2012-01 "Vi presento le stagioni mediane", di Maria Antonietta Martella - il Volantino

E' un bel libro, direi il più bello di Alfredo, almeno quello che più mi è piaciuto. E' completo. E' la sintesi di tutti i suoi scritti precedenti, delle sue riflessioni ed esprime il suo sentire nella maniera più compiuta.

Stagioni Mediane è il racconto di un viaggio lungo la litoranea fra Marina Serra e Santa Maria di Leuca compiuto nella mezza stagione, precisamente fra la metà di maggio e la fine di giugno, facendo tappa nei bar e nei ristorantini della costa. Ma è stagione di mezzo anche quella dei due protagonisti, un uomo e una donna che non si conoscono, ma sono solitari compagni dello stesso viaggio.

Una donna forestiera in cerca di pace e di silenzio per la sua vacanza, incapace di uscire da sé e di abbandonarsi alla natura di un mondo che non comprende. E si concentra invece sul banale, sia pure stimolante obiettivo della conquista di un uomo, suo misterioso compagno di viaggio. Rimanendo alla fine della vacanza, e quindi del viaggio, spiazzata, disorientata, persa nei suoi dubbi esistenziali davanti allo spettacolo di un tramonto sulle bianche case di Leuca.

Mediana è anche l'età dell'uomo che compie il medesimo tragitto guardando intorno a sé con occhi diversi. Questa è la sua terra, la conosce come il suo corpo, l'ha esplorata palmo a palmo centinaia di volte, ogni volta scoprendola nuova. Questa terra e la sua gente sono parte della sua anima. Il viaggio dell'uomo nasce, ora che egli è a metà della sua stagione, dalla smania della ricerca di qualcosa, dall'urgenza di una “rivelazione che disveli il tutto”, che renda il senso delle cose, e in fondo di noi stessi, della nostra intima natura, i contrasti, l'eterna condizione di debolezza e di precarietà di questa terra. Verità da rinvenire magari fra le sue rocce e negli occhi stanchi e sfuggenti dei suoi abitanti.

Perché la scelta delle stagioni mediane? Perché la stagione di mezzo è quella della maturità, quella in cui l'uomo si concilia con se stesso, modera gli eccessi, trova un punto di equilibrio fra le opposte tendenze, le contraddizioni, le ambivalenze. Non è il tempo degli eroi che si collocano in situazioni spaziotemporali più estreme. La medianità nell'arco della vita dell'uomo, come nelle stagioni, è il momento magico dell'armonia. Le stagioni di mezzo, quella meteorologica e quella della vita ti permettono di cogliere più finemente i profumi, i sapori, i colori, di osservare intorno con la necessaria pacatezza; puoi comprendere meglio ogni cosa, puoi leggere negli occhi la gente, scrutarne l'anima e indovinarne le storie.

Ed è in un luogo mediano che si conclude il racconto del viaggio, un luogo dove metaforicamente si conciliano le diversità, là dove un mare si mescola con l'altro, dove l'alta scogliera passa dolcemente la mano alla costa bassa e, ed è alba a sinistra e tramonto a destra. Lì il viaggiatore, figlio di questa terra, trova spiegazione della sua stessa essenza ambivalente a cui è condannato: quella del poeta e quella dell'uomo razionale pervaso di spirito critico che gli toglie la felicità di godere con occhi innocenti lo spettacolo di un'alba, quello delle rocce affioranti, quello di una pajara fra gli ulivi, perché quel filtro che egli porta su antenne sensibilissime lo spinge alla ricerca del peccato originale che condanna questa terra all'abbandono, alle contraddizioni, alla precarietà, alla triste e stanca rassegnazione della sua gente, oltre che a cercare di capire qualcosa di se stesso.

Ed è qui, in questo punto mediano, che l'autore ha la “rivelazione” che cerca. Le sue riflessioni si allargano al mondo intero e nascono le pagine dedicate ai “Pensieri”, così le titola l'autore, che di tanto in tanto intercalano quelle del racconto: pagine di assoluta poesia intercalate da analisi socio-economiche e da considerazioni storiche. Pagine che sottolineano l'ambivalenza dello spirito dell'autore.

Alla fine della lettura resta l'impressione di un messaggio che sottende all'analisi e alla conoscenza profonda della nostra terra: terra di passaggio di popoli di ogni provenienza e di migranti, che non ha mai fatto in tempo, nel susseguirsi delle vicende, a ritrovare la propria identità, ad essere orgogliosa di se stessa, della propria ricchezza che le sue genti non hanno saputo vedere e l'hanno cercata, da disperati, altrove. E allora imparare a guardarci dentro, ad accettarci orgogliosamente per quello che siamo e cercare dentro di noi, nelle nostre radici il piano per disegnare il futuro di questa terra.

Il Volantino – Gennaio 2012

Maria Antonietta Martella

 

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