2012-06 "Bertolucci ti voglio bene" - Il Volantino

Sabato 16 giugno si è spento Giuseppe Bertolucci, un uomo di cinema e di cultura che aveva scelto di vivere il Salento.  Per noi, che lo avevamo conosciuto in questi ultimi anni, una grave perdita. La sua ironia, il suo carisma esercitato senza mai alzare la voce, la sua evidente vena poetica gestita con intelligente discrezione, ci mancheranno molto. Ci siamo conosciuti fra una cena e l’altra, abbiamo approfondito fra la scelta di un Primitivo e il miscuglio culinario parmense-salentino. Era un tipo curioso Giuseppe, molto curioso della cultura degli altri. Siamo andati in localini sperduti alla ricerca della vera salentinità e  chiedeva continuamente informazioni sulla caletta nascosta di Porto Badisco o della spiaggetta di Tricase Porto.

E’ vera sabbia o trasportata da chissà quale riviera romagnola?  Perché Tricase non prende mai le Bandiere Blu? E cos’è il famoso Rio? Che bisogno c’era di violentare così i vostri paesi con quelle periferie orrende? Una serie di domande intervallate da lunghi silenzi, da riflessioni profonde. A chi non ha conosciuto Giuseppe Bertolucci, propongo di leggere il suo ultimo libro “Cosedadire” dove si evidenzia la sua complessa personalità, un po’ stretta fra il “sommo poeta”, il padre Attilio, e il famoso regista, il fratello Bernardo. Questo libro, edito da Bompiani, che poi è una raccolta di suoi interventi sul Cinema, su Pasolini e soprattutto sulla psicanalisi, mostra la sua profonda conoscenza umana e culturale. La psicoanalisi come somma finale di un uomo dubbioso, di un percorso comunque tragico, comunque da interrompere, dove il male di vivere fa poetare, filmare e curiosare.

Appena arrivato nel Salento lo avevamo corteggiato tentando di creare un’associazione di cinema, una cineteca salentina da valorizzare nella sua decodifica. Lui e sua moglie, Lucilla Albano, (lei insegna Storia delle teorie del cinema al DAMS di Roma)  avevano subito dato il loro assenso, ne parlammo ancora qualche mese, poi non se ne fece niente. Fare qualcosa di duraturo qui è sempre complicato. Negli ultimi mesi, benché la malattia incalzasse, non aveva perso il senso dell’umorismo e sapeva trarre spunto da piccole storie per una battuta che univa il politico e il sociale, per sorridere dell’Italia e di se stesso. Ecco, il sorriso di Giuseppe è qualcosa che rimane, qualcosa da amare. Era preoccupato, da buon ex militante comunista della deriva dei partiti e della politica e continuava a leggere e a interrogarsi, a chiedersi se l’uomo debba tendere ad una società perfetta o accettare giorno per giorno piccoli, infinitesimali spostamenti. In questi ultimi anni, comunque fecondi (basti pensare alla regia teatrale e al successo dello spettacolo “Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione” recitato da Fabrizio Gifuni), ha cercato la pace interiore in un luogo che non conosceva, in un luogo che univa mare e terra, al confine della ragione.

Il suo funerale, sotto la regia di sua moglie (e sceneggiato da lui stesso?), è sembrato l’epilogo perfetto della sua vita. Un solo manifesto, quello del Comune di Diso, niente messa e sacerdoti, il suo corpo, che sarà cremato, sobriamente esposto in  una saletta dell’ex convento dei Cappuccini. I suoi familiari, compreso Bernardo, in silenzio, senza nessuna concessione allo spettacolo della morte. I suoi amici hanno lasciato i loro impegni, hanno preso il primo volo e si sono precipitati a Diso, Roberto Benigni ha indossato un cappellino bianco, sua moglie Nicoletta Braschi ha letto, nella più vera commozione, una poesia di Giuseppe del 1970 che inizia così:

"Ci sono ancora molti anni
per peggiorare e per invecchiare
ma anche fra cinquanta anni mi troverete
vicino alla finestra con ago e filo
e una calza verde e una palla di legno
e una minestrina sul fuoco
e un romanzo lasciato a metà
credetemi/aiutatemi a credere”
.

Giuseppe  Bertolucci, nato a Parma, vissuto fra Bologna e Roma, ha scelto di morire fra Diso e Tricase.

Giugno 2012 – Il Volantino

Alfredo De Giuseppe

 

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