2007-01 "Politica e mal di pancia" - Il Gallo

Non v’è dubbio che a livello razionale, per tentare di governare questa Italia sgarrupata, tentare di portarla a livello delle nazioni più civili, sarebbe necessaria una revisione della politica e dei partiti. A livello di idee quasi tutti gli osservatori apprezzano l’ipotesi di un partito democratico a sinistra che raccolga tutte le forze moderate ed un partito conservatore a destra. Questa ipotesi abbinata ad uno sbarramento elettorale del 5% porterebbe ad un chiarimento delle forze in campo: da una parte ci sarebbe spazio per un unico partito di supersinistra e dall’altra uno spazio per la Lega se riesce a superare lo sbarramento. In questa maniera dovrebbero esserci maggioranze stabili e durature, senza subire i ricatti di un partito che ha l’1% dei voti o addirittura del singolo parlamentare.

Se passiamo ad un livello prettamente politico cominciano i guai: chi voterà mai una riforma che autoesclude chi la vota? Ci sarà mai un partitino disponibile a chiudere bottega, ammainare le bandiere nella sede centrale del partito, non far sentire la propria voce tutti i giorni in tv? Non solo, c’è chi all’interno dello stesso partito, vedi il correntone dei DS, si è creato una situazione di opposizione permanente rispetto al gruppo dirigente. Molti anche all’interno della Margherita pensano che non farebbe molta strada un partitone con dentro Mussi e Rutelli, l’ex  comunista convinto e l’ex democristiano ancora doroteo, l’ex socialista rampante e l’ex liberale del famigerato pentapartito (senza dimenticare gli interventi della CEI). Insomma politicamente un’indecisione unica, uno stallo perenne, che potrebbe essere sbloccata solo da un accordo trasversale fra tutte le forze presenti in parlamento per studiare finalmente una riforma lineare nella logica della corretta governabilità di un Paese altrimenti ingovernabile. Questa ipotesi cozza contro lo scoglio Berlusconi che per sedersi ad un tavolo che discuta seriamente di queste cose vorrebbe incassare dei lasciapassare perenni per i suoi insuperabili conflitti d’interesse. Questo a sua volta significherebbe sacrificare una certa libertà d’espressione e di confronto, oltre che di raccolta di risorse economiche, in nome di un ricatto politico. In definitiva un gran saltellare di ipotesi, ma senza una cosa che sia davvero convincente.

Poi c’è un livello che definirei di pancia, che è ancora più sotterraneo e ancora più duro. E’ il livello dei piccoli interessi, dei grandi interessi personali di ogni singolo deputato, che  a cascata coinvolge tutti i settori della politica, da quella regionale a quella comunale. Tutti, come una casta medievale, hanno trovato la loro dimensione: ogni partitino ha il suo bel giornale strafinanziato dalla collettività (in alcuni casi mai letto da nessuno) e il suo bel gruppo dirigente che niente niente rende famoso qualche nullafacente fra i vicini di casa per essere vice-vice segretario del partitino che ha due deputati in parlamento; c’è chi ha  messo le mani su una carica (utile o inutile non importa) e la lascerebbe solo in cambio di qualcosa di molto più interessante, anzi più visibile. C’è chi si è fatto due conti e ha visto che nell’organigramma di un’eventuale nuova aggregazione non troverebbe posto, se non di secondo piano, e avrebbe difficoltà anche a rilasciare un’intervista a tele rama o a interdire la nomina qualsiasi di un suo avversario. Infine c’è chi sta pensando alla pensione e siccome non saprebbe come guadagnarsi da vivere fuori dalla politica, lotta ogni giorno a mezzo comunicati stampa o a mezzo comparsate varie, contro ogni ipotesi che appaia appena appena razionale.

Tutti questi, che sono quasi la maggioranza dei circa 700.000 (dicasi settecentomila) che si occupano di politica, sarebbero disponibili a modificare davvero qualcosa in cambio di alcune opportunità, tipo: la garanzia di essere eletto a vita, oppure una liquidazione in denaro, non tassabile, pari all’equivalente della paga di un deputato eletto per 40 anni, oppure la cessione a titolo gratuito di un numero di case e terreni edificabili da individuare a sua scelta, oppure, i più buoni, l’assicurazione papale di una santificazione immediata alla sua morte.

Dopo quella grande dimostrazione di unità d’intenti che fu l’ottima Costituzione italiana, oggi gennaio 2007, questa è la reale situazione della nostra Italietta. Un unico torto ebbero i padri costituenti: non aver previsto un intero capitolo per regolamentare come comportarsi nel caso di mal di pancia collettivo dei nostri rappresentanti eletti per fare gli interessi del popolo italiano.

Il Gallo - Gennaio 2007

Alfredo De Giuseppe

 

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