048 - In attesa dell'evoluzione del M5S - 2018-06-23

L’opacità del potere è da sempre un dato distintivo di chi gestisce la vita, l’economia, le guerre e la salute di milioni di persone. Non è possibile, forse, dire tutto a tutti, dire la verità con l’assoluta certezza che questa non procuri guai maggiori. Ad esempio, gli anni che ci aspettano, i prossimi decenni, fino all’assestamento demografico dell’intero pianeta, saranno molto difficili, terribili, dicono alcuni. Un politico accorto, deciso almeno a mitigare gli effetti dei problemi che si riverseranno su tutti noi, dovrebbe fare due cose fondamentali: studiare con profondità i processi sociali e globali che andremo a vivere e avvertire i suoi elettori delle difficoltà complessive del sistema di far convivere libertà e sicurezza, dignità e ricchezza, giustizia e solidarietà. Questo pensavo seguendo in questi giorni l’indagine legata al nuovo stadio della Roma.

Ho sempre guardato con interesse alla nascita e all’evoluzione del Movimento 5 Stelle, proprio perché su questi temi sembrava poter dare una visione diversa, un’accelerazione alla metafora del potere. Però da sempre, fin dall’inizio ho segnalato a me stesso e ad altri che un movimento, prima apparso quasi spontaneo, sull’onda delle battute di un divo televisivo come Beppe Grillo (arrabbiato per motivi personali e umorale per copione), non poteva lasciare l’organizzazione interna e statutaria a personaggi terzi di cui nessuno conosceva nomi, cognomi, la loro storia, le loro basi culturali e politiche. Davide Casaleggio, ad esempio, figlio di Gianroberto, è un nome che non è incluso in nessun organigramma del Movimento, eppure viene comunemente accettato come coordinatore e gran tessitore di ogni confusa diatriba interna. Lui, in accordo con pochi altri, una volta accertata la limitata autonomia decisionale della Raggi, ha per esempio imposto assessori nella giunta di Roma, ha suggerito i dirigenti delle partecipate, saltando ogni confronto e ogni competenza. Ha detto la sua su ogni mossa relativa al nuovo governo, e non è poco per uno che non mai fatto nulla nella vita, se non essere figlio del fondatore di un blog. Tutto in maniera opaca, così come poco trasparente è apparsa ai più la composizione delle liste formatesi attraverso la piattaforma on-line Rousseau, che in effetti è nelle sole mani di Casaleggio e (forse) Grillo.

L’obiezione è ovvia: anche negli altri partiti decidono tutto i segretari o i padroni (Berlusconi), ma questo non convince chi da sempre ha criticato il Berlusca politico, il Renzi pigliatutto e vedeva in Grillo un ispiratore, non certo un coordinatore politico come poi è diventato. Inoltre la mancanza di una vera discussione politica prima e poi della chiarezza politica e amministrativa porta il leader Di Maio a dire tutto e il contrario di tutto nell’arco di pochi giorni. Per cui su Ilva non sappiamo ancora come la pensa, anche se tutto il Movimento fino a un mese la voleva chiudere, cosa vuol fare dei progetti iniziati dai precedenti governi, come si vuole rapportare all’Europa. Però se arriva una mail dalla Casaleggio & Associati, se Beppe scrive un bel post, l’aria si purifica e tutto può procedere. Infatti nel governo sono entrati in quota 5stelle dei ministri che nulla hanno condiviso in questi anni delle battaglie del movimento (Tria e Moavero ad esempio). Così come Conte esce da un cilindro incomprensibile e alla fine indigeribile agli stessi simpatizzanti pentastellati. Forse potevamo capire di più se alcune discussioni, sui nomi e sulle modalità delle nomine (vedi Lanzalone a Roma) fossero state viste da tutti noi in diretta streaming, come all’inizio prometteva lo stesso Grillo. Una casa di vetro, visionata dal web in ogni momento. Una pura illusione, rinnegata velocemente, senza alcuna spiegazione. In definitiva, l’unico streaming al quale abbiamo assistito, è quello con Bersani, durato non più di 5 minuti, tanto per irridere qualsiasi possibilità di dialogo. Una forza nuova, rivoluzionaria, in quel streaming avrebbe dovuto approfondire per 5 ore o forse per 5 giorni, quali erano le reali possibilità di cambiare l’Italia con le forze determinate a farlo nel vero interesse generale (bastava anche una buona legge elettorale e la revisione seria del ruolo delle Regioni nell’ambito di una vera riforma costituzionale). Insomma, dopo quel mancato vero confronto nell’interesse dell’Italia, si è andati avanti con slogan elettorali, a volte inutili, a volte falsi, fino ad arrivare ad una specie di asservimento al sovranismo demagogico e razzista di Salvini. A quel tempo la rabbia dei 5S non ammetteva confronti, oggi la gestione del potere impone l’accettazione di ideologie pericolose, contenenti tutti i sintomi di una débâcle italiana ancora più lacerante. Mi auguro ancora che la base del M5s trovi la modalità di uscire da questo opaco, terribile cono d’ombra. Per il bene dell’Italia.

La mia colonna - il Volantino, 23 giugno 2018

Alfredo De Giuseppe

 

Stampa