemmo con affetto e lui si pose nei confronti del nuovo mezzo mediatico in modo garbato e serio, senza spocchia e arroganza.  Seguirono altri anni di grande successo, roba da primo in classifica in mezzo ai grandi cantautori politicizzati. E noi, benché preferissimo Rimmel e le locomotive di Guccini, seguivamo con attenzione il nostro Franco che poi tanto male non era. Poi non so con esattezza cosa sia successo, ma all’improvviso il nome di Franco Simone sparì dalla scena italiana. Non va dimenticato che il nostro non ha mai accettato volentieri le prepotenze dello show-business o i trucchi delle nuove televisioni e forse preferisce consolidare una fama spontanea e gratificante nei paesi del Sud America piuttosto che lottare contro i nuovi padroni della musica italiana. Così oggi Franco Simone non ha in Italia quel ruolo popolare che gli spetterebbe di diritto nell’ambito della musica melodica. Per la verità lui ha continuato in questi anni a produrre musica interessante e testi poetici, non necessariamente legati solo all’amore classico, ricevendo spesso tributi dai tanti suoi sostenitori ma anche dalla critica specializzata. Ha continuato incessantemente a girare con i suoi concerti (e il fido pianista Maurizio Mariano) l’Italia e il mondo, ricevendo in alcuni casi accoglienze da star internazionale, salutato per esempio in Cile “come il poeta italiano che sa parlare al cuore di tutti”.

I suoi lavori migliori, dove ha composto musica e testi, ricordano alcune sottolineature di Piero Ciampi, certe malinconie di Gino Paoli e ancora alcune invenzioni alla Domenico Modugno (al quale oltretutto dedica puntualmente una parte dei suoi concerti). Ha una promozione mediatica-televisiva di gran lunga inferiore a tanti suoi colleghi, ma certamente artisticamente non è inferiore a un Baglioni (che ha scritto in definitiva due o tre canzoni interessanti in tutta la sua carriera) o a un Gigi D’Alessio (che ha riscritto sempre la stessa canzone).

In questi ultimi anni dimostra ancora una grande freschezza creativa e anche una certa voglia di sperimentare: ha creato uno spettacolo di musiche natalizie, ha collaborato con un’orchestra di giovani talenti salentini e soprattutto ha inciso un album arrangiando le sue classiche canzoni con la Grande Orchestra Balcanica diretta dal maestro greco Nikos Papakostas, il cui disco ha vinto il Festival della Musica Etnica. Questo CD dal titolo “La città del sole”, che ritengo fra le sue cose migliori, ha aperto nuovi orizzonti e potrebbe riservare nuove sorprese nella carriera forever young di Franco Simone. Sono convinto che nei prossimi anni i suoi lavori saranno rivalutati al massimo livello commerciale, magari con nuove collaborazioni e sperimentazioni, perché pochi cantautori italiani sono stati in grado di produrre versi come quello in cui con voce deliziosamente turbata canta “per non piegarsi dentro…per darsi di più…io vorrei che il mio viaggio di gran vagabondo finisse con te”. Le sue cose invecchieranno bene, come lui, come noi.

Il Gallo - Agosto 2009

Alfredo De Giuseppe

 

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