2019-04 "La parabola di Grillo&Grillo" - 39° Parallelo


Ci sono due importanti Grillo nel Movimento 5 Stelle: uno è Beppe il fondatore, di professione artista comico e satirico; l’altra è Giulia, Ministro della Salute dell’attuale governo Conte, laureata in Medicina e Chirurgia. Rappresentano due storie esemplari dell’approccio alla politica, direi alla vicenda umana con tutte le sue intersecazioni. Distanti fra loro per formazione e cultura, poi unite dalla medesima visione politica, mi sono sembrate, forse per l’omonimia, molto interessanti da raccontare, nell’esplicazione attuale del potere e delle parole.

Beppe Grillo, classe 1948, genovese, ragioniere, inizia a vent’anni l’attività di rappresentante di commercio. Nel 1977 viene scoperto in un cabaret milanese da Pippo Baudo e da questo catapultato in televisione. Diventa un noto comico televisivo, originale nel suo caratteristico cinismo, fino al 1986, quando viene allontanato dalla Tv di Stato per una battuta sui ladri del partito socialista, all’epoca al governo con il Presidente Craxi. Negli anni ‘90 abbandona il piccolo schermo per dedicarsi esclusivamente a spettacoli teatrali, sempre più liberi nel linguaggio, nel sarcasmo politico condito di epiteti, soprannomi e dileggi sulla base dell’aspetto fisico. Una serie di tournée teatrali che l’hanno portato di anno in anno ad abbandonare l’iniziale tono ironico e leggero assumendo sempre più quello del guru che invoca giustizia e cambiamento, senza sconti per nessuno. Il vate di una rivoluzione dolce con due presupposti fondamentali: la classe politica formatesi in questi ultimi trent’anni va sostituita in blocco; i nuovi politici devono essere i miei fedeli lettori/spettatori senza scopo di lucro e senza un passato di idee o di politica. Gente comune, ma onesta, gente inesperta ma pronta a scardinare le porte del sistema. Finché nel settembre 2007, a Bologna, organizza la manifestazione del Vaffa-day: Piazza Maggiore, collegata con altre 200 piazze italiane, è stracolma di ragazzi, per lo più delusi dai politici di sinistra (in quel momento governa Prodi in una specie di stallo perpetuo, inghiottito dai giochi di potere interno al Palazzo). E’ ormai un politico a tutti gli effetti, nuovo nella sua dinamica, figlio della rete, formatosi nei teatri, nelle piazze, lontano dagli schermi televisivi e dalle sedi di partito. A quel punto il passo è breve: compaiono in alcune città le prime liste “Amici di Beppe Grillo”. Poi la valanga delle elezioni del 2013, che porta il M5S a superare il 25% dei voti. Un movimento sempre più in mano al gestore del sito web, una società collegata alla famiglia Casaleggio. Quando il 4 marzo 2018 il movimento diventa il primo partito nazionale, il Beppe fa un passo indietro e diventa “Garante” e non più capo politico, lasciando la partita in mano a Di Maio e a pochi altri. Un anno dopo, nel bel mezzo di tempeste politiche praticamente quotidiane con l’alleato al Governo, la Lega di Salvini, il comico riprende le sue tournée e gira l’Italia con uno spettacolo dal titolo “Insomma…ora dormo”. In queste ultime settimane ha inveito contro i manifestanti che a Milano il 2 marzo sfilavano contestando le politiche del governo in termini di accoglienza e immigrazione. Ha detto: il razzismo non esiste in Italia, i manifestanti sono vittime di un abbaglio mediatico, ho fiducia in questo governo. Poi durante il suo spettacolo al Politeama di Lecce del 9 marzo è stato contestato per le scelte operate in Puglia su TAP e IlVA e lui ha detto semplicemente: ragazzi, i vostri problemi non li posso risolvere io. Il 15 marzo su tutte le piazze del mondo ci sono state manifestazioni di ragazzi contro le scelte dei politici in materia ambientale. Il grande Beppe non trovato il modo di dire una sola parola sull’argomento (quel giorno sul suo Blog c’era spazio per un attacco al neo segretario del PD, Zingaretti). Le piazze, un tempo amiche, sono ormai ad una distanza siderale. Sembra una parabola evangelica: tuonare contro ogni potere è molto semplice, gestire le complessità del governare è molto più difficile.

Giulia Grillo nata a Catania nel 1975, dopo la laurea svolgeva libera attività di medico legale. Grillina delle prime ore, fin dal 2006, alla sua seconda legislatura, ha assunto la carica di Ministro della Salute dal 1 giugno 2018. Finché non è diventata ministro, le sue tesi contro i vaccini erano sbandierate come una conquista di libertà individuali. Celebri in campagna elettorale alcune sue frasi tipo: “riconoscere l’importanza delle vaccinazioni e poi costringere le persone a farle sembra essere una contraddizione”. Divenuta Ministro ha cominciato a svoltare: i vaccini non erano più una maledizione voluta da un complotto delle case farmaceutiche ma delle buone pratiche da “raccomandare” e non imporre. Dopo qualche mese comincia a parlare di “obbligatorietà flessibile” (che è meglio delle “convergenze parallele” di Aldo Moro) finché non arriva una specie di abiura. A dicembre 2018 dichiara di voler fare i vaccini a suo figlio appena nato e nel gennaio 2019 afferma in Tv che l’obbligo ha un suo senso. Il 7 marzo dirama un comunicato per ribadire che non ci sarà “nessun provvedimento urgente per estendere la possibilità di autocertificare le vaccinazioni e consentire così di rimanere a scuola ai bambini le cui famiglie non hanno ancora presentato la documentazione attestante le profilassi”. Insomma fra giravolte, smentite, conferme, mezze ammissioni la Grillo esprime a mezza voce gli stessi concetti della precedente Ministro Lorenzin. Un altro messaggio evangelico: dire stronzate anti scientifiche può essere utile in campagna elettorale, ma molto dannoso per milioni di persone quando sei responsabile della salute pubblica.

Le due storie, le due parabole, vissute per intero all’interno dell’ultima immaginifica stagione politica, si prestano a centinaia di commenti diversi. Il primo che mi viene in mente è che lasciarsi trasportare dalle proprie parole in libertà può essere molto pericoloso per sé stessi e per i propri fedeli. In ogni caso è bene ricordare che l’italiano medio ama votare sapendo in anticipo di essere preso in giro. È un rifugio della mente, uno modus vivendi che viene da lontano, forse condizionati dai discendenti di Ulisse. Un tipo furbo, donnaiolo e guerriero che aveva insegnato come mentire in continuazione per salvarsi la vita.

39° Parallelo – Aprile 2019

Alfredo De Giuseppe

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