1998-12 "Il pranzo con i curdi" - La Repubblica e Quotidiano di Lecce

Viviamo a Tricase, in una provincia di stupida frontiera, abbiamo quattro figli, di cui uno frequenta ancora la scuola matera. Siamo sempre stati contrari alle manifestazioni di solidarietà scandite dai tempi delle festività religiose. Non abbiamo mai capito come un bambino albanese, appena sbarcato sulle nostre cose, infreddolito e spaurito, debba aspettare il Natale per ricevere un giocattolo o un gesto affettuoso. Ciò non toglie che abbiamo fortemente apprezzato il fatto che il prossimo Natale fosse stato organizzato un pranzo presso la scuola materna con l’invito ad un gruppo di bambini curdi, già in Italia, chiusi in quelle cellette, definite di accoglienza.

Il direttore didattico, dott. Luigi Damiani, ha pensato bene di sottoporre tale rivoluzionaria manifestazione all’approvazione del collegio dei genitori.

Risultato: oggi il direttore ha affisso un comunicato per annullare il pranzo insieme ai bambini curdi, “per volere di un gruppo di genitori che hanno dissentito nella forma e nella sostanza all’iniziativa di solidarietà”. Rimane la vita dei bambini, ma mangiare insieme ai nostri figli proprio no. Sarebbe stato troppo, basta portare mezzo chilo di pasta e uno straccio di vestito usato e la nostra coscienza è già a posto. Fra le tante aberrazioni è passata l’ipotesi “questi bambini curdi sono portatori di malattie e possono creare problemi ai nostri figli”.

Questo piccolo episodio dimostra più cose:

  • La nostra solidarietà rimane di facciata, emotiva e sposso ipocrita. È comunque importante che non intacchi le nostre abitudini e comodità.
  • La scuola non riesce ad avere una propria identità culturale e si fa condizionare dalle paure delle famiglie.
  • La famiglia italiana ha sviluppato un forte senso di ignoranza, frutto di quelle marmellate televisive, che quando affrontano problemi seri lo fanno per puro intrattenimento, con frammentarietà e con forte senso poziopilatesco.
  • Gli insegnanti non hanno più voce in capitolo sulle decisioni che si prendono nel loro ambiente e sulla vera educazione civile, infognati in burocrazie di vario livello.
  • La società multietnica è lontana da venire e osteggiata a tutti i livelli (ci permettiamo di ricordare che tutte le civiltà sono state multietniche, si sono nutrite ed arricchite delle diversità ed ogni tentativo di contrastane l’integrazione reale si è dimostrato inutile e sanguinario).

I nostri figli hanno avuto tutte le influenze possibili e non ci siamo preoccupati più di tanto. E se i figli di quei genitori così solerti prendono un piccolo raffreddore, anche senza mangiare insieme ai bambini curdi? È una vera tragedia, da parlarne per tutto il pranzo di Natale.

Speriamo vivamente che mai nessuno dei figli italiani debba con disperazione attraversare un mare freddo e violento, e poi, impaurito e ricacciato, prima dalla polizia e poi dalle buone famiglie.

 

Lettera a “La Repubblica” e “Quotidiano di Lecce”, che, per più giorni, ne hanno dato ampio risalto - Dicembre 1998

Alfredo De Giuseppe

 

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