068 - Ora che è difficile, anche solo pensarlo - 2019-01-26

Ora, che abbiamo deciso dall’aprile di quest’anno di eliminare la povertà, ora che abbiamo smesso di salvare i poveracci nel Mediterraneo, ora che le ONG sono diventate il nostro nemico da abbattere, che abbiamo mandato a marcire in galera Cesare Battisti, ora che il senso comune vuole giustizia e libertà un tanto al chilo, ora che potremo goderci la pensione con largo anticipo, ora che faremo vedere all’Europa quanto siamo tosti, ora è arrivato il momento di pensare alle cose serie. E’ vero, c’è pure il congresso del PD, fissato esattamente un anno dopo la super sconfitta elettorale, ma questo non fa neanche notizia. E c’è pure il nostro Emiliano che cambia idea su ogni cosa, ma questo è connaturato all’uomo e quindi non attuale. Le cose serie, dicevamo.

Ci sono problemi al Sud che sembrano ormai endemici. Disoccupazione, spopolamento, infrastrutture inefficienti, corruzione e difficoltà nel reperire una classe dirigente adeguata a tali complessità. Ma ormai nessuno pare occuparsene e preoccuparsene. Senza andare troppo lontano, dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’60, il Sud sembrava recuperare la forbice che lo differenziava dal Nord. Poi, lentamente, anno dopo anno, le differenze economiche e sociali sono tornate ad ampliarsi. Sarà una coincidenza ma la difficoltà storica è sembrata più evidente con la nascita e il rafforzamento delle Regioni. Intanto che il mondo andava avanti, noi stavamo progettando di ridare il governo delle nostre contrade ai vecchi potentati, a far gestire la modernità con i soliti metodi clientelari e mafiosi che stavano per essere debellati. Abbiamo ridato potere a chi doveva essere isolato da un governo centrale efficiente. Guerre politiche in ogni quartiere, di potere per il potere, per i soldi, per un posto, quasi mai per programmare il futuro e avere una visione più globale. Del resto da sempre il popolo affronta i propri problemi senza approfondirli e senza il buon senso che dovrebbe derivare dalle sconfitte.

Quando l’Albania nel 1991 si liberò dal cacchio soffocante del regime di Henver Hoxa, pensai subito che quella poteva essere una bella opportunità per il Sud, per il Salento soprattutto. Potevamo fare un bel porto con un collegamento costante di merci e persone, potevamo investire in infrastrutture comuni, potevamo avere una nazione in crescita che ci vedeva (ci adorava) come partner privilegiato. Una strada vicina per tutto l’est. Risultato: dopo quasi trent’anni, la Germania ha effettuato in Albania i più grandi investimenti in termini strutturali (aeroporti e strade), turistici e industriali, mentre noi continuiamo ad aprire qualche pizzeria. La Grecia, il Montenegro, ma anche la Turchia, la Tunisia, l’Egitto, dovevano diventare i nostri migliori supporter e invece siamo arrivati a viverli solo come nemici. Nonostante il mare nostrum del tempo dell’Impero Romano e nonostante la facilità attuale di collegarsi. Dovevano essere per noi come la Svizzera, la Francia, l’Austria lo sono per la Lombardia e il Veneto e invece abbiamo deciso di inseguire nuovamente il sogno della razza ariana.

Uno strabismo storico e colossale che invece di portare nuova linfa economica e culturale, ci condurrà a litigare in continuazione sui saldi di bilancio, che saranno sempre più difficili da portare in equilibrio. Per il semplice fatto che siamo avvitati su noi stessi e le soluzioni semplicistiche non fanno che peggiorare la situazione. Perché ora si è aggiunto Internet, la vita digitale, il commercio si sposta ogni giorno di più verso il web, il futuro sta per scorrere su strade inesplorate. E gli esploratori sembra che viaggino tutti lontano da questo Sud, destinato a luogo di villeggiatura estiva.

Ora che siamo in mezzo alla tempesta, che viviamo tempi di indecisione, lasciamo che concetti di democrazia vengano sabotati, che sintomi di umanità vengano derisi, che la propaganda a mezzo web diventi il nostro vero governo. Ora sarebbe il momento di difendere il sogno di un’Europa illuminista, di opporsi al trumpismo di tutto il mondo, di pensare ai Sud ridistribuendo le energie e le risorse, preservando l’ambiente, inventando nuovi modelli di consumi. Ora è davvero difficile, anche solo pensarlo.

La mia colonna - il Volantino, 26 gennaio 2019

Alfredo De Giuseppe

 

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