2001-10 "E noi, fra Berlusconi e i Talebani" - Nuove Opinioni

Le ultime riunioni di redazione di questo giornale si sono svolte in un clima complicato. C'è una aria cupa di guerra con l'Afghanistan dei Talebani bombardato ogni notte, con bambini già morti di fame che muoiono definitivamente. C'è Bin Laden che è diventato un Che Guevara dei musulmani, un simbolo della lotta dei poveri del mondo contro i ricchi e corrotti occidentali. Ci sono le lettere all'antrace che hanno spaventato anche le Borse, la recessione alle porte, gli aerei volano vuoti, per le vacanze esotiche non parte più nessuno.

Con questi presupposti, è difficile pensare in piccolo, discutere su Tricase, se Coppola sta facendo bene, se Musio lo sta aiutando, se Sodero sa fare l'opposizione, se Comi era un grande o no, se l'Acait sarà del Comune o di nessuno. Ogni tema locale perde consistenza: prima bisogna capire dove andrà il mondo. Potrebbe andare verso una spaventosa guerra  Occidente contro Islam, senza frontiere e senza fronti, oppure verso una definitiva soluzione dei problemi medio-orientali e quindi con l'isolamento delle frange estremistiche/terroristiche.

Un po’ di sollievo e una speranza ce li ha dati il nostro presidente del Consiglio, il Cavalier Silvio Berlusconi. Ci ha regalato attimi di grande sollazzo con le sue gaffes internazionali, con i suoi uomini affaccendati a non turbarlo e comunque impegnati a smentire le sue stesse smentite. Quando poi cerca di autoaccreditarsi verso gli altri potenti della Terra come un uomo tutto di un pezzo, uno statista pronto a tutto, ci fa quasi tenerezza. Insomma ci ha alleviato questi momenti così grevi. Ma ci ha dato anche una speranza. Infatti il Parlamento Italiano, pieno di avvocati del Premier, approfittando della disattenzione generata dall'enormità della guerra, ha approvato una serie di cose, tutte ad uso e consumo del Cavaliere e dei suoi scudieri: la difficoltà delle rogatorie internazionali è manna per i processi suoi e dei suoi amici; la modifica del falso in bilancio era un argomento così vitale per la Repubblica da essere approvato come uno dei primi provvedimenti. Ci ha illuminato il cavaliere: i tempi di guerra sono ottimi per risolversi i propri problemi, fra il disinteresse generale. Una vera speranza, suffragata oltretutto dalla Storia.

In un momento di libera stampa in libero Stato, in un qualsiasi altro Paese del mondo, leggi come queste avrebbero scatenato le opposizioni e le piazze e invece in Italia, stretti fra il Grande Fratello e la Guerra Giusta non riusciamo a pensare che a noi stessi, a come ci saremmo sentiti con le cinture allacciate su quegli aerei che sono andati a sbattere contro le Torri Gemelle. La Politica come dialettica sul bene comune è uscita (o ce l'hanno fatta uscire) dal nostro schema. 

La speranza che ci ha regalato Berlusconi con la sua vistosa arroganza è proprio questa: guai ad allentare la presa, il furbo è lì per vincere, la sopraffazione potrebbe farla da padrona, i talebani, i binladen, i previti sono fra noi. Un mondo di pace e in armonia con l'ambiente, se siamo ancora in tempo, si costruisce in ogni piccola città del mondo, in una Patria chiamata Terra, dove nel nostro piccolo dobbiamo vincere contro le idee confuse, dove un passaporto è diventato infinitamente più importante di un uomo.

(Ed ecco perché dobbiamo capire come va il governo di Coppola per capire dove va il mondo).

 Nuove Opinioni -  Ottobre 2001

Alfredo De Giuseppe

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