2005-05 "Chi ci rappresenta?" - 39° Parallelo

A proposito di elezioni regionali, Basso Salento e ipotesi transanazionali

Cosa manca al Basso Salento per imparare a coniugare bellezze naturali, qualità della vita e un reddito diffuso e non assistenzialista? Il PROGETTO, innanzitutto, chi lo pensa e chi lo attua. Quindi manca la base per migliorarci. Questi parrebbero essere gli assunti di un’analisi sul nostro territorio che guardi al futuro e non solo alle emergenze dei prossimi anni. Dovremmo rassegnarci: negli anni  a venire avremo problemi contingenti non risolvibili con un decreto legge. L’assalto delle economie più povere sarà devastante per le nostre micro-industrie. Non si sapeva già da vent’anni che l’Asia avrebbe invaso i nostri mercati? Quante industrie del sud hanno pensato a consorziarsi, crescere, innovare? Quante invece hanno pensato solo al giorno dopo, sfruttando la manodopera a basso costo? Quasi tutte. Tanti piccoli imprenditori, spesso mortificati e stretti fra le difficoltà creditizie, la burocrazia e il malaffare. I grandi erano grandi solo per numero di dipendenti, ma piccoli per innovazione, strategie a lungo termine e cultura. Alcuni di loro hanno vissuto il Salento come un caso senza sapere niente della sua storia, della sua peculiarità.

Le sue potenzialità erano da vivere sulla base della conservazione del territorio ed invece i nostri politici ne hanno fatto scempio a partire dal secondo dopoguerra. La natura e la povertà dei nostri avi ci avevano consegnato un territorio fertile per creare un luogo sacro di bellezza e vivibilità; il progresso degli anni 60/70 ha voluto uno sconcerto generale, togliendo qualsiasi ipotesi di armonia al territorio e alle persone. Miopia dei politici di quegli anni, abbagliati dalla ricerca del consenso e dal sogno dell’industrializzazione generalizzata. Miopia dei nostri attuali politici, barcollanti su tutto e intenti recuperare quanto speso nelle dispendiose campagne elettorali.

Mentre il Nord, diciamo il dieci per cento del nord, faceva imbarcare tutta l’Italia nell’avventura della devolution, noi del sud non siamo riusciti ad esprimere un’Idea che sembrasse convincente e foriera di nuove prospettive. I nostri politici hanno avuto due soli atteggiamenti: o supinamente appoggiati alle linee del Capo e quindi indirettamente vicini alle posizioni della Lega o intenti a trovare gli equilibri su nomi, sigle, Fed e Unioni varie, senza mai farci capire quale fosse l’idea che avevano del mondo. Con queste premesse le ultime elezioni regionali hanno confermato una volta di più che la frastagliosità dei nostri politici non ci fa bene. Ancora una volta non c’è stato un progetto condiviso, non c’è stato un’idea che coinvolgesse le nostre popolazioni e grazie a dio abbiamo visto un sacco di bei manifesti, incollati sui muri, a perenne ricordo. Eppure il Basso Salento avrebbe una sua peculiarità da manifestare, conservare e progettare. Questi abitanti, queste centomila persone, avrebbero bisogno di una rappresentanza condivisa, di scegliere fra due progetti diversi e poi votare chi potrebbe rappresentarli al consesso regionale. Potrebbero ad esempio scegliere fra il candidato della destra che ipotizza un Salento più industrializzato, pieno di strade ed infrastrutture, ed uno di sinistra che immagini questo posto più votato al turismo e alla cultura (e che ci dicano con chiarezza come affrontare i prossimi dieci anni). Ci si trova invece a dover scegliere fra duecento candidati che dicono tutto ed il contrario di tutto, in un’accozzaglia di idee e politiche talmente frastornanti da rivelarsi inutili. E allora vince solo la ricchezza dei manifesti. In questa mancanza di politica e di programmazione, anche dei partiti, dobbiamo leggere l’acuirsi della crisi nelle nostre contrade: senza rappresentanti istituzionali che sentano questa terra come laboratorio dove inventare la vivibilità non andiamo da nessuna parte; senza rappresentanti perché non riescono a farsi nemmeno eleggere non esistiamo proprio.

Io, nel mio piccolo, ce l’avrei un’idea per questo lembo di terra: affidare le ipotesi di sviluppo armonico a rappresentanti che vengano da altre nazioni (Inghilterra, Francia, USA, Marocco, Senegal, Cina e vari), che pensino a noi, che ci dedichino un po’ della loro esperienza. Li vedo e li sento spesso più innamorati di noi di questa terra, più partecipi agli impulsi di appartenenza. Proprio così: non credendo agli extraterrestri, mi affiderei agli extrasalentini transanazionali.

39° Parallelo - Maggio 2005

Alfredo De Giuseppe

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