11 - Voti senza frontiere del 2021-05-01

Proposte visionarie di un Sud piangente

A proposito del pensare in grande. Nell’immaginare uno spazio urbano, si può essere molto conservativi, ma anche molto arditi. Certamente fu opera architettonicamente ardita la Torre Eiffel nel 1889, in concomitanza con l’Esposizione Universale di Parigi che doveva dare la definitiva consacrazione al progresso delle tecniche umane. Così come fu impertinente, eppure grandioso, 100 anni dopo, nel 1988, immaginare davanti al museo del Louvre, al centro della sua piazza, una grande Piramide in vetro. Lo stesso coraggio “contemporaneo”, da amanti dell’arte moderna, si è avuto in tante città del mondo, da Bilbao a Sydney, da Chicago a Londra, Barcellona e Rotterdam.

Nell’ipotizzare un Sud, anche un singolo paese del Sud Italia, non arroccato solo alle bellezze del passato, ma proiettato al futuro con un’ulteriore valorizzazione di ciò che già esiste, sembra invece opera titanica, quasi impossibile. È arrivato, forse, il momento di lanciare alcune di queste idee, che sono riferite al borgo che abito, ma estendibili un po’ a tutto questo Sud piangente e con poco entusiasmo (ma pieno di rancori, ipocrisie e pentimenti).

Tricase ha in sostanza 4 frazioni,  due verso il mare e due verso l’entroterra, tutte distanti pochissimi chilometri dal centro storico. Sarebbe opportuno creare in ognuna delle strade di collegamento delle piste ciclabili e pedonabili, al fine di unire veramente il centro alle periferie e permettere lunghe e rilassanti passeggiate ai tanti che vorrebbero camminare o correre in sicurezza (come realizzarle basta rivolgersi ad un qualsiasi funzionario olandese o belga).  Sarebbe bello infine creare un senso unico verso il Porto ad andare ed un altro dalla Serra a tornare. Bellissimo (e finalmente si valorizzerebbe anche la Quercia Vallonea e il suo boschetto). Costi probabilmente non altissimi, certo meno delle 6 inutili e recenti rotatorie della nostra Zona Industriale.

L’attuale Piazza Pisanelli merita senz’altro una profonda ristrutturazione, così come le strade che la circondano, via San Demetrio e via Tempio in primis. Dovrebbero diventare un unicum, sia dal punto di vista estetico (via alberi e marciapiedi) che da quello funzionale: finalmente il posto dove trovarsi senza l’assillo dell’auto e del parcheggio, dove entrare con calma nei negozi e soprattutto avere la scelta della ristorazione più variegata. Spostare anche la statua di Pisanelli all’interno dell’atrio del Castello: piazza aperta, libera, pronta a essere assolata e silenziosa oppure piena e interessante. Gli uffici comunali, oggi in due differenti monumenti storici, assolutamente inidonei, vanno spostati e resi finalmente efficienti: l’ex Acait può essere la soluzione più rapida ed efficace anche dal punto di vista della centralità e della funzionalità.

Marina Serra, per la sua particolare morfologia, bellezza e limitatezza, non può che essere gestita come una Positano o una Portofino, chiudendo cioè il traffico automobilistico sulla provinciale, facendola così diventare una vera e propria isola naturalistica, un posto da agognare, da ricercare con amore e prudenza. Il porto di Tricase va invece vissuto in modo rivoluzionario rispetto ad oggi: essendo l’unico posto davvero balneabile, va chiuso alle imbarcazioni dei diportisti, e va aperto verso il mare aperto un varco dal nuovo porticciolo, costruendo all’esterno una serie di attracchi per imbarcazioni più o meno grandi (più o meno protetti). Immaginate il primo porticciolo destinato completamente alla balneazione, idea quasi unica nel panorama nazionale. Del resto con le sue acque sorgive dolci, la sua spiaggetta, con la sua centralità, con i suoi bar e ristoranti, in effetti lo è già (però abusivamente e con tanto di un ipocrita divieto alla balneazione). Il Recovery Fund può aiutare un tale progetto?

A questo punto il famigerato Piano Regolatore (tanto atteso e tanto respinto) non può più essere il Piano di Tricase, ma un Progetto Comprensoriale, che sappia coinvolgere i paesi limitrofi, Tiggiano, Andrano, Specchia e Montesano in primis. Perché solo così potremo avere le giuste logiche sulle strade e trasporti (vedi 275), sulla valorizzazione delle Marine, sulla gestione di zone industriali e artigianali, sull’economie di scala per raccolta rifiuti, utilizzo al meglio delle risorse umane e in generale per un gestione meno improvvisata. La perdita dello stupido campanilismo per uno sviluppo più coordinato e visionario. Proprio su quest’ultimo sostantivo vorrei fermarmi un attimo: alcune cose possono sembrare oggi le utopie di un visionario, ma solo credendoci, andando alla sostanza, superando alcuni formalismi si può arrivare alla meta, dove il benessere di un intero territorio e una sana economia possono coesistere. Senza, però, limiti alla fantasia, che forse è stato il blocco che ci siamo autoimposto da soli nell’ultimo secolo, nella speranza unica e vana che qualcuno ci venga in soccorso. Modificare un po’ le nostre città, andando verso la contemporaneità artistica, estetica e ambientale, senza scalfire secoli di storia, è la sfida dei prossimi anni. Non perdiamoci.

 

il Volantino, 1 maggio 2021

Alfredo De Giuseppe

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