071 - Se Mattarella non ci fosse più - 2019-02-23

Se all’improvviso il nostro Presidente Sergio Mattarella dovesse, per un qualche motivo, non esserci più, si aprirebbe una crisi che porterebbe l’Italia nel caos. Questo pensiero improvviso, quasi lancinante, mi è venuto qualche giorno fa, quando, con diplomazia e discrezione, il Presidente ha ricucito i rapporti con la Francia, rotti a causa di un duetto comico messo in pista dal duo Di Battista-Di Maio (non c’era un richiamo di un ambasciatore europeo dal 1940, dal giorno della nostra inopinata entrata in guerra a fianco di Hitler).

Mattarella, liberal-democristiano, solido uomo delle istituzioni, fratello di un politico ucciso dalla mafia in Sicilia, viene eletto nel gennaio 2015 non dal popolo ma, come previsto dalla Costituzione, dalle Camere in seduta plenaria. La sua elezione ruppe di fatto il Patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi, che avrebbe voluto un uomo più vicino alle sue crescenti problematiche politiche e processuali. In questi anni turbolenti di leggi elettorali farlocche, di forzature costituzionali, di interpretazioni pericolose del ruolo di ministro, Mattarella ha rappresentato l’argine di quei punti fondativi del Patto su cui si regge la nostra convivenza sociale. Con una pazienza antica, ha dato l’incarico di formare il governo a Giuseppe Conte, dopo che in campagna elettorale e durante le consultazioni, erano state formulate delle sgrammaticature costituzionali degne di una classe delle elementari (ma buone per ossigenare un clima d’odio verso tutti). È intervenuto per risolvere crisi umanitarie, per dissuadere il Salvini dal continuare a tenere prigioniere delle persone su una nave militare italiana (vedi il caso Diciotti), per spiegare a tutti il corretto funzionamento di una nazione che non ha mai trovato il senso di comunità, per mantenere accesa la fiammella di un europeismo sostanziale e non di facciata, per salvaguardare i diritti individuali di ogni singolo cittadino, fosse anche di colore marrone o verde.

Immaginiamo dunque che fra qualche mese si debba eleggere in Italia un nuovo Capo dello Stato. Salvini vorrebbe un leghista di indubbia fede per far passare definitivamente la sua idea di sicurezza e la secessione di fatto, sotto la formula della “maggiore autonomia” (scuole diverse, stipendi differenziati, tre Italie all’orizzonte: paradiso, purgatorio e inferno). Di Maio penserebbe ad un uomo che accetti a sua volta modifiche sostanziali sull’assetto istituzionale con l’introduzione di referendum di tutti i tipi, promossi anche da quattro gatti, magari legiferando attraverso le conclusioni della piattaforma Rousseau. In ogni caso i due vorrebbero un Presidente molto vicino alle loro posizioni, che li possa garantire nei prossimi passaggi elettorali. Ci sarebbero poi i candidati del PD che sarebbero tanti quanti sono i leaderini di ogni corrente, ci sarebbe D’Alema che avrebbe un solo nome da proporre: il suo. Ma anche Berlusconi vorrebbe essere nella partita e oltre al suo proporrebbe il nome di Tajani. Insomma il caos, dal quale probabilmente si uscirebbe ancora una volta con una scelta alla Conte, un semi tecnico venuto dal nulla, buono come “burattino” presentatore e difensore d’ufficio dell’indifendibile. Forse una convergenza si potrebbe trovare sul nome di Lino Banfi, che metterebbe tutti d’accordo con una battuta in finto dialetto pugliese. (Ultimamente pure Carlo Freccero ha buone chance!)

Con un governo come l’attuale, con l’economia in recessione, con ministeri sempre più in difficoltà, con la povertà diffusa e non più quantificabile, si aprirebbero davvero delle ipotesi catastrofiche, fra le quali non escluderei la rottura definitiva con l’Europa e con la moneta unica, l’avvicinamento alla Russia di Putin e alla Turchia di Erdogan per creare un nuovo asse mondiale basato sulla follia, come del resto successe una ottantina di anni fa. In effetti anche un Presidente “democratico” come Trump aiuterebbe quest’involuzione non avendo egli stesso ben chiaro il limite del potere costituzionalmente corretto. Non ho alcuna fiducia che di fronte a fatti gravi e sconvolgenti queste menti assetate di potere possano fermarsi davanti al precipizio: le esperienze alla Maduro dimostrano che è possibile far morire di fame un intero popolo e conservare un certo consenso. In definitiva la Propaganda può sempre vincere sulla realtà, perché Essa è intrisa di fede, speranza e sogno.

L’Italia, gli italiani non mi sorprendono più, per nessuno dei loro comportamenti: ogni cosa può davvero succedere. Sono seriamente preoccupato e non so indicare neanche una sicura via d’uscita. Ci sarebbero le soluzioni, ma oggi non paiono all’ordine del giorno. Dobbiamo, per ora, sperare in una lunga vita di Sergio Mattarella, rimanere aggrappati ad un uomo solo, alla sua coerenza, al suo coraggio (e alla sua salute). A dimostrazione incontrovertibile della fragilità di questa nazione, per sempre dannata, troppo stratificata di stronzate secolari per far emergere dalla melma ciò che davvero la renderebbe unica e invidiabile nel mondo.

 

La mia colonna - il Volantino, 23 febbraio 2019

Alfredo De Giuseppe

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