027 - Il Pianeta in un equilibrio precario - 2017-12-16

Ci sono alcune strade che sembrano avere una sola direzione, senza ritorno. La popolazione mondiale fra pochi decenni si assesterà fra i dieci e i dodici miliardi, il pianeta sarà in un equilibrio sempre più instabile; l’acqua sarà un argomento complesso da gestire, mentre dei fossili si potrà fare a meno; i robot sostituiranno l’uomo in molte attività manuali, compreso la guida delle auto; la scienza medica farà progressi sempre più rapidi, fino ad essere tutti monitorati minuto per minuto; gruppi terroristici cercheranno di opporsi al progresso con la barbarie ma saranno perennemente sconfitti dalle soverchianti forze statali; internet, i social media, e altre sfumature del genere ufficialmente dovranno eliminare l’anonimato, facendo proliferare un internet illegale; il commercio, le borse, la finanza mondiale, forse in mano ad una decina di persone, sarà sempre più dominante rispetto a qualsiasi decisione politica; andremo su Marte e cercheremo di installare moduli vitali; lo spettacolo e lo sport sempre più presenti nella vita di ogni giorno; i politici sempre più isolati ma protetti. Questi scenari, non più frutto di fantascienza o di film horror, sono valutati con attenzione in ogni campo da ambientalisti, demografi, scienziati e sociologi.

C’è una cosa, però, che viene sottaciuta, benché abbia allo stesso modo imboccato una strada senza ritorno: la società costruita in questi ultimi trent’anni ha le sue fondamenta nel principio che un élite di persone, stimata ottimisticamente intorno al 3%, governerà i processi, o almeno sarà parte di essi, comunque molto ricca e arrogante. Le masse guarderanno a quest’élite con invidia e angoscia, ma tenute a bada facilmente, per lo più dentro un’ignoranza elettronica. Che poi consiste nel far usare gli strumenti più moderni, senza poterli mai, in alcun modo, dominare. Una democrazia sempre più rarefatta che si fonda su due immagini preoccupanti: da una parte una casta benestante e famelica e dall’altra una massa sempre più povera che si arrabatta ogni giorno, che lotta contro i suoi simili, che vede alcuni personaggi inarrivabili ai quali non sarà facile chiedere niente, se non quello codificato dai modelli scientifici, elettronici e finanziari dominanti.

Se riflettiamo, un vero e proprio capovolgimento dei principi del Novecento, rivenienti a loro volta dall’Illuminismo, che fondava il suo credo nell’uguaglianza fra gli esseri umani. Oggi invece si assiste quasi inermi a questo passaggio fondamentale, alla teorizzazione che non siamo tutti uguali: le disparità hanno una loro ragion d’essere, punto e basta. I partiti che ancora lottano per un’uguale dignità di tutti i cittadini, immigrati e poveri, carcerati e studenti, operai e giudici, hanno nelle nostre democrazie moderne un peso insignificante, sono quasi sempre considerati obsoleti e infine relegati a fattore nullo, utile solo a dimostrare che esiste un dibattito.
Ci sarà chi diventerà super ricco gestendo una qualunque cosa che ad ogni cittadino costi anche un solo centesimo al mese e ci saranno dieci miliardi di poveri che spenderanno quel centesimo al mese per sentirsi parte di quel processo vincente. Un’immensa moltitudine di nuovi schiavi del lavoro, dipendenti, professionisti e piccoli imprenditori, senza possibilità di cambiare posizione. Poveri di denari e di consapevolezze, tenuti a bada con sistemi di influenza sempre più sofisticati, magari con realtà virtuali e con un controllo maniacale sulla privacy. Questo è lo scenario più plausibile nei prossimi 50 anni, a voi non piace, lo so, a me neanche, ma non riusciremo più ad unirci per dire no, siamo diventati liquidi e isolazionisti, pensiamo che davanti alla tastiera, ognuno di noi, troverà la sua fortuna.

Ci sarebbe una soluzione, una strada in salita e irta di difficoltà, unico appiglio che possiamo trovare: una scuola rivoluzionata e profonda, che sappia far maturare il senso critico dei bambini, che lasci alcune materie e ne approfondisca altre (ad esempio come leggere e usare i social network, la globalizzazione, l’economia), che sappia cogliere i cambiamenti, che studi la storia e l’antropologia, che insegni come vivere in armonia con la natura e gli altri umani, anche al di fuori delle loro disastrate famiglie, delle loro ignoranze indotte, dei loro scadenti rapporti sociali.

La mia colonna - il Volantino, 16 dicembre 2017

Alfredo De Giuseppe

 


 

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