2007-06 "Cronaca di un funerale" - Il gallo

Appena un anno fa, su questo stesso giornale concludevo così il pezzo che raccontava il pomeriggio del 12 giugno in cui Antonio Coppola vinceva il ballottaggio e veniva riconfermato Sindaco di Tricase “…la festa non riconosce sconfitti, è un momento di grande euforia dove è necessario abbassare la guardia, farsi trovare con il cuore aperto e finalmente gioiosi. Poi forse cominceranno gli interessi di bottega: le piccole faide e le incomprensioni. Ma questo è il momento della vittoria per la vittoria, della reale scarica adrenalinica. La festa ufficiale sarà un’altra cosa. Ci sarà tempo per fare la giunta, per tentare di risolvere i problemi di Tricase e del Basso Salento, perché questa a ben vedere è una terra unica, bellissima, irriducibile. C’è da lavorare ancora sulla tipicità, avere il coraggio di vivere questo globo senza perdere quelle piccole particolarità, senza affossare nella mediocrità. Antonio festeggia, noi con lui, per il bene che vogliamo a questa crosta pietrosa immersa in due mari antichi…

Nella tarda serata di un giovedì 7 giugno si è consumata invece una manifestazione funebre in Piazza Pisanelli per ricordare il governo Coppola. L’orazione l’ha tenuta lo stesso Sindaco, fra la malcelata rabbia verso i “traditori del voto popolare” e l’emozione per non aver saputo dare le risposte che l’elettorato si aspettava da lui e dalla sua giunta. Alla gente, si sa, i funerali piacciono ed infatti la piazza era gremita.

Sul palco con lui c’erano solo assessori e consiglieri, mentre i rappresentanti dei partiti si erano ben guardati dal condividere il momento negativo: le condoglianze si fanno solo ai parenti più stretti e i partiti evidentemente non avevano questo sentimento di condivisione. Questo che appare solo come un’annotazione di cronaca è invece un passaggio molto significativo sulle reali cause che hanno determinato lo scioglimento del Consiglio comunale. Coppola non è amato dalla pancia dei partiti ma solo dal cervello, lui non ama i partiti né con la pancia né col cervello. Questo dato è emerso molte volte in questi sei anni, questa la dicotomia continua di una coalizione che sembrava legata solo dalla figura carismatica del Sindaco e che cercava continuamente di liberarsi di una figura troppo appariscente. Da un lato la necessità Coppola, dall’altro l’insopportabile lontananza del Sindaco da ogni salotto politico (fosse anche qualche caffé e aperitivo in piazza Pisanelli).

Questa reciproca difficoltà relazionale è esplosa con l’arrivo dei Cristiano Sociali. Ancora di più Coppola non ha sopportato l’intrusione nella vita amministrativa di un nuovo soggetto politico e della composizione della nuova segreteria della Margherita. Le sue parole in piazza su questo punto hanno denotato una scarsa attenzione al fenomeno della politica attuale, che prevede lunghe ed estenuanti trattative su tutto se hai vinto con una coalizione variegata e multicolore. Non puoi pretendere carta bianca se l’esecutivo è dettato dalle segreterie dei partiti, senza tener conto in alcun modo delle competenze e dei meriti. Chi fa i progetti, chi produce, chi determina, chi fa funzionare la macchina amministrativa?

Su tutto questo Antonio Coppola ha glissato nel suo comizio d’addio. Ha chiesto scusa ai suoi elettori e alla cittadinanza, ma solo per aver covato in seno le serpi che poi l’hanno tradito. Non ha affondato il discorso sulle reali motivazioni che hanno portato al fallimento: forse è troppo presto, ma sono convinto che un un uomo colto ed intelligente come lui non si limiterà nei prossimi mesi a parlare solo di “un misero 6% che ha messo KO il restante 94% che voleva lavorare e governare bene”. Le ragioni vanno cercate nei rapporti prima umani e poi politici con i suoi stessi sostenitori, con le segreterie dei suoi partiti, sempre pronti a sostegni provvisori e di facciata. La riflessione dell’uomo Coppola (che ho visto stanco e sorpreso di questa sua prima bocciatura) deve essere profonda e non banale o superficiale: le ragioni della sconfitta sono da ricercare nel complesso della sua gestione amministrativa e politica non solo dal “tradimento” di qualche consigliere.

Non si è parlato durante il suo comizio delle difficoltà di Tricase, dei suoi giovani e dei suoi disoccupati, delle sue strade e delle sue marine, delle sue campagne e dei suoi monumenti: tutto dimenticato, tutto in secondo piano rispetto ad una crisi che ci lascia il sapore di niente. Adesso ci sarà il tempo per quello che qualcuno ha definito “la rifondazione politica”, poi ci sarà il luogo per discussioni su un leader che deve unire e non dividere, ma adesso c’è l’aria sommessa di un funerale, di un angusto funerale del centro sinistra così come era stato immaginato fino ad oggi.

Il Gallo - Giugno 2007

Alfredo De Giuseppe

 

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