2007-12 "Cambiare per sopravvivere" - Il gallo

Ma senza un nuovo entusiasmo non si parte

Ringrazio “Il Gallo” per aver incluso, seppur non richiesto, il mio nome in quel gioco/sondaggio riguardo al nuovo Sindaco di Tricase. Ma il giochino, al di là del risultato sicuramente inaffidabile, mi dà modo di esprimere alcune considerazioni.

Tricase vive una crisi profonda,  l’abbiamo detto tutti, ma nessuno dice che le crisi, a volte, possono essere lo stimolo per fare cose grandi. Dopo una guerra, e Tricase appare in una specie di dopoguerra, c’è una sola certezza: bisogna ricominciare. Dovunque, nell’Italia del ’46 come nel Vietnam del 2000. Pochi dicono che la crisi di Tricase si inserisce nella profonda crisi del Sud, ma anche dell’Italia tutta. Stiamo pagando gli anni della allegra finanza, delle lobby incrociate, dei conflitti d’interesse portati a sistema, della totale assenza di etica e immaginazione. Il Censis ormai da anni descrive una nazione in disarmo, ripiegata su se stessa, vittima dell’ignoranza televisiva, dell’approssimazione democratica, dell’individualismo danaroso vessillo dell’unico valore condiviso. Della antica grandezza storica dell’Italia non importa niente; eppure potrebbe essere il collante delle nostre città, la corazza per difenderci dalla modernità cafona e invece siamo al totale abbandono della Storia. Ha ragione Benigni: abbiamo inventato il mondo moderno, le scritture, l’architettura, il diritto, le scienze e l’astronomia e abbiamo accettato di essere governati da personaggi come Calderoli. Facciamo discorsi vuoti, tipo sull’età anagrafica o sull’immagine dei nostri politici e non sulla loro intelligenza, capacità e moralità. Così succede che in Parlamento venga sbeffeggiata una persona come Rita Levi Montalcini, una che a novantotto anni appare più vivace di tante ragazze impegnate solo al parrucchiere (e poi lei e la Margherita Hack mi appaiono belle, giovani e divertenti - sarò malato?). Abbiamo dimenticato la fantasia dei nostri avi nel pensare una città, abbiamo perso il treno delle novità scientifiche, nell’energia come nella produzione.

Questo è il momento di risalire, di ricominciare o dobbiamo di nuovo toccare il fondo della miseria e dell’odio di classe? Nell’analizzare con alcuni amici le cose del nostro tempo, abbiamo considerato che fosse giunto il momento di ricominciare a pensare alla politica. Abbiamo pensato che richiudersi in un proprio steccato intellettualistico non serviva più, scrivere qualche articolo sui giornali locali non era più sufficiente, vivere il familismo come unico interesse era aberrante. E’ chiaro che per rimettersi in gioco, bisogna accettare alcune regole, prima fra tutte quelle delle elezioni democratiche, ma significa anche lottare contro tutte quelle regole non scritte, ma di uso ormai comune, che hanno portato Tricase e l’Italia sul punto del non ritorno. Ci è sembrato che, qualsiasi fosse la forma di lotta scelta, si dovesse iniziare da un preambolo di tipo etico, con una visuale molto larga che andasse a inquadrare i vari campi dello scibile attuale.

Questa è una premessa facile da accettare ma difficile da attuare, specie in un momento di grave crisi economica, in un momento di lunghi coltelli e di complessità generalizzata. Ma abbiamo sentito l’urgenza di intervenire, non già come eroici salvatori, ma come partecipi di una battaglia da dedicare al nostro stesso senso del vivere. Abbiamo osservato di essere arrivati al crinale di una vita che, se dovesse scivolare ancora, porterà solo infelicità e insicurezze, prevaricazione del prepotente e miseria, mistificazione delle realtà ad uso e consumo del governante, abbandono verso la superficialità che diventa pregiudizio e mancanza di rispetto.

Insomma c’è bisogno di studiare la realtà, così composita e complessa, di darsi un nuovo inizio, di avere degli obiettivi alti quali un sostanziale recupero dell’interesse delle persone per la loro stessa terra, per il loro stesso destino, per il bene comune, per un ecosistema tollerabile, per uno sviluppo della scienza al servizio dell’uomo. Un recupero generale dell’entusiasmo del vivere, ma anche della convivenza civile. Non ci si può immaginare di essere candidato prima e poi magari Sindaco di una città senza avere vicino tante persone che hanno questo stesso sentire, queste stesse utopie. E francamente non ho in questo momento la sensazione che Tricase abbia tante persone che sono così prese da un sentimento collettivo da mettersi in discussione, da lasciare la loro quotidianità per cominciare nuove avventure. Forse non è ancora il momento. In questo senso essere eletto Sindaco ha poco valore, conta poco vincere fra i tanti intrecci politici e poi avere difficoltà a realizzare la pur minima innovazione, partendo da presupposti errati o buoni solo per se stessi. Un obiettivo difficile ma per il quale stiamo lavorando, incontriamo persone, confrontiamo idee e progetti, tentiamo di informarci nella giungla della burocrazia, parliamo con tutti e non scartiamo nessuno.

Io l’ho detto altre volte: sono disponibile a contribuire alla gestione di questa città solo se intravedo un numero molto alto di persone che sentono allo stesso modo, che hanno voglia di lavorare in silenzio, che tralasciano un po’ l’immagine e vanno alla sostanza, che sono disponibili a perdere e non a guadagnare pur di contribuire a cambiare il destino di Tricase e quindi dell’Italia. In questo senso un sondaggio non basta; una preferenza espressa per simpatia, immagine o parentela non basta; serve un comune sentire, un vero coinvolgimento che a sua volta crei nuovo entusiasmo.

Il Gallo - Dicembre 07

Alfredo De Giuseppe

 

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