2011-03 "Una lunga tesi" - Allegato alla tesi di Virginia De Giuseppe

Agli inizi degli anni 70, mia nonna Antonietta e mia zia Lutgarda, vestite di nero, sedevano sull’uscio di casa, alla ricerca della frescura serale dopo lunghe giornate di un calore privo di deterrenti e aria condizionata. Si avvicinavano i compari Carluccio e Rosina e si iniziava a raccontare storie. Più di una volta quando anch’io trovavo il tempo di fermare il mio corpo gracile su qualche traballante seggiola, ho ascoltato la storia al tempo tragica e comica di Vito e Annunziata e del loro unico figlio Francesco.

I due contadini, abbastanza avari e scontrosi, avevano avuto un unico figlio, arrivato quando Annuziata era vicina ai quarant’anni e Vito ai cinquanta. Questo figlio divenne in breve il loro unico pensiero: si risparmiava per il figlio, si cucinava ciò che piaceva al figlio, lo si accontentava in tutto. A scuola andò benissimo alle elementari, mediamente bene alle medie e abbastanza male alle superiori, dimostrando via via una certa diffidenza verso i libri e la scuola. Nonostante la sua conclamata avversione allo studio, i due genitori vollero che Francesco si iscrivesse all’Università…del resto perché avevano fatto tutti quei sacrifici?

Francesco scelse la facoltà di Giurisprudenza all’Università di Roma e già Annunziata, prima ancora che il figlio partisse, andava raccontando che il figlio avrebbe frequentato in un Istituto vicino alla Città del Vaticano. A Novembre partì e dopo appena due settimane il figlio scrisse una lettera di questo tenore (sembrava che Carluccio avesse letto tutta la corrispondenza per come le recitava a memoria): “Cari genitori, qui a Roma si sta bene ma è la città più cara d’Italia e per studiare meglio devo trovare una buona sistemazione: mandatemi subito 50.000 £ che devo dare l’acconto per una casa.” Dopo poche settimane, i genitori ricevettero un’altra lettera: “Cari genitori oggi ho tenuto il primo esame che è andato benissimo e il professore si è pure complimentato con me. Qui ad ogni esame con la lode si festeggia con i colleghi promossi: mandatemi altre 50.000 £, oltre ai soldi che mi mandate mensilmente”… E così succedeva quasi ogni mese. Nel frattempo Francesco a Roma era diventato un assiduo frequentatore di night-club, di ristoranti e di balere. Vito e Annunziata erano fieri del loro figlio e non volevano lesinare sul denaro che avevano accumulato: la laurea costava, ma quante soddisfazioni stavano ricevendo. Dopo il primo anno, per non prendere tutti i soldi dalla Posta, furono costretti a vendere un fondo di circa 5000 mq, poi vendettero la casa che avevano ereditato dai genitori di Vito, nei mesi successivi vendettero altri due terreni. Dopo cinque anni Francesco non aveva ancora iniziato a studiare, ma aveva partecipato a tutte le feste della capitale e i suoi genitori erano ormai ridotti sul lastrico. La cosa che faceva ridere tutti era che i genitori, nonostante non avessero quasi da mangiare e avessero venduto tutto tranne la casa dove vivevano continuavano a raccontare in giro le gesta universitarie del figlio quasi avvocato: “Ieri ha presentato la laurea al prof. Minghetti, forse si laurea fra tre mesi e speriamo che la festa di laurea non costi molto altrimenti saremo costretti a venderci anche la casa”.

Trascorsero così altri cinque anni, i sacrifici ridussero in fin di vita i due anziani genitori. Intanto Francesco, che continuava a dire che non riusciva a chiudere la tesi per gli impegni del professore, si era accasato con una vedova che aveva tre figli ed erano tutti mantenuti dai faticosi risparmi di Vito e Annunziata che ormai rubavano i fichi dagli alberi per mangiare.

Francesco tornò in paese solo alla morte dei genitori, che dipartirono a distanza di sei mesi l’uno dall’altro. Alla morte della madre, vendette la casa e tornò a Roma. Mai nessuno ebbe più sue notizie, se non sporadiche apparizioni di gente che pensava di averlo riconosciuto alla stazione di Roma.

Questa triste, divertente e terribile storia dei miei vicini di casa, ascoltata tante volte, di sera, prima di andare a dormire, ha condizionato la mia vita universitaria: infatti per non fare la fine di Francesco e per non prendere in giro i miei, decisi di fare solo due esami, uno l’anno, solo per ritardare il servizio militare.

Allegato alla tesi di Virginia – Marzo 2011

Alfredo De Giuseppe

 

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