2020-02 "Prospettiva sardina", 39° Parallelo

Le elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria ci consegnano delle novità. Intanto dopo due anni è sembrata fermarsi l’onda lunga di Salvini, quella forza fatta di demagogia social, di strette di mano e selfie, di superficialità propositiva. Forse l’onda si è fermata davanti a quel citofono di un supposto spacciatore tunisino, blandito davanti a decine di telecamere, come uno sceriffo dei telefilm americani, che da solo abbatte i cattivi del quartiere e alla fine fa vivere tutti felici e contenti. Era talmente evidente la dicotomia fra sceneggiata e realtà che anche qualche indeciso è andato a votare pur di non consegnare la rossa Emilia alla Lega Nord. (Non dimentichiamo che quel partito nato separatista e razzista governa le regioni più popolose e produttive del Nord Italia e che comunque anche in Emilia ha superato il 30% dei consensi).

Ma certamente la novità più eclatante è stato il Movimento delle Sardine, con il conseguente prosciugamento del M5S. Per la prima volta, dopo decenni, un gruppo spontaneo di ragazzi si è ritrovato in piazza per dire basta al facile populismo, allo strapotere delle fake-news. Benissimo hanno fatto a comunicare la necessità di un linguaggio nuovo, perché a volte ci sfugge, che il linguaggio è tutto. Può dare aggressività e pacifismo, può portare progresso o degenerazione, può esaltare alcune menti malate o far ragionare masse di cittadini. Il linguaggio è centrale nella nostra vita e le sardine lo hanno ricordato a tutti: e quindi hanno invitato a non votare il Salvini conquistatore col rosario in mano perché quel linguaggio tradisce pensieri primitivi e quindi pericolosi. Per fortuna c’era una maggioranza di ragazzi che volevano scappare da quel linguaggio violento ed è uscita allo scoperto. Quei ragazzi possono davvero rappresentare la spina dorsale di una nuova Italia, quella che vagheggiamo da 75 anni e non c’è mai stata. Le sardine sono i nostri figli, ben educati, studiosi, viaggiatori, europeisti per DNA, formati e consapevoli, eppure disorientati, sottopagati e spesso umiliati da chi dirige la baracca.

Naturalmente il Sud è sempre un’altra cosa. In Calabria un candidato importante come Callipo, industriale eroico di questo sud spopolato è stato sonoramente sconfitto da Jole Santelli di Forza Italia che ha il grande merito di non averla mai data a Berlusconi (parole dello stesso Silvione). Il solito sud piagnone che aspetta il miracolo. Qui il movimento delle sardine non è arrivato, il 5S si è ridotto al 7% e il malaffare rimane la vera cifra da controllare. Quando le nostre Regioni avranno la consapevolezza di ciò che possono essere, delle potenzialità che hanno, degli uomini e delle donne di qualità su cui possono contare, solo allora, solo con quella forza interiore potranno affrontare le sfide della modernità, dell’efficienza e della qualità. E questo succederà quando il campo sarà finalmente un campo aperto e pulito, dove poter fare una battaglia ad armi pari.

Lo scenario pugliese, come al solito, è a metà strada fra i disastri siculo-calabresi e le opportunità che vengono dal Nord. Questa è una Regione che in questo momento ha nel foggiano la malavita più sanguinaria e aggressiva del Paese, Taranto alle prese con l’eterno problema dell’ex Ilva, il Salento con la desertificazione degli ulivi e dei giovani, Brindisi che non sa cosa dev’essere e Bari strozzata dai crac di Banca Popolare e delle aziende meccaniche che son volate in altri lidi. In generale una Puglia che tenta di vivere di turismo ma non ce la fa, arrancando dietro altri modelli, dove non c’è spazio per treni superveloci, porti super attrezzati, aperture reali e continuative verso i paesi del Mediterraneo (che dovrebbe essere la nostra vera fortuna).

 A gestire questa complessità di problemi saremo chiamati a scegliere, probabilmente, fra Emiliano e Fitto, considerato anche che il M5S continua le sue suicide strategie interne. Il buon Michelone, presidente uscente con mezzo partito democratico che non lo sopporta, ammalato di un potente egocentrismo, ha di fatto governato secondo un metodo molto in voga in questo periodo, seguendo l’onda dei sondaggi e del comune sentire. Così in 5 anni ha cambiato spesso opinione su tutti i dossier più spinosi, sia che si trattasse di Sanità, fondi europei, TAP, ILVA, o Xilella. Il suo partito di riferimento è il suo personale che è un minestrone di tutto e di niente, in attesa del bel tempo, che si sa in Puglia prima o poi arriva. Lui, ancora giudice in aspettativa, certamente senza alcuna ideologia precisa, senza alcun obiettivo veramente importante, è l’uomo migliore a disposizione di quella che una volta si chiamava sinistra (ed è quanto dire).

Il rientrante Raffaele, il signorino di Maglie, già democristiano per discendenza, già presidente della regione Puglia (dal 2000 al 2005), già delfino del miglior Berlusconi, già ministro e attualmente eurodeputato, è il nome nuovo che il centrodestra propone per rinnovare la Puglia, per liberarla dalle sinistre falange di Emiliano. Talmente nuovo che financo la Lega esprime grossi dubbi sul suo nome, perché pare che non abbia mai ballato al suono della secessione. Però sa sempre dove stare, per rimanere a galla e questo è un merito non da poco in un Paese dove se in politica esprimi delle idee compiute, al massimo resisti un annetto. E adesso, pur di esistere, è approdato al partito della Meloni, Fratelli d’Italia, che rappresenta il sovranismo più retrogrado, l’ideale continuità con un vagheggiato passato imperiale, in cui l’orgoglio italiano sopravanzava l’Europa, l’Africa e il mondo intero. Ma solo nella propaganda.

Non c’è traccia in Puglia di idee nuove, di risorse fresche e capaci, in grado di progettare il mondo che verrà, ma solo di politicanti estremi, arroccati nelle loro sfere magiche, dove il mondo delle imprese non esiste, i giovani in cerca di lavoro sono desaparecidos, a meno che non si scambino le vaghe e cangianti promesse per realtà. Ci rimane la speranza dell’arrivo dal mare profondo di un gruppo di sardine che sappia interpretare le esigenze di ecologia del pensiero e del territorio, che sappia far crescere le competenze e le idee innovative, che sappia ricreare entusiasmo e voglia di restare.

 

39° Parallelo – Febbraio 2020

Alfredo De Giuseppe

 

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