2006-11 "Rocco Episcopio scrive" - 39° Parallelo

L’infermiere professionale Rocco Episcopio ricominciò la stagione politica d’autunno esattamente da dove l’aveva lasciata: dall’orgoglio dei propri comportamenti pubblici. Tutta l’estate era trascorsa sulla scelta della giunta e poi a incontrarsi nella sezione del partito a commentare i nuovi assessori, stavolta scelti dal sindaco su indicazione dei partiti, e non scelti dal sindaco su indicazione di alcuni uomini di partito. E’ una questione di metodo democratico: amministratori della cosa pubblica erano diventati i più votati di ogni singola lista. Forse non era un metodo basato sulla competenza e quindi orientato al miglior governo della città, ma almeno i partiti dimostravano di essere vivi e democratici. Quando Rocco aveva potuto dire la sua era stato perentorio: in politica il metodo è tutto.

Ma questo era ormai superato quando si presentò la nube della legge finanziaria, quella che il governo ogni anno vara per capire da dove deve prendere i soldi per rimanere a galla. Una miriade di norme che sembrava non accontentare nessuno, né gli imprenditori né i dipendenti, i Comuni e le Regioni, i tassisti e i medici, gli insegnanti e gli avvocati. Tutti toccati da questo inatteso senso del rigore economico. Rocco assunse un tono accademico, seguendo giorno per giorno i giornali filo-governativi, capendo in anticipo le variazioni che il governo avrebbe apportato al suo rigore, sapendo ormai leggere con precisione le pulsioni profonde dei partiti della maggioranza. Insomma dall’alto dei suoi anni trascorsi in Pronto Soccorso era convinto che sul malato grave bisogna intervenire con urgenza e decisione. Con queste poche certezze affrontava tutte le discussioni e niente lo scalfiva, sentiva che essere dalla parte di Padoa-Schioppa era un modo per sentirsi un giusto.

Ed in effetti il suo umore non fu scosso in quel autunno caldo dalle eventuali riforme sulle pensioni, ma da un libro pubblicato in ottobre, scritto da uno strano imprenditore-scrittore, che affrontava più di una volta il tema delle elezioni e che aveva centrato l’attenzione proprio su persone come l’infermiere professionale Rocco Episcopio che si erano presentate alle elezioni per poi prendere zero voti o al massimo i cinque della parentela più stretta. Notava negli scritti di questo pseudo scrittore alcune sottili ironie nei suoi confronti che proprio non le digeriva. Ne parlò in casa con la moglie Addolorata, leggendo lentamente ogni passo che lo potesse riguardare, ed in effetti la moglie ad un certo punto esclamò: “ma sembra proprio il tuo ritratto!” e poi “ma tu ci ha parlato mai con questo qui?”

Rocco rimuginava ogni giorno su questo modo impertinente di raccontare il suo impegno, la sua familiarizzazione con la politica, il suo scarso appeal elettorale. Cosa doveva fare? Abbandonare ogni velleità socio- culturale e ritornare a studiare schedine del superenalotto? No, gliene avrebbe dette quattro al buon scrittore da quattro soldi, lo avrebbe messo all’angolo, convincendolo che il suo approccio al problema era fasullo e deviante.

Decise così di scrivere una lettera, anzi un articolo da pubblicare sul “Volantino”, un foglio A3 ripiegato, che era l’organo ufficiale e settimanale del centro-sinistra. Lo scrisse e lo riscrisse varie volte, poi infine andò dal redattore capo, lo fece leggere e anche un po’correggere, concordando insieme di eliminare il nome del fantomatico scrittore, di dare un taglio un po’ meno polemico e di aprire una sana discussione sull’impegno politico disinteressato. Ed è così che in data 14 ottobre 2006 venne pubblicato l’articolo dal titolo “Sono un Rocco Episcopio”:

“Oggi mi conoscono in tanti, non è conoscenza diretta, diciamo “indotta” da caso fortuito. Ho cercato la popolarità direttamente, mi sono impegnato in ambiti ed occasioni difficili e complesse, ho affrontato la diffidenza di molti, anche a me vicini, ma non ci sono riuscito. Si, una popolarità generica, uno dei tanti, ma arrivare ad essere riconosciuto, salutato con piacere e soprattutto con rispetto, essere additato come persona che può,… per questo ce ne vuole! Un lavoro costante e impegnativo fatto di presenze conquistate, complicità esplicite e disponibilità illimitate (di tempo, intendiamoci, che di denaro non se ne può più parlare, al massimo un caffé mirato) eppure alla fine, anche nello sguardo di mia moglie ho letto un velo di compassionevole dolcezza.

Sono Rocco Episcopio. Un personaggio in corsivo di un libro patinato a tiratura limitata.

Generico, come il lavoro che svolgo, come la vita che conduco, come la città in cui vivo, come i luoghi comuni che la abitano. Ma io sto lottando per sopravvivere. Con i mezzi che ho, con i pochi strumenti a disposizione, con le occasioni che si profilano. Sono stato uno dei 348, vero! Ma prima ero uno dei 20.000, anonimo, invisibile ai più. E se solo avessi voluto, anch’io avrei tagliato il traguardo di una ventina di preferenze. Mi sarebbe bastato far finta di conoscere davvero le cose, avere maggiore familiarità con il potere, vantare un probabile rapporto di amicizia con l’aspirante Sindaco, paventare un possibile futuro incarico amministrativo. Non sto fantasticando, guardatevi intorno: quanti Rocco girano gonfi di tronfia arroganza?

Una  sola cosa, se proprio volete, potete rimproverarmi: la mia umiltà ha reso impossibile il manifestarsi di quella “sana” arroganza necessaria per imporsi. In troppi e per troppo tempo hanno giudicato la mia esistenza priva di valore costringendomi nella rassegnazione dell’immutabile quotidianità. Oggi la mia azione è ridotta a macchietta letteraria, il mio sforzo a poche scene di una commedia popolare. Non vi illudete, non siete più in gamba di me. Quando deciderò di possedere anch’io solo un po’ della determinazione del mio Cantore, solo un tantino della sua autostima, sarete voi ad eleggermi Sindaco! Con affetto, Rocco Episcopio."

L’articolo venne letto il sabato nei bar e nei circoli ricreativi, Rocco riconobbe la benevolenza di qualche amico, ma niente di più. Riteneva di aver aperto una base per la discussione sull’impegno politico, ma nessuno rispose, nessuno prese spunto dal suo articolo per scrivere un editoriale o per fare un piccolo sondaggio. Al pranzo della domenica, il figlio gli rimproverò con lo sguardo questa inutile difesa d’ufficio e la moglie gli chiese “Era proprio necessario scrivere che vorresti fare il Sindaco?” L’infermiere professionale Rocco Episcopio tentò di spiegare che non era sua intenzione proporsi a Sindaco, che voleva anteporre la sua dignità alla mercanzia dei voti, il suo vero impegno alla semplice ricerca del posto al sole, ma mentre parlava si accorse che il figlio guardava interessato in Tv la partenza del Gran Premio di Formula 1 e la moglie Addolorata, in silenzio, si era alzata e iniziava a lavare i piatti.

39° Parallelo - Novembre 06

Alfredo De Giuseppe

 

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