2005-09 "Amore, contraddizioni e dubbi" - DS Informa Terre di Leuca

 ...ma anche proposte nuove, con Tricase vero centro del Basso Salento, forte e unita con altri Comuni

Vivo Tricase con amore e contraddittorietà. Ma è proprio Lei, Tricase che mi appare dissonante, contraddittoria, confusa e ancora da definirsi. Non so qual è la direzione che Tricase possa prendere: a volte mi chiedo se non è meglio smetterla di pensarci e lasciarsi trastullare dalle onde del tempo, senza alcuna volontà di mercato, soldi, affari e polemiche. A volte la vivo come quei turisti distratti che fermandosi solo due giorni pensano: qui è davvero un paradiso, un posto senza tempo eppure nel nostro tempo, felici di un caffè, insieme ai soliti noti, fra il Porto e Piazza Pisanelli, fra la Serra e un pub notturno. E questo è il momento più poetico, quello in cui mi posso spingere a scrivere “Miracoli e birre a Tricase Porto”. Dove il posto natio diventa il miglior posto da vivere “senzapensieri” e senza tante aspettative se non una birra italiana fra verde secolare, discorsi da carte napoletane e innocue esagerazioni. 

Poi vivo la quotidianità soffrendo le evidenti contraddittorietà. Questo è un posto dove tutti ormai parlano di turismo eppure accadono cose sconcertanti per un paese che voglia piacere allo straniero: non c’è muretto a secco che non venga sventrato e ricostruito con blocchi di cemento e poi (forse) intonacato; non c’è casa di campagna che non sia l’evidente stortura della logica delle stesse campagne, con bomboloni di gas e ringhiere in alluminio anodizzato; la raccolta differenziata dei rifiuti è cosa così complessa che è meglio rinunciarci; sperare in una regolamentazione seria del territorio sembra utopia; pensare un albergo al mare è come tentare un suicidio collettivo. Poi all’improvviso vai alla via per la Serra e trovi una recentissima costruzione orrenda (orribile, indefinibile nella sua bruttezza) il cui committente è la Chiesa Cattolica e allora tutti zitti, da Ambientalisti, Avvocati fino ai nostri Amministratori. Insomma la vocazione turistica, che è anche rigore estetico e sostanziale, non è cultura condivisa e quindi destinata a brevi fortune.

Tricase ha tentato anche la strada industriale. Ha avuto negli ultimi decenni la possibilità di un importante indotto nel settore calzaturiero: crisi nera per congiunture internazionali e scelte strategiche di corto raggio. Altre industrie sono assenti e perciò una cultura industriale non c’è: in questo campo il futuro senza innovazioni non esiste.

L’agricoltura e l’artigianato sono reliquie del passato, passatempo per pensionati. La possibilità di creare qualcosa intorno alle nostre vere tradizioni è finito con gli anni ’60: troppi impiegati all’Università e alle Poste. Resiste qualche figulo e qualche ebanista, incalzati da prodotti più economici e più belli. Non c’è cultura della terra, dei suoi prodotti, dei suoi manufatti.

Tricase, città del commercio, qualcuno ha detto (ed io dovrei stareo zitto per evidente conflitto d’interessi). Vero, Tricase è in una posizione per la quale potrebbe essere punto di riferimento di circa 80.000 abitanti, forse il doppio in estate, ma nessuno lavora davvero per questo obiettivo. Le strade del centro non sono organizzate in funzione dei commerci e dell’accoglienza. (Ancora oggi si concedono permessi a costruire immobili senza un parcheggio proprio, pur avendo previsto locali commerciali). Non c’è un’isola pedonale che favorisca un comodo accesso ai negozi, non ci sono marciapiedi degni di questo nome, non c’è una sola idea fantasiosa che incuriosisca i clienti e sproni i commercianti. Del resto basta farsi una passeggiata in via Cadorna: i condizionatori d’aria si notano più delle insegne pubblicitarie, i cavi del telefono e dell’elettricità ornano tutti gli ingressi, colpe private, colpe pubbliche. Le strade d’accesso a Tricase sono le più brutte di tutta la città con strade dissestate, case da completare ferme da decenni, costruzioni disseminate senza ordine, senso e gusto. Insomma, manca una cultura del commercio, perché non si vende solo col prezzo più basso, ma anche con un sistema integrato di servizi pubblici e privati, con un marketing collettivo che non esiste.

Richiamare il solo Piano Regolatore Generale forse non serve, ma intanto a furia di una sequela di divieti da aggirare e condoni, il territorio è allo sbando. Non appare a nessuno dei nostri cittadini che il paese si stia muovendo in qualche direzione logica e quindi qualsiasi conduzione può apparire confusa. E poi diciamoci la verità: i Comuni come Tricase non hanno risorse proprie per immaginare cose grandiose e spesso i soldi bastano appena per l’ordinaria amministrazione. E tutto questo in un momento di grandi trasformazioni e tormenti del globo terrestre.

In questo quadro, abbastanza pessimistico, vorrei inserire un’utopia, perché a volte penso che se si perde il gusto di immaginare grandi cose non si può vivere un bel presente.

Si, un’utopia paesana, di quelle buone per farci una piccola battaglia politica. Vorrei che Tricase diventasse un unico Comune con Tiggiano, Corsano e Andrano, un lungomare gestito con un’unica idea da Novaglie alla Grotta Verde. Un Municipio forte, che gestisce al meglio le risorse finanziarie e soprattutto umane, un grande Comune del Basso Salento, da affiancare a quelli della Grecia Salentina e a quelli del Nord leccese: creare una specificità ben riconoscibile, con le nostre pietre, i nostri scogli, le nostre piante, la nostra pacatezza. Forse Tricase deve coltivare insieme agli altri Comuni questo sogno perché questo potrebbe dargli la forza per inventare, creare nuova ricchezza: non è bello nè fruttuoso che paesi così vicini sembrino lontani nelle necessità e nelle potenzialità. Questo è proprio un progetto che mi piace: se piace a qualcun altro io sono qui.

Poi Tricase è anche la culla dei miei dubbi: non sarà meglio non toccare niente e goderci finché è possibile qualche angolo nascosto, senza pubblicizzarlo e senza sperarci niente? Non è che sarebbe meglio andarsene al mare con una bella canna da pesca e lasciare le complesse e moderne vicende umane a qualcun’altro molto più esperto di noi, molto più addentro di noi? Può nascere un qualcosa di nuovo che non sia previsto nell’abbonamento di SKY? Fra una frustrazione e l’altra mi estraneo e mi diverto a vedere come va a finire.

DS informa – Terra di Leuca - Settembre 2005

Alfredo De Giuseppe

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